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mercoledì 3 aprile 2013

Open Acces

Pubblico la risposta di Angelo Ovidi all'ennesimo pamphlet (pubblicato sul blog scientista vetero-neopositivista n. 1 d'Italia) sulla credibilità della rivista scientifica che ha ospitato l'articolo Experimental Results on Sub-Micro Structured Cu-Ni Alloys underHigh Temperature Hydrogen/Deuterium Interaction, firmato da Francesco Celani (LNF-INFN) e altri diciassette ricercatori, tra cui lo stesso Ovidi.
Gent.le Daniele Passerini,

sono stato informato dal dr Celani del commento fatto sulla pubblicazione da parte del journal "Chemistry and Materials Research" da parte di Gherardo Gentzen [ndr. Alessio Guglielmi, University of Bath, UK] alle 5:04 am del 2 aprile 2013.

Vorrei effettuare delle precisazioni su tale commento.

Innanzitutto c'è un errore. Si dice che "Dopo una recensione puramente formale l’articolo viene accettato, messo sul web (e solo lì, la rivista non è di carta)..."
Tale affermazione non corrisponde a verità. L'articolo esiste in versione cartacea e online, infatti possiede un doppio ISSN che è facilmente visibile sull'articolo stesso, proprio nell'intestazione ("ISSN 2224-3224 (Print) ISSN 2225-0956 (Online)"). Ogni volume delle varie riviste viene pubblicato su supporto cartaceo per intero e spedito in varie copie sia agli autori sia a coloro che ne facciano richiesta, a pagamento.

Per quanto riguarda le affermazioni "editoria predona", "rivista palesemente non accademica", "fantomatico Index Copernicus", "`rivista´ che ha meno di due anni, appartenente a un gruppo che ha meno di cinque anni".
Come avrai notato la maggior parte degli articoli pubblicati sulla rivista vengono da organizzazioni e ricercatori in India, Cina, Africa e Medio Oriente.
IISTE così come altre organizzazioni hanno come scopo quello di promuovere l'editoria scientifica e lo scambio di informazioni a livello globale incentivando l'accesso alla pubblicazione da parte di scienziati di paesi che non hanno mezzi sufficienti a sostenere i costi delle pubblicazioni accademiche occidentali.
Questo sforzo viene da una precisa indicazione data dall'UNESCO alcuni anni fa, ecco perché molte di queste riviste sono giovani, e la piattaforma è di tipo Open Access. È un modo di applicare all'editoria scientifica quanto già successo con quella classica con i giornali sempre più aperti all'accesso su Internet da parte di un più largo pubblico con costi più bassi e con meno uso cartaceo. Tali riviste prendono fee di pubblicazione relativamente bassi necessari solo a coprire i costi e invece permettono un accesso agli articoli libero con una grossa spinta allo sharing della conoscenza. Non è un mistero che molte delle riviste accademiche classiche spesso vengono acquistate dagli istituti tramite abbonamenti molto costosi ma poi rimangono a prendere polvere sugli scaffali perché nessuno le legge. Le riviste di tipo Open Access semmai, riducono le spese degli istituti di ricerca perché il piccolo fee esiste solo al momento della revisione/pubblicazione.
Per quanto riguarda l'impact factor, indipendentemente da come lo si misuri, il fatto che gli articoli sono largamente accessibili li porta ad essere più condivisi e usati.

Riguardo "il lavoro di revisione fa parte dei normali doveri accademici e non è pagato; il pagamento infatti introduce un sottile conflitto di interesse." Sappiamo tutti benissimo che solo il pagamento elimina i conflitti di interesse. Infatti se un revisore viene pagato per leggere una serie di articoli non viene condizionato da altri e più forti interessi di tipo accademico, dovuti alla comunità scientifica di appartenenza, al proprio entourage e ad altri fattori di convenienza che spesso trasformano questo mondo in un sistema autoreferenziale. Insomma non esiste una verginità scientifica accademica e questo, soprattutto quando si ha a che fare con argomenti molto dibattuti come quelli relativi a LENR/CANR crea spesso una barriera simile a quella che l'UNESCO si è prefissa di superare per quanto riguarda le preclusioni di tipo geo/economico con l'Open Access.

