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domenica 1 ottobre 2017

Dialoghi fb sull'autodeterminazione dei popoli nel XXI secolo


Post di Daniele Passerini

Riporto uno scambio di commenti dalla pagina fb di un caro amico.
Cosa succederà oggi in Catalogna? Speriamo innanzitutto che, eufemisticamente parlando, non si faccia male nessuno. A mio parere si tratta di prove generali di un futuro che avanza inesorabilmente: per affrontarlo sarà meglio per tutti che i governanti trovino vie nuove e pacifiche piuttosto che datate ed autoritarie.

***

G.  Io sono con la Catalogna. Chiudere dei seggi di forza non è un atto di Democrazia! 

D. Anche io sto con la Catalogna. E pure con la Scozia. Ma allora, per coerenza, il giorno in cui la Sardegna, il Trentino, il Veneto ecc. vorranno l’indipendenza, mi chiedo da che parte starò...Forse dovremmo tutti capire che lo Stato-nazione, nato del resto ai tempi delle monarchie assolute, non è più adatto a un mondo globale, che semplicemente sono tutti i confini che debbono cadere, e che è proprio la difesa dei confini “sacri” degli Stati-Nazione ad impedirlo.

G. In Sicilia un barbiere a Erice teneva una banconota da 1000 Turì moneta della Repubblica della Trinacria. La volevano federare agli USA.

A. Io penso che l’indipendenza della Catalogna sia un atto che riguarda anche tutta la Spagna. Perché il referendum avesse un senso dovrebbe essere fatto a livello nazionale e non solo con chi sicuramente voterà a favore dell’indipendenza. Se io volessi far cadere Renzi non è che posso raggruppare un gruppo di persone che non la pensano come lui e farle votare “liberamente” (pro o) contro il suo governo. Il voto sarebbe un po’ di parte (concetto ovviamente estremizzato ma che rende l’idea).

D. Tutto sensato quel che dici... ma - per esempio - non ricordo che gli USA si siano resi indipendenti dagli UK tramite plebiscito sottoposto a tutti i suddetti di sua maestà. Ma questa è una battuta  ma anche no! È come se tu stessi spiegando una modalità incruenta di autodeterminazione dei popoli. Ma una autodeterminazione di qualcuno DI SOLITO scontenta più persone di quante ne accontenti... è come se volessi dirci che una autodeterminazione incruenta è di fatto tecnicamente impossibile salvo particolari situazioni geografiche che la favoriscano... per esempio l’autodeterminazione di un’isola rispetto al resto di una nazione continentale. Se la stragrande maggioranza dei Sardi scegliesse l’autonomia, Roma dovrebbe invadere militarmente la Sardegna?
Il concetto che ho provato ad esprimere è che forse un mondo globale formato da quasi 200 nazioni è ormai un ossimoro e i suoi iati e le sue contraddizioni si esprimono, dal basso, in una spinta verso una sorta di ritorno a una “età dei Comuni 2.0”. Un nuovo Rinascimento del terzo millennio forse si basa più su concetti come “democrazia diretta”, “km zero”, “moneta locale”, “autosufficienza energetica” ecc. che su “governo mondiale”, “controllo centralizzato”, “moneta unica”, “grandi infrastrutture energetiche” ecc.
A mio avviso la Storia ha già sancito la fine dell’epoca degli Stati Nazione, e la risposta non potrà essere né un unico Stato Nazione che li comprenda tutti né una loro Confederazione globale (governo unico mondiale, che non potrebbe essere altro che una grande dittatura pseudodemocratica).
Cosa né uscirà fuori dalle tendenze centrifughe della Storia e quelle centripete dell’economia?
Sicuramente, soprattutto nella fase di transizione dal vecchio al nuovo, vedremo molti fenomeni cruenti e non pacifici.
Ma mantenere la pace, tramite “finte unioni” basate sulla forza militare, sicuramente non è una soluzione lungimirante.

