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giovedì 14 febbraio 2019

And now for something completely different: A Valentine's Tale

5 : commenti
short novel by F.M.

in un paesino della bassa bolognese abitava un filosofo.

cioè, in realtà era un programmatore socialmente fallito che era arciconvinto di essere un filosofo.

già il fatto che parlasse di sé in terza persona e fosse convinto di essere un filosofo denota chiari segni di squilibrio.

d'altro canto, argomentava, un vero filosofo avrebbe potuto essere una persona socialmente vincente? evidentemente no, un vero filosofo avrebbe potuto essere solo una persona socialmente invisibile, meglio, inaccettabile come filosofo. una casalinga con la passione del kabuki, un allevatore montanaro con tanto tempo per pensare... una roba così. 

d'altro canto, argomentava essendo convinto di essere un filosofo, lo squilibrio è malattia? non si regge forse tutto il creato sullo squilibrio? se tutto fosse in equilibrio niente evolverebbe. certo, evolve verso la fine, la morte. ma, pensava da filosofo, la morte non è la fine, è la metà della vita. la morte non è il contrario della vita, il contrario della morte è la nascita. la vita è la somma algebrica della nascita e della morte, ma, stranamente, con un piccolo ingranaggio eccentrico nel mezzo che ne provoca un piccolo sbilancio, squilibrio. è questo squilibrio che provoca l'evoluzione.

ora, cosa ci sarebbe stato alla fine della catena di tutti questi piccoli squilibri, effettivamente era una cosa un po' troppo grande anche per il nostro illustre filosofo sconosciuto.

quello che è interessante notare è che ne deduceva: certo, lo squilibrio di una persona è malato. ma lo squilibrio di una persona in un corpo sociale, all'interno di un sistema, è sano. produce evoluzione. la malattia è una iattura per chi se la prende, e per chi gli sta intorno, ma è socialmente, sistemicamente, necessaria. come la morte. come le zanzare. come i topi e le loro pulci. 

per dire quanto era squilibrato, trovava delle analogie con alcune teorie della fisica, di cui capiva pochissimo, che si affacciavano in quel periodo sul palcoscenico della scienza di confine. un atomo ha delle proprietà, ma un insieme di atomi in un reticolo cristallino ha proprietà diverse, che non sono la somma delle proprietà degli atomi che lo compongono. una molecola d'acqua ha delle proprietà, ma un litro d'acqua diventa un sistema con proprietà diverse, al cui interno ci sono diversi sottosistemi che interagiscono con proprietà diverse.

ora, queste cose non le aveva pensate lui, eh? le aveva lette. però le aveva trovate molto suggestive e in accordo su tante altre cose che gli sembravano vere osservando ciò che gli stava intorno.

arrivati fino a qui vi starete domandando: ma scusa, in cosa si differenzia quindi un vero filosofo da un pazzo? la risposta ovvia e logica è: in niente. non c'è alcun modo per una persona sana, equilibrata di riconoscere un pazzo da un filosofo. uno squilibrato potrebbe essere un pazzo o un filosofo, è un'equazione di secondo grado.

e soprattutto, perchè dovrebbe esserci differenza? la natura ha tutti i biglietti della lotteria e, pian piano, se li sta giocando tutti. sta giocando tutti gli squilibri possibili, tutte le mutazioni genetiche possibili, tutte le neoplasie e i cancri possibili, tutte le nevrosi possibili. sennò come farebbe a compiere il suo disegno che è di evolvere verso... boh? comunque di evolvere? quindi perchè fare differenza tra un biglietto della lotteria e l'altro? tra uno squilibrio "tentativo riuscito" e uno dei molti miliardi di tentativi non riusciti? 