Riguardo invece alla "recensione puramente formale", "questa rivista paga qualche dollaro a qualche post-doc squattrinato di qualche università scalcinata per scrivere in fretta giudizi generici, non specialistici", "i revisori devono venir scelti liberamente su tutta la base accademica a seconda del contenuto dell’articolo, e non in un pool di stipendiati, che necessariamente ha competenze troppo ristrette".
Alcuni di questi commenti sono decisamente borderline ma io non posso rispondere sulla professionalità dell'editore. Immagino che se tale polemica continuasse su toni lesivi per il lavoro l'editore potrebbe rispondere nei modi appropriati.

Cordiali saluti,

Angelo Ovidi
Kresenn Ltd
co-signer of the article 
Scrive Ovidi "molte delle riviste accademiche classiche spesso vengono acquistate dagli istituti tramite abbonamenti molto costosi...". Secondo voi cosa significa "molto costosi"? Prendiamo per esempio una delle più note riviste di fisica, Physical Review A, B, C ecc. e divertiamoci a leggere i costi degli abbonamenti annui sul listino prezzi ufficiale dell'editore: il prezzo del "pacchetto premium" va dai 25.370$ (academic) ai 44.850$ (very large research institutions) a seconda dell'istituzione.

Se a tali prezzi sommiamo le crescenti critiche, all'interno delle stesse università, sul sistema della peer review, viene il sospetto legittimo che i condizionamenti a cui possono essere soggette le riviste siano davvero consistenti e non ci sarebbe da stupirsi se prima o poi si sentisse parlare di "mafia delle delle pubblicazioni scientifiche". Insomma, l'open access voluto dall'UNESCO assomiglia più a una cura che a una malattia.

22passi.blogspot.com: post n. 2081 (-141)

27 : commenti:

Unknown ha detto...

Hermano Tobia non è un sostenitore della FF in generale? Se persino lui pensa che la rivista non sia seria...? O non è lo stesso Hermano Tobia?

Vettore ha detto...

Vi potrei raccontare tanti aneddoti su peer review e riviste, ma ve ne racconto uno solo, in tema (le altre cose sono notissime a chi ci lavora, anche se vedo che si fa gli gnorri...).
Tempo fa sottoposi un articolo ad una rivista piuttosto "quotata" del mio settore: editore tra i più importanti ed impact factor il più alto tra tutte le riviste di quell'editore. Nel corso della review scoprii perchè quella rivista aveva IF alto ma non era sicuramente tra le più conosciute o diffuse tra gli addetti ai lavori: la board editoriale imponeva agli autori di citare almeno 5 lavori pubblicati in precedenza sulla stessa rivista! Questo ufficialmente per dimostrare l'attinenza del lavoro con le tematiche della rivista stessa... ovviamente lo scopo era soltanto fare salire l'IF con autocitazioni!
Nel caso specifico era impossibile rispettare questa regola perchè l'argomento trattato era talmente nuovo che c'era pochissimo in letteratura, figuriamoci su quella stessa rivista.
Morale della favola: dopo diversi rimpalli l'articolo fu rifiutato in base a osservazioni del tutto incomprensibili e per questioni riguardanti... la formattazione!!!!
Morale della favola n.2: l'oggetto dell'articolo è usato da un paio di anni in buona parte del mondo, ha rappresentato una innovazione notevole in quel campo, ma la comunità scientifica ancora oggi non sa come e perchè funziona! :-) [Adesso non ne posso parlare più perchè l'oggetto è coperto da segreti industriali di varia natura]

Tizzie ha detto...

@Vettore: e l'articolo che fine ha fatto? E' stato pubblicato altrove? Su che argomento era, comunque?

Felix ha detto...

@Vettore

Peccato, sarebbe perfetto, ma e' sotto NDA... e' come Amedeo Nazzari alla guida del PD, sarebbe perfetto, ma e' morto.

Felix ha detto...

@Vettore

Che ne pensi, del tutto in generale, di una rivista che nel 98% dei suoi articoli ha 0 citazioni?