D. Insomma il paradosso/sfida che il mondo di oggi ci porge è che per buttare giù i grandi confini bisogna prima rimettere in piedi quelli piccoli. Se fosse possibile intravedere un senso nel caos contemporaneo, intravedrei questo. 
Naturalmente sto dando per scontata la conoscenza storico-politica del concetto di Stato-Nazione: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stato-nazione
Scusate se vi ho tediato, ma è un tema che mi prende parecchio

A. Interessante punto di vista ma non sono sicuro sia la strada giusta in un periodo storico come questo. Ma d’altronde come mi fa notare un mio amico: si rompe un equilibrio e se ne crea un altro.

D. Non ne sono sicuro nemmeno io... ma dimmi chi può essere sicuro di qualcosa oggi a livello di geopolitica, cambiamenti sociali e sociopolitici ecc. L'unica certezza è che - come fa notare il tuo amico - se non si rompe un equilibrio non se ne può creare un altro... e gli equilibri ereditati dal XX secolo sono in grande crisi.

[to be continued... nei commenti a questo post!]

32 : commenti:

Mauro elia ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Mauro elia ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Mauro elia ha detto...

Il mio commento e l'esempio successivo sono errati frutto di una mia superficialità nel ragionamento, conseguentemente (se vuole) il padrone di casa può eliminarli.. sorry

Daniele Passerini ha detto...

@Mauro
Perché invece non ci rendi partecipi del flusso dei tuoi pensieri? Hai identificato gli errori. Parlane. ;)

Daniele Passerini ha detto...

@Mauro
Secondo me hai fatto male a eliminarli. Era meglio parlare di quel che avevi capito di aver sbagliato.

Mauro elia ha detto...

@ Daniele
Hai la possibilità di fare "resuscitare" i miei commenti precedenti? Non ce li ho più, se lo puoi fare, ti indicherò volentieri il punto nel quale ho ragionato male

Daniele Passerini ha detto...

@Mauro
No, una volta che l’autore li cancella scompaiono anche per me. Pace, non è un problema :)

sono solo un misero test ha detto...

madrid ha fatto male a reagire (vince chi sopravvive, non chi è più forte, e la storia è lunga)

barcellona ha fatto male a chiedere la separazione. ma perchè? se sperano di ricavarne vantaggi sono degli illusi

non si rendono conto che diventeranno canne al vento? se già non è così, che certe spinte disgregatrici vengono come sempre da interessi particolari (e stranieri!), saranno preda di pesci più grossi.

italiani, francesi, tedeschi, russi, americani e anche austriaci e ungheresi (oh yes!) ringraziano sentitamente slovenia, croazia, scozia, catalogna. anche gli inglesi ringraziano tutti, tranne gli scozzesi.

si spera non dover ringraziare veneto e lombardia. ma, al solito, sarebbe una scelta suicida più per loro che per noi italiani.

ps: sarei invece favorevolissimo a una zona franca (più che autonoma) completamente smilitarizzata, se non addirittura completamente disarmata, in sud-tirolo, purchè ovviamente il tirolo faccia un'operazione altrettanto distensiva. sarebbe un bellissimo laboratorio /testimonianza di quel superamento dei confini ottocenteschi che daniele definisce giustamente da superare(purtroppo, ahinoi, non superati: sarebbe una dolorosa illusione pensarlo)

CLaudio Rossi ha detto...

Le ragioni dello Stato centrale e del governo spagnolo risiedono nel dettato costituzionale. Ma le costituzioni di stampo centralistico sono state scritte per gli stati-nazione che avevano un significato forte in altri tempi. Oggi, con la progressiva cessione di sovranità all'Europa è naturale che le aree più ricche e evolute dei singoli paesi si vengono a trovare sempre più distanti dal centro del potere e questo non lo accettano. Si sentono sottovalutati in quanto assimilati ad altre realtà circostanti più arretrate e reclamano una propria autonomia. Altre lo fanno perchè hanno una propria e forte identità e sentono allentarsi la logica di uno "Stato" che a sua volta perde di significato.
Non so se i propugnatori dell'unione europea questo aspetto lo abbiano adeguatamente considerato.
Certo, ricorrere alla forza è, come sempre, la più stupida delle non-soluzioni perchè la libera determinazione degli individui e dei popoli è incoercibile e, più prosaicamente, tenersi in casa per forza chi se ne vuole andare acuisce i conflitti e non risolve il problema.