e ancora. perchè un filosofo non potrebbe essere un pazzo, e viceversa? e contemporaneamente essere anche una persona sana, equilibrata? si è già detto, la natura le ha già giocate e se le giocherà tutte. in questo "tutte" ci stanno filosofi pazzi, pazzi filosofi, filosofi che hanno una sola idea strampalata e per il resto sono equilibratissimi, oppure totalmente idioti, e via così. tutte. tutte le combinazioni possibili. non solo. nel momento in cui una persona denota squilibrio, se per caso non avesse avuto voglia o inclinazione di diventare pazzo, facilmente gliel'avrebbero fatta venire. o peggiorare. si è già detto: al netto di valutazioni atomiche, molecolari, per la natura è uguale.

all'interlocutore che faceva notare al nostro non più giovane filosofo: "scusa, eh? ma non ti stai accorgendo che tutto quanto dici è autopoietico, autoreferenziale, egocentrico?", il nostro, a caso tra i miliardi di risposte possibili, rispondeva: "ma tu l'hai trovato il tuo squilibrio? lo stai cercando?". al che l'interlocutore se ne andava con una scrollatina di spalle e un sorriso di compatimento. solitudine socialmente, sistemicamente, inaccettabile.

non ci credrete, ma tutto questo noioso e folle pippone era solo... la premessa!!! la sostanza arriva adesso.

di tutte le domande che si sono posti i filosofi dall'inizio della disciplina a oggi, una delle più importanti, se non la più importante per un sacco di persone soprattutto, non si capisce perchè, o forse sì, femmine, è: cos'è l'amore?

ebbene, di nuovo non ci crederete, ma il nostro era arciconvinto di averlo capito. difficile da dimostrare, ma di averlo capito nella sua essenza questo sì. se ridete, avete due alternative: rileggere la premessa o allontanarvi con una scrollatina di spalle e una risatina di compatimento. per la natura, per dio, è uguale.

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enunciato dell'amore:

l'amore è un'energia che si libera dall'unione di due potenziali tramite un innesco.
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freddino, eh? non sembra neanche che ci sia niente di nuovo. milioni di poeti hanno rappresentato l'amore mediante la metafora della fiamma che arde. e però già da una prima analisi di quanto enunciato discende una conseguenza importante e sottovalutata, se non addirittura incompresa: non ha senso dire "ti amo". ha senso come dire: l'ossigeno riscalda. non ha senso, non è vero. ha senso dire "facciamo l'amore", questo sì ha senso. ma il desiderio, la voglia di avere tra le braccia qualcuno non è amore: è manifestazione di esercizio del potere, di bisogno, di dipendenza, ossia il suo contrario (salvo il caso di amore genitoriale, tra impari, ma che prima o poi deve evolvere anche quello e riequilibrarsi, altrimenti rimane esercizio del potere).

inoltre occorre notare che nell'enunciato non si fa assolutamente riferimento al fatto che i due potenziali siano omogenei e immutabili. nell'amore il "comburente" sta a destra in certi momenti, e in quei momenti il "combustibile" sta a sinistra, e poi si scambiano le posizioni. continuamente. se non riescono a farlo la produzione di energia cessa.

e ancora si deduce che per fare l'amore, per liberare questa energia, occorre possedere dentro di sé una riserva di entrambi gli elementi, comburente e combustibile, equilibrata e abbondante.

sappiamo tutti che per un certo periodo ci pensa la natura, dato un innesco, a produrre chimicamente il nostro potenziale. dopo, dipende dal potenziale che abbiamo dentro. ad alcuni è stato dato, ad altri no e, se vogliono, possono provare ad autoprodurselo. diventando adulti, cioè liberi, cioè indipendenti, e capaci di scegliere se vogliono che il potenziale si inneschi oppure no. difficilissimo. romagnoli (http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2018/10/24/romagnoli-lamore-senza-fine_9ccc063c-4553-4b1e-aeee-ed5e50f510f3.html), un altro filosofo quasi compaesano del nostro, dice che sia facile. sì, certo, da vecchi è più facile per tanti motivi. ma facile in assoluto proprio no.

però, caro filosofo in terza persona, che ti inventi pure un simplicio che dialoga con te come artificio narrativo e strumento dialettico per l'esposizione della tesi, giusto per dare il dovuto rilievo alle vette di delirio che si stanno raggiungendo, caro filosofo dicevo: ancora non è chiaro, gli enunciati e i corollari sono troppo astratti, troppo immateriali per poter essere introiettati fino in fondo, fino all'anima, fino alla comprensione veramente profonda. facci un esempio!