Felix ha detto...

@Daniele

Come puoi tu stesso constatare "Open Access" significa solo che gli articoli sono pubblicati con le licenze Creative Commons. Ovviamente non ci danno alcuna garanzia nulla sulla validità scientifica del contenuto.

Sai, qualcuno potrebbe inavvertitamente capire che "l'UNESCO garantisce sul contenuto delle pubblicazione IISTE"!

Shine ha detto...

la cosa piu` devastante sono i 50 revisori. Come fanno a sapere tutto?

Unknown ha detto...

Fatemi indovinare:
su questa stessa rivista usciranno i famosi "report di terze parti" di Rossi?...

Unknown ha detto...

Il rischio è molto molto pregnante.
Sto report di terze parti di Rossi, rischia di far cadere definitivamente tutto nel comico.

Ma aspettiamo 10 giorni e vedremo

Unknown ha detto...

ahia: riporto dal blog di Franchini:


@Angelo Ovidi
http://fusionefredda.wordpress.com/2012/05/10/yogi1/#comment-6195
Salve a tutti,
mi sono imbattutto in questo interessante blog documentandomi sulle interazioni deboli e le loro correlazioni con la Widom-Larsen. Mi copro il capo di cenere dall’inizio per eventuali inesattezze io possa scrivere. Io non sono un fisico ma provengo da studi ingegneristici e dirigo una piccola startup che sta cercando di capire se le reazioni LENR-LENT possano avere applicazioni commerciali e promuovere la ricerca.

Ne ha fatta di strada in meno di un anno, bravo ragazzo!

Chi ha tempo legga i commenti successivi fino a qui:
http://fusionefredda.wordpress.com/2012/05/10/yogi1/#comment-6245

Vettore ha detto...

@Tizzboom
e l'articolo che fine ha fatto? E' stato pubblicato altrove? Su che argomento era, comunque?
L'articolo non è mai stato pubblicato... proprio perchè la cosa ha avuto risvolti di altro genere. Probabilmente comunque pubblicheremo qualcosa prossimamente. Giusto per non lasciarti con la curiosità: si trattava di un particolare tipo di sensore.

@Il Santo
Che ne pensi, del tutto in generale, di una rivista che nel 98% dei suoi articoli ha 0 citazioni?
Direi che è la norma, e anzi non è male per una rivista che esiste da così poco... Devi sapere che gli IF delle riviste variano moltissimo in base allo specifico campo di interesse: nel mio settore per esempio (ma è così per la maggior parte) mediamente hanno IF 0.5/0.8, ben lontano da quelli a due cifre di alcuni settori specifici o di riviste "speciali" tipo Nature o Science. Questo significa che la stragrande maggioranza di riviste (con tutti i crismi: editori importanti, peer review, indicizzazione ISI, etc.) ha mediamente poche citazioni. Le ragioni delle poche citazioni possono essere molte e molto diverse: nel mio campo (microelettronica) il motivo è che l'evoluzione delle cose è molto più veloce del processo di pubblicazione, e quando qualcosa viene pubblicata è già "vecchia". Infatti le maggiori citazioni che trovi negli articoli si riferiscono a proceedings di conferenze (che ironia della sorte non hanno IF!). Un altra ragione è che gli argomenti a volte sono molto specifici, e quindi in percentuale trovi pochissime pubblicazioni su quello stesso argomento in ogni rivista.
In tutto questo non stiamo considerando gli aspetti "patologici" relativi al processo di peer review e dell'IF, che ci sono, sono molti e riconosciuti, ma spesso si fa finta di ignorarli quando si fanno certi discorsi sui "massimi sistemi"...

Daniele Passerini ha detto...

@Vettore
@Il Santo
Bellissimo il vostro dialogo: direi che il primo rappresenta benissimo le ragioni pratiche della scienza applicata e dell'industria dove si sviluppa tecnologia, il secondo rappresenta benissimo le ragioni formali della scienza teorica e dell'astrattezza logica.

Daniele Passerini ha detto...