Daniele Passerini ha detto...

@SSUMT
@CLaudio
Sigh, i vostri commenti sono molto interessanti e vi avevo risposto collegandoli al post, finivano con evidenziarne il senso autentico... commenti persi causa qualche problema di connessione temo... e quando la ritrovo un’altra ora (eh si, avevo scritto dalle 6 ad ora) per rifarli da capo? :(((

camillo ha detto...

1 Ottobre 2017 giornata NERA NERISSIMA PER IL GOVERNO SPAGNOLO.
Represso con incredibile violenza il tentativo di stabilire quante persone della Catalogna erano favorevoli all’indipendenza,
Indipendentemente da come uno la pensa è incredibile cosa è successo!

La validità del referendum era inficiata dalle leggi locali, ma in qualche modo giustificata dal DIRITTO INTERNAZIONALE. Purtroppo il diritto internazionale invocato qua e la in occasioni di comodo, viene licenziato in altre situazioni scomode come questa.

Cosa si doveva fare?
Era semplice si lasciava votare e poi si diceva come già ribadito che NON valeva nulla perchè contro la costituzione.
Perchè lo hanno bloccato?
Non lo capivo finchè ho visto oggi una cosa che non si vedeva dai tempi dei governi sovietici, assolutisti antidemocratici dispotici a partire dall’invasione della Ungheria, Praga… ecc… INCREDIBILE!!
Ho ascoltato in diretta il discorso del presidente spagnolo che mi aspettavo pieno di scuse, rammarico. NO!!! INCREDIBILE faccia tosta, Rajoy è un giurista un forte difensore della corrida. Ha affermato che “la tradizione è una forma d’arte profondamente radicata nella storia spagnola”. Ha abrogato il divieto di trasmissione delle corride in diretta sulla televisione statale, cosicché esse sono nuovamente in onda… Un discorso pieno zeppo di menzogne! Privo di realtà. Addirittura afferma che la maggioranza Catalana era contraria.. (Bugiardo aveva solo paura di un plebiscito enorme).
Un discorso così simile ai gerarchi nazisti, a Stalin e & che mi ha fatto ribollire il sangue. Vergogna!

Da adesso in poi il mondo libero simpatizzerà per i Catalani indipendentemente dal discorso giuridico.

camillo ha detto...

Il presidente spagnolo Rajoy continua con dichiarazioni feroci e anticonciglianti ma da dove viene?
Impari la diplomazia!
Mi chiedo come mai Berlusconi si schieri da quella parte, ma forse non ho presente gli interessi economici in atto

Franco Sarbia ha detto...