va bene. credeva di averlo già fatto in passato, e che non fosse servito a niente, se non a ottenere una scrollatina di spalle e una risata di compatimento, ma comunque, l'avrebbe ripetuto.

la scena è questa. domenica mattina presto, una famiglia ha in programma di trascorrere la giornata nella casa in montagna distante poche decine di chilometri.
i tre figli men che adolescenti sono pronti, seduti sulla cassapanca del corridoio di ingresso con le giacche già indossate e le scarpe allacciate. il padre, in piedi di fianco ai figli e prossimo alla porta di casa, è anch'egli già pronto, con il cappotto addosso e il bastone da montagna in una mano, con l'altra fuma una sigaretta in attesa (paziente o impaziente non lo sappiamo e tutto sommato è irrilevante).

la madre, seppur già vestita e truccata, è ancora in ciabatte e sta rifacendo i 4 letti di casa, 3 singoli e uno matrimoniale.

per la madre è IMPORTANTE uscire con la casa in ordine, e non è IMPORTANTE arrivare in montagna mezz'ora dopo.

per il padre è IMPORTANTE godersi quanto più possibile la giornata in montagna, al confronto la casa in ordine è un elemento del tutto non IMPORTANTE.

alla fine dei lavori di riassetto, la famigluola parte e si gode la sua giornata in montagna.

fine.

bello, eh? vuole dire, il nostro filosofo: avete capito eh, cos'è l'amore, vero? noooo? allora ve lo spiega.

se chiedeste a un branco di femminucce: "secondo te, il marito ama sua moglie?" probabilmente la risposta quasi unanime sarebbe: beh, no, se l'avesse amata veramente avrebbe rifatto lui i letti al posto di lei, o almeno le avrebbe dato una mano, perchè sapeva che per lei era importante, e così sarebbero anche partiti prima.

se poi fate la stessa domanda a ruoli invertiti a un branco di maschietti: "secondo te, la moglie ama suo marito?" probabilmente la risposta quasi unanime sarebbe: beh, no, se l'avesse amato veramente avrebbe lasciato la casa in disordine e sarebbero partiti subito, perchè sapeva che per lui era importante partire il prima possibile.

la verità è che queste due persone amano, quasi. hanno un potenziale dentro, ma non lo stanno usando. questo è l'amore saggio dei nostri vecchi, quello che i cinesi sintetizzano con "ama ciò che sposi, non sposare ciò che ami". grandioso, eh? per l'amor del cielo: nessuno intende sottovalutarne la portata. e anche una certa umana bellezza. avercene! ma non è amore. il filosofo de stoparde lo chiama "affettuosa tolleranza". bello, ma non è amore. i due vorrebbero il potere, non ci rinunciano, ma  tollerano. bello, ma non è amore.

a questo punto uno dei più intraprendenti di voi potrà pensare: eh già! l'amore è quando lui rifa i letti al posto suo perchè sa che per lei è importante, e lei gli urla dalla porta di casa "dai, andiamo! lascia stare i letti li rifaccio stasera!", perchè sa che per lui è importante.

grande passo in avanti. ma ahimè no, neanche questo è l'amore. vorrebbero il potere, ma ci rinunciano. bellissimo, ma non è amore.

l'amore è quando lui rifà i letti, lei urla dalla porta di casa "andiamo!", e quello che succede, che si parta o non si parta, NON È IMPORTANTE!
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guarda caso, quando due giovani innamorati si incontrano una sera, e la natura, che ha bisogno di creare nuova vita e nuove nascite e nuovi squilibri e nuove estrazioni della lotteria e nuova primavera, li rifornisce di una quantità di combustibile e comburente che sembra ingannevolmente inesauribile, i due giovani si domanadano a vicenda: "cosa facciamo stasera?". ed entrambi, una sola voce, si sussurrano vibrando: non è importante.
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