@tutti
Ho ricevuto ieri sera alle 20.40 questa email da Alessio Guglielmi (indirizzata a me e Sylvie Couyard a.k.a. Ocasapiens):

Daniele, metto sotto una risposta per Ovidi, gliela puoi inviare per favore? Non ho il suo indirizzo. Naturalmente fai quello che credi del testo, io lo metterò tra poco da Camillo, se me lo fa passare. Ciao, -Alessio

Caro Dr. Ovidi,

non intendo polemizzare con lei, né attaccare l'articolo che lei ha scritto con Francesco Celani e altri autori. Dal momento però che la sua lettera, fatta pubblicare online da Daniele Passerini, si riferisce al mio commento (pubblicato altrove), penso che potrebbe interessarle una mia risposta. Per di più, lei è nella posizione di fugare alcuni dei dubbi che ho esposto a proposito della qualità della rivista Chemistry and Materials Research (chiamiamola CMR), per cui le farò anche qualche domanda, senza alcun intento polemico.

Mi faccia chiarire innanzitutto i due motivi per cui ho scritto il commento al quale lei ha reagito:

1) Trovo reprensibile che ben 11 fisici dell'INFN pubblichino un articolo su CMR.

2) Trovo ingiustificati i due motivi addotti da Daniele per presentare con enfasi il lavoro, e cioè discreto impact factor e peer reviewing di qualità.

Ciò detto, rispondo a tutti i punti da lei sollevati.

Sono sempre stato favorevole all'open access e pubblico da anni in open access, come quasi tutti i ricercatori. Forse saprà, giusto per fare un esempio, che da tre giorni tutti i lavori su progetti dei Research Councils britannici devono essere pubblicati in open access. È un obbligo salutato con favore. Forse saprà anche che la transizione non è improvvisa (cosa che non potrebbe funzionare), ma che da molti anni gran parte della produzione scientifica pubblicata su rivista è liberamente disponibile su Internet per chiunque, gratis. Questa rivoluzione è proprio partita dalla fisica, con arXiv. Quindi lei sarà d'accordo con me che è possibile senza sforzo già da tempo coniugare open access (che CMR garantisce) con autorevolezza della pubblicazione (che CMR non garantisce), perché lo fanno già quasi tutti.

L'autorevolezza di CMR è bassa innanzitutto perché la rivista non viene quasi mai citata, come si può verificare con Google Scholar. Non credo che questo punto sia discutibile, perché un lavoro lo si può anche pubblicizzare su twitter, youtube e un milione di altri posti, ma se poi la ricerca non viene usata, a che serve? Tra l'altro le faccio notare che è vero, come lei dice, che la rivista viene stampata, ma il punto è che è stampata su richiesta (e grazie) ma non viene mandata in abbonamento, che è quello che intendevo dire con `rivista di carta´. L'impossibilità di abbonarsi testimonia sfavorevolmente su quanto questa rivista sia richiesta.

Consideri che tra i compiti delle istituzioni pubbliche di ricerca, tra cui l'INFN, c'è quello di comunicare in modo efficace i risultati scientifici. Questo significa pubblicare la ricerca nelle riviste autorevoli, che vengono lette, usate e citate, e non nasconderla in riviste poco stimate. Per rispetto del contribuente occorre scegliere con cura le riviste migliori, ed è solo per questo motivo che mi auguro che il CNR richiami i suoi affiliati. Lei cosa risponderebbe a un cittadino che le chiedesse perché avete pubblicato una ricerca che ritenete importante, per cui sono stati pagati 11 stipendi, su una rivista che non viene citata, e che quindi è oggettivamente poco importante? Gli racconterebbe dell'indice Copernicus?

Daniele Passerini ha detto...

E comunque, dal momento che si può pubblicare in open access senza ricorrere a riviste quasi sconosciute, e per di più l'INFN può permettersi qualsiasi spesa di pubblicazione, perché avete scelto CMR? Dalla sua risposta si potrebbe evincere che l'avete scelta per sfuggire a quelle che lei chiama `barriere´ di un `mondo autoreferenziale´ ostile alle LENR. L'unica barriera tra un articolo e la sua pubblicazione sono i revisori. Devo forse dedurre che i revisori di CMR non appartengono a quel mondo autoreferenziale ostile alle LENR? Cioè devo pensare che non sono vostri `peers´? Non è quindi peer-reviewing quello che ottenete da CMR? Spero che mi risponda almeno su questo punto perché è il nocciolo della questione.