Mariano Rajoy è un imbecille cattivo. Imbecille perché l’aver impedito l’esercizio del voto ha legittimato la parzialità del suo esito. Cattivo perché la brutalità della polizia, da sempre esposta, come in Italia, alle influenze nazionalistiche nostalgiche del fascismo ha reso la scelta anticostituzionale della secessione espressione della lotta tra democrazia e fascismo, e rivincita sulla sconfitta della guerra civile franchista.
Ciò detto non condivido le ragioni del referendum. Dubito fortemente che dalle politiche nazionalistiche delle regioni ricche possano trarre vantaggio i loro poveri. Nel lungo periodo non vedo grandi prospettive per la loro stessa economia su scala ridotta: sabotata dal vicino stato vittima della secessione che è il loro principale mercato di sbocco, e sopraffatta dagli interessi dominanti delle grandi nazioni. A meno di non diventare un paradiso finanziario e fiscale come la Svizzera. Ma l'offerta di paradisi fiscali è satura.
La cartina di tornasole per comprendere l'erroneità del referendum è il favore di Trump. Sono stato operaio ed il mio istinto di classe m’induce a fiutare infallibilmente l’interesse che guida le scelte “padroni del mondo” a difesa dei loro "valori”: monetari. Apparentemente anche il trumpista “America first” sembra una scelta simile al “Prima il nord”, “prima la Catalogna”. Ma è un grave errore pensare che il "Prima gli Americani" di Trump sia un programma isolazionista, disinteressato al resto del mondo. Al contrario significa che nel mondo tutto quanto deve accadere nell'esclusivo interesse degli Americani, e di nessun altro, con le buone o con le cattive. Con la corruzione o con la guerra. Perciò egli è contrario a ogni multilateralismo nell’ambito delle aggregazioni di nazioni, siano esse Onu o Europa, o per l’influenza economica, politica o militare, di ogni grande nazione perché preferisce aver a che fare con un milione di stati piccoli anziché con alcuni grandi e potenti: per mettere i nazionalismi regionali dei piccoli stati gli uni contro gli altri, corrompere con meno spesa i governanti che pretendono di difendere gli interessi dei loro cittadini anziché quelli dell'America. E infine mangiarseli tutti in un sol boccone. Nel caso specifico indebolire la Spagna e di riflesso il suo peso in Europa, è di grande importanza strategica per la sua influenza sui paesi ispanici americani: attualmente principale ostacolo al “Make America great again”: ovvero ai bei tempi dei finanziamenti Usa a Pinochet, e alle dittature in Argentina, Uruguay, Brasile, Nicaragua, ecc. che assicuravano con poca spesa il controllo economico, politico e militare USA sul “cortile di casa”. In Sudan ad esempio gli Stati Uniti hanno sostenuto la secessione del Sud Sudan per avere diretto accesso alle sue risorse petrolifere e minerarie. Ma sono contrari alla secessione del Kurdistan perché l’avversione dei Turchi consegnerebbe un membro Nato ai Russi e concederebbe loro l’accesso al Mediterraneo, da sempre obbiettivo strategico della Russia. Da sempre arginato dall’occidente. In conclusione è difficile immaginare ogni movimento rivoluzionario nel mondo immune dal favore o disfavore decisivo dei padroni del mondo.

camillo ha detto...

Mmmm..
Dove sta l’errore?
Nell’ingiustizia.
Anni fa avevano dato una notevole autonomia così detta alla “Catalana” ma parte della Spagna che viveva di sussidi ha bloccato la legge… le solite furbate di chi crede di poter vivere a alle spese di altri… ed ecco il risultato.
Nell’esoterismo c’è un principio di causa ed effetto che implica addirittura il bilanciamento di vita in vita. In pratica è “cosa buona e giusta e fonte di evoluzione” che un uomo, un gruppo una regione veda il risultato delle proprie azioni di governo e ne goda o paghi le conseguenze.
Questo è un principio di “federalismo realista” al di fuori degli slogan più o meno volgari.
L’America sotto questo profilo insegna,Ogni stato è FORTEMENTE AUTONOMO FINANZIARIAMENTE, in pratica ogni gruppo anche se eterogeneo ma LEGATO DA COMUNE COMPORTAMENTO è bene che si autoamministri con una forte autonomia finanziaria, così se si comporta bene la ricchezza cresce se sbaglia la ricchezza scende. Ovviamente si parla di ricchezza derivante non da miniere o petrolio ma da reddito da lavoro e iniziative.
A mio avviso l’Europa se vuole sopravvivere dovrà prendere questa strada.
Si è notato che se il gruppo si aggira tra i 5 e 10 milioni i cittadini si sentono vicini ai politici, accettano disagi e sacrifici si interessano di politica.