A proposito di revisori, lei dice `Sappiamo tutti benissimo che solo il pagamento elimina i conflitti di interesse´. Be', la informo che nessuno sembra saperlo nel mondo della ricerca, infatti i revisori non vengono mai pagati e si adotta un altro sistema per immunizzare i revisori da influenze esterne: sono scelti all'insaputa degli autori da un editor autorevole e sono anonimi (oppure, in casi speciali, firmano e rendono pubblica la loro responsabilità). O lei pensa davvero che 100 dollari ad articolo possano rendere indipendente un revisore? Ma la domanda importante è: perché occorre pagare i revisori, quando tutti i ricercatori devono fare peer-reviewing come parte del loro lavoro? Siamo sempre lì: ma questi revisori di CMR sono peer o no?

Proseguiamo. È vero che lei non può rispondere per l'editore, però: potrebbe dirmi come ritiene possibile avere delle revisioni accurate e competenti contando su una squadra di soli 50 revisori o poco più per tutte le materie? Io dico che è impossibile, perché per definizione l'insieme dei revisori potenziali deve essere uguale a quello degli autori potenziali: per questo si chiama peer-reviewing. Ovvio, no? Però se lei mette insieme tutte le discipline coperte da IISTE, l'editore di CMR, le vengono fuori qualche milione di ricercatori, altro che i 50 revisori che IISTE stipendia! E infatti, scusi Ovidi, ma qual è la probabilità che tra i 50 revisori di IISTE ci sia un esperto di costantana deuterata? Cosa mi sfugge in tutto questo ragionamento?

Questi che ho espresso sull'IISTE sono solo dubbi, io non ci ho mai avuto a che fare, ma credo che siano dubbi legittimi perché si basano su dati presi dal loro sito web. E poi non sono il solo ad avere dei dubbi perché l'IISTE è sulla Beall's List of Predatory Publishers 2013. Questo fatto basterebbe da solo per frenare qualunque velleità di pubblicazione presso l'IISTE, almeno in attesa che costoro chiariscano la loro posizione e si tirino fuori dalla lista. Lei non crede, Dr. Ovidi, che alla luce della lista di Beall ritirare il vostro articolo sarebbe una precauzione ragionevole per l'INFN, sempre nell'interesse del contribuente?

Un'altra strada per superare i dubbi del contribuente potrebbe rivelarsi quella di rendere pubbliche le revisioni che avete ricevuto per il vostro articolo e il nome dell'editor che se ne è occupato. Qualora queste revisioni fossero di buona qualità e l'editor una garanzia di autorevolezza, ecco che il mio discorso generale, per quanto sicuramente ben fondato, perderebbe molta della sua efficacia nel caso particolare del vostro articolo. Spero quindi che vorrà aderire a questa mia richiesta nell'interesse della chiarezza, e le auguro di poter esibire con orgoglio delle tostissime revisioni superate con fatica ma con soddisfazione.

Per finire le faccio i miei saluti cordiali, ma cordiali davvero. Lo dico perché capisco che lei è un imprenditore e so per esperienza che voialtri non siete abituati alla franchezza dell'accademia, quindi le assicuro che non c'è perfidia da parte mia. Le ho scritto perché vorrei semplicemente capire.


Naturalmente ho inviato il tutto ad Angelo Ovidi

Unknown ha detto...

per completezza, il curriculum di Angelo Ovidi
come da lui postato su linked in.

Alessandro Pagnini ha detto...

"Lo dico perché capisco che lei è un imprenditore e so per esperienza che voialtri non siete abituati alla franchezza dell'accademia "
Sbaglierò, ma io, da imprenditore, seguirei la linea di Rossi, che si è piegato giustamente ad una comunque attesa indagine di terzi, che però lascerà comunque scettici gli scettici ad oltranza, ma che ha ben chiaro, Rossi intendo, che solo mettendo concreti risultati sotto il naso della gente, si superano le barriere poste dalla... 'franchezza accademica' (mi suona strano, non so perchè, boh..? )

Hermano Tobia ha detto...