D'altra parte il disavanzo Catalano è di 8 miliardi di eu in più che da alla Spagna rispetto a quanto riceve, anche questo però NON è giusto quindi occorre una seria perequazione.
A ben guardare che dire allora della Lombardia 50 miliardi in più (più di 5 volte la Catalogna) e del veneto 20 miliardi in più.

E' altrettanto sbagliato ignorare queste cose, come dire che la Germania trattandoci come provincia povera ci regali 200 miliardi di Eu lo farebbe? Perchè allora lo stesso metro non si usa per la lombardia. L'ingiustizia NON può essere sorvolata con un discorso buonista! Serve Giustizia, oltre che rispetto, fatto salvo un equilibrato versamento in favore delle zone più deboli ma deve essere equilibrato inoltre il più debole non ci deve "marciare sopra2 rinunciando a crescere.

Franco Sarbia ha detto...

@ Camillo
come mi piacerebbe che la richiesta delle regioni ricche di separare le proprie sorti da quelle povere fosse solo riconducibile a una sacrosanta maggiore autonomia per sottrarre le loro esperienze virtuose di governo al parassitismo delle regioni povere. Sono argomenti assai simili a quelli della Germania nei confronti della Grecia e dell'Italia, plausibili ma mistificatori.
Com'è noto la Regione Lombardia e Milano, in particolare, furono leader nel campo delle tecnologie informatiche e di automazione ed oggi lo sono nel biomedicale e nelle biotecnologie. Sono personalmente convinto che il surplus di gettito fiscale che riversano nelle casse dello stato sia ritornato e ritorni con gli interessi nel fatturato delle loro imprese sotto forma di pubbliche forniture e di ammodernamento della pubblica amministrazione e della sanità del resto d'Italia, che perfino negli sprechi fa sguazzare i fornitori nordici, con l'aiuto della 'ndarangheta. Certo, dirai, i cittadini lombardi ne hanno beneficio solo in termini di occupazione non di qualità dei servizi. Si tratta di un brutale travaso di denaro pubblico dalle loro tasche, e dalle nostre, come contribuenti a quelle dei privati. Ma sta qui l'ingiustizia, non nella scarsa autonomia. Solidarietà ed autonomia, per tutti non solo per i ricchi, devono essere le linee guida di una politica lungimirante. Altrimenti anche i ricchi piangeranno quando si renderanno conto che le disuguaglianze e la miseria crescenti dei poveri abbandonati a se stessi avranno privato le loro aziende del già asfittico mercato interno e saranno sempre più costrette a competere sul mercato internazionale con India, Cina, Singapore, ecc. magari impiegando immigrati in nero, a discapito dei diritti di tutti i lavoratori. Qui sta il punto: le ragioni strutturali della crisi non stanno nella scarsa libertà ed autonomia dei ricchi, ma nella difesa senza esclusione di colpi dei loro privilegi, persone e nazioni che siano, a danno dei lavoratori, dagli ultimi alle classi medie. Chi non sa come arrivare alla fine del mese non compra automobili, elettrodomestici, case, cibo di qualità e il mercato diventa libero solo per i pochi ricchi che mai potranno saturarne la produzione. Infine sono favorevole ad una maggiore autonomia e responsabilità di tutti i governi locali e regionali più vicini ai bisogni dei cittadini, sono contrario ad ogni politica d'indipendenza delle regioni ricche, grandi o piccole che siano, dai problemi del mondo. Perché la loro ricchezza è frutto dell'interdipendenza dei mercati e nessuno sul nostro pianeta può permettersi di appropriarsi dll sue risorse e calpestare le mani dei poveri che quella ricchezza hanno prodotto, e di dirsi irresponsabile dei problemi che egli stesso ha alimentato per arricchirsi.

camillo ha detto...

Mmm fai dei presupposti (errati) e trai le tue conclusioni.
Io vedo ben altra realtà.

Franco Sarbia ha detto...

@ Camillo
se traggo conclusioni conseguenti a presupposti errati forse il ragionamento fila. Se mi segnali gli errori che non vedo sarò felice di migliorarlo. Se invece parli di errori "oggettivi" esprimendo un tuo punto di vista soggettivo come il mio per liquidare una opinione che non ti piace, teniamoci pure le nostre divergenze. Le differenze sono sempre feconde, in un dibattito come nella vita.

CLaudio Rossi ha detto...

@Daniele
Anche se non hai ritrovato quelle tue risposte, comunque riassumile. Mi interessa il tuo parere.

CLaudio Rossi ha detto...

@ Franco
Condivido molto del tuo ragionamento ma non la condanna dell'autonomia, qualunque ne sia la ragione. Se effettivamente la scelta di tirarsi fuori verrà pagata cara dai catalani per non aver considerato i veri vantaggi delle interrelazioni esistenti, peggio per chi si isola. Ma perchè impedire, comunque, l'esercizio della propria scelta quando si tratta della stragrande maggioranza della popolazione che la chiede? Quisque faber fortunae (o "sfortunae") suae.

Daniele Passerini ha detto...

@CLaudio
Anche se non hai ritrovato quelle tue risposte, comunque riassumile. Mi interessa il tuo parere.
Sono tornato a casa ora, e ora mi ci metto! ;)

Daniele Passerini ha detto...

@tutti
Premetto che il mio post va letto nello spirito del solito proverbiale "marziano" che osserva... in questo caso osserva i grandi mutamenti che stanno avvenendo sulla Terra nel passaggio dal secondo al terzo millennio.
Quello che accade in Catalogna (ma anche in Scozia, Veneto ecc.) mi sembra il sintomo di una tendenza generale: sono prodromi del futuro, non anacronismi.
Il mio commento andato perso stamane, iniziava prendendo spunto da queste parole di SSUMT:
...non si rendono conto che diventeranno canne al vento? se già non è così, che certe spinte disgregatrici vengono come sempre da interessi particolari (e stranieri!), saranno preda di pesci più grossi.
Queste parole sintetizzano in un certo senso le ragioni che hanno portato, poco alla volta nel corso di tutto il secondo millennio (con climax negli ultimi suoi secoli), all'assunzione dello Stato Nazione come migliore opzione per i popoli del mondo moderno.
Ma più che i popoli a volerlo sono state le grandi monarchie dinastiche... trovando nello stesso sorgere della rivoluzione industriale e del capitalismo un terreno molto fertile in cui le esigenze dello Stato e quelle del Mercato venivano a coincidere nello Stato nazione. E ad essere più precisi più che i monarchi a inventare il concetto di Stato Nazione sono stati pensatori politici, consiglieri di corte, filosofi, economisti... non i popoli.
Quale è oggi il futuro dello Stato Nazione?
Direi che il suo destino si è legato a filo doppio alla globalizzazione economica e l'Europa Unita ne è un buon esempio. I confini degli stati seguono i confini dei mercati: non vanno scomparendo ma dilatandosi.
Mi sono molto piaciuti questi pensieri di Claudio:
Le ragioni dello Stato centrale e del governo spagnolo risiedono nel dettato costituzionale. Ma le costituzioni di stampo centralistico sono state scritte per gli stati-nazione che avevano un significato forte in altri tempi. Oggi, con la progressiva cessione di sovranità all'Europa è naturale che le aree più ricche e evolute dei singoli paesi si vengono a trovare sempre più distanti dal centro del potere e questo non lo accettano.
È proprio così. E sembrerebbe perfino che la Storia spinga verso l'instaurazione di un governo mondiale, sempre più lontano dalle persone... altro che sussidiarietà! Sono istintivamente portato a pensare che un governo mondiale darebbe ancora più enfasi alle limitazioni di libertà individuali che oggi vediamo già avvenire... francamente penso che se qualcuno negli anni '70 (mezzo secolo scarso fa) avesse potuto gettare un'occhiata al mondo attuale lo avrebbe inquadrato nelle distopie di Orwell o Huxley, vi avrebbe visto i segni tanto di una dittatura tecnocratica, quanto del paese dei balocchi di Collodi ecc.
Il problema acutissimo di oggi è la crescente disuguaglianza, foriera di povertà, conflitti e guerre. Si possono buttare giù tutti i confini che si vuole, ma se la disuguaglianza permane i governanti possono mantenere il potere solo limitando ulteriormente le libertà e usando la forza.
(continua)

Daniele Passerini ha detto...

(segue)
Sogno un mondo dove le nazioni mettano come priorità per la loro stessa sopravvivenza, la lotta alle disuguaglianze nel mondo. Se tutti gli abitanti della terra potessero godere della stessa ricchezza, delle stesse possibilità, della stessa sicurezza esistenziale, non esisterebbero più conflitti.
Potrebbe nascere un Nuovo Rinascimento basato sulla pacifica coesistenza, ricca di scambi intellettuali e commerciali a livello internazionale, non più tra entità di livello "nazionale" o "puri-nazionale", ma tra unità "regionali" (o persino "comunali") collegate allo stesso tempo con tutto il mondo.
Non so assolutamente come si potrà transitare dallo Stato Nazione del secondo millennio al Nuovo Rinascimento del terzo millennio che sogno... temo che non sarà una transizione facile e indolore... anzi... ma sento che nel desiderio di indipendenza di molti Catalani, molti Scozzesi, molti Veneti ecc. non c'è solo quello che - giustamente - paventa Franco, c'è anche un'opportunità per riportare i popoli al centro dell'azione politica, centro che gli è stato totalmente sottratto negli ultimi decenni.
Se la tecnologia, che già rende sempre più veloci gli spostamenti delle persone da un lato e rende sempre meno necessario spostarsi dall'altro (visti gli strumenti di comunicazioni veicolati da internet), fosse supportata anche da una disponibilità energetica abbondante, decentralizzata, autoprodotte, e a una vera distribuzione della ricchezza, si potrebbero realmente aprire le porte a questo grande cambiamento.

In realtà stamattina avevo seguito un ragionamento molto diverso e diversamente articolato, questa è una sorta di "sintesi rimescolata" ma meglio di così non mi viene.

Franco Sarbia ha detto...

@ Claudio
la mia può essere apparsa una condanna dell'autonomia, ma se rileggi il mio secondo intervento troverai questa frase: «Solidarietà ed autonomia, per tutti non solo per i ricchi, devono essere le linee guida di una politica lungimirante≫. Significa che l'autonomia non deve essere dettata dall'egoismo dei ricchi ma dal bisogno di governare l'incontro delle differenze nel momento stesso in cui si rivendica il riconoscimento della propria identità. Non riesco a vedere nulla di progressivo nel nazionalismo Lombardo di Salvini o Catalano di Carles Puidgemont. Né la richiesta d'indipendenza, di separazione dalla Spagna, corrisponde a qualsiasi superamento dello stato nazione. Propone invece la costituzione di un nuovo stato nazione, più piccolo ma più coeso e chiuso, sulla base dell'identità linguistica, culturale, etnica e religiosa che dello stato nazione e del nazionalismo sono il fondamento. Il "prima noi" dei nazionalisti privilegiati, conduce inevitabilmente all'ingiustizia, alla balcanizzazione ed alla guerra. Ed in questo io vedo piuttosto una regressione verso fenomeni come le pretese del romanticismo tedesco per la superiorità germanica che ineluttabilmente sfociarono nei grandi conflitti armati. Perché se ancora non lo aveste chiaro il nazionalismo, piccolo o grande che sia, finisce con il contendere agli altri la supremazia con le buone o con le cattive. Ed induce i contendenti ad armarsi ed a combattere