In passato ho difeso strenuamente e con successo gli esperimenti di Celani dalle sparate di Ascoli65 su EA, ma questa volta, purtroppo a mio avviso l'articolo proposto è molto debole sia dal punto di vista formale che sostanziale.

La pubblicazione in Open Access (che secondo me dovrebbe essere obbligatoria per la ricerca pubblica) può essere ottenuta senza pregiudicare il rigore scientifico ad esempio inviando un pre-print su arXiv.

Il problema del predatory publishing è molto serio; forse qualcuno ricorda quando uno di questi editori dubbi (Bentham) pubblicò senza problemi un articolo creato da SciGen:

http://www.nature.com/news/2009/090615/full/news.2009.571.html

Certo non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma cosa costava pubblicare su una rivista "ordinaria" ed evitare quindi di sottoporsi al fuoco di fila dei detrattori ? Carpinteri e WL lo hanno fatto, e qui stiamo parlando dell'INFN, non di dottorandi alle prime armi.

Prendiamo inoltre ad esempio questo articolo:

http://ecee.colorado.edu/~moddel/QEL/Papers/DmitriyevaModdel12.pdf

Pubblicato in open access su Physics Procedia (rispettabile rivista p-r), riporta un esperimento di generazione anomala di calore e propone (prudentemente) come possibile origine l'estrazione di energia ZPE (cosa ritenuta impossibile dalla maggior parte dei fisici).

Non si poteva seguire la stessa strada ? Quando ho proposto tale articolo sul blog di Franchini, è stato apprezzato se n'è discusso tranquillamente.

Nel merito dell'articolo, se n'era già discusso con Mario Massa in passato: non è possibile misurare eccessi di calore così piccoli con un calorimetro che raccoglie solo l'80% dell'energia immessa. Ricordiamo che Mario ha fatto senza problemi una misura calorimetrica (sulla caldaia di Mistero) misurando con precisione un rendimento del 98% ... possibile che all'INFN non si riesca a fare altrettanto ?

Resto convinto che le anomalie calorimetriche siano reali, anche se non sempre riproducibili, ma sono anche convinto sia sempre opportuno cercare di conformarsi a standard elevati rispetto alle regole della ricerca scientifica.

A questo proposito chiedo, visto che il dott. Mastromatteo legge questo blog, se esiste una pubblicazione dettagliata dei materiali, metodi e risultati relativi alla replica dell'esperimento di Celani in ST.

Unknown ha detto...

Pagnini:
"seguirei la linea di Rossi, che si è piegato giustamente ad una comunque attesa indagine di terzi"

Rossi a "piegarsi" ad un minimo di controllo di terze parti (e ancora è da verificare se tali siano davvero) ci ha messo 3 anni.
Io non ne seguirei l'esempio neanche per pura speculazione...


P.S.
Hermano Tobia:
Magari non te ne farai niente, ma sappi che apprezzo la tua onestà intellettuale su questa vicenda.

Daniele Passerini ha detto...

@tutti

La risposta di Ovidi alla replica di Guglielmi:

Caro dr. Guglielmi,

ho letto la sua risposta e la ringrazio per il feedback.

Le rispondo brevemente confermandole che e' stata scelta una rivista di tipo Open Access per permettere la diffusione dei dati sull'esperimento al piu' largo numero possibile di lettori seguendo i dettami etici che l'UNESCO raccomanda per la pubblicazione di articoli scientifici che hanno valenza economico/sociale/ambientale e allo stesso tempo dare a tutti una reference unica, a costo zero e dotata di ISSN all'articolo.

Come lei sapra' e' in atto un grande effort per moltiplicare il numero di repliche scientifiche dell'esperimento anche in laboratori esterni che su un lavoro di tipo sperimentale che affronta tematiche cosi' dibattute rappresenta forse la migliore strategia di review che tali risultati possano avere.

Cordiali saluti,

Angelo Ovidi
Kresenn Ltd
co-signer dell'articolo

Unknown ha detto...

La risposta è un po' deboluccia (per usare un eufemismo)....

Unknown ha detto...

@Hermano Tobia

Domanda: A questo proposito chiedo, visto che il dott. Mastromatteo legge questo blog, se esiste una pubblicazione dettagliata dei materiali, metodi e risultati relativi alla replica dell'esperimento di Celani in ST?

Risposta: No, abbiamo in pratica solo raccolte di dati sperimentali che però confermano le anomalie riscontrate da Celani e quanto già visto in alcuni miei esperimenti fatti in precedenza col Palladio (trasmutazioni). Una pubblicazione organica sarebbe un breve riassunto di molteplici esperimenti, eseguiti con una certa accuratezza, ma con risultati ancora modesti, che si esporrebbero alle solite critiche di chi pregiudizialmente nega questa fenomenologia. Credo ci sia ancora molto da capire, specialmente perchè sul materiale che ha prodotto calore anomalo io riscontro formazione di elementi leggeri come fosse una fissione, mentre tutti o quasi gli altri ricercatori parlano di assorbimento di idrogeno nel nucleo del nichel o addirittura di reazione D+D=He se non di improbabili reazioni da neutroni, di cui qui da noi non c'è la minima evidenza. ??
Saluti,
Ubaldo

Vettore ha detto...

@U. Mastromatteo
Riguardo agli esperimenti con il filo di Celani (so che lei ha usato una versione leggermente diversa a pochi layer, tra l'altro), sarebbe interessante conoscere com'era fatto il setup sperimentale, visto che gli eccessi di calore rilevati erano piuttosto piccoli.
Riguardo alle trasmutazioni, i risultati riportati da molti autori mostrano spesso un "allargamento" degli spettri di massa, non necessariamente un incremento (considerando anche che alcuni metodi di analisi hanno qualche difficoltà nella misura di elementi con numero atomico piccolo). Questo sembrerebbe suggerire che i fenomeni che avvengono sono molto più complessi degli schemi semplici immaginati comunemente...
A proposito di trasmutazioni, avrei una domanda sugli esperimenti sui i film sottili di Ni e Pd in atmosfera di H2 sottoposti a radiazione laser: nell'articolo relativo si dice che i film sottili hanno subito un'impiantazione ionica di boro. Qual'è il motivo di questo passaggio? Si sono rilevate trasmutazione anche su campioni che non l'avevano subita?

Hermano Tobia ha detto...

@Ubaldo Mastromatteo

Grazie per la risposta. Mi associo alla richiesta di Vettore di una descrizione del setup sperimentale e della stima degli errori relativamente alla misura degli eccessi di calore nel caso della replica dell'esperimento di Celani.

Sul fatto che il fenomeno sia reale ma non ancora compreso, penso che ormai sia chiaro a tutti quelli che si interessano della materia senza pregiudizi.

Riguardo all'ipotesi di fissione ,se ne è parlato qui, se le può interessare:

http://www.mail-archive.com/vortex-l@eskimo.com/msg78225.html

Grazie per l'attenzione e buon lavoro

gio ha detto...

torno sulla questione dei gatti domestici......che sul jonp sembra esaurita......

tutti felici e soddisfatti dalle risposte di rossi:
" il gatto da casa sarà venduto quando avremo la certificazione.....avremo la certificazione, quando i certificatori avranno statistiche sufficienti dagli impianti industriali da 1MW "

mi faceva notare un amico ingegnere( che però non ha esperienza diretta nel campo della certificazione dei prodotti):" ma dove sta il problema, visto che l'impianto industriale di 1MW , è modulare, cioè è composto da 100 e-cat da 10KW?????"

saluti

Franco Morici ha detto...

?

Daniele Passerini ha detto...

@Franco Morici
Sono in attesa quanto te. Mica sollecitando me metti pressioni su Abundo: contatta direttamente lui! :)

Franco Morici ha detto...

@D22
OK, sei in copia alla mail che gli ho inviato.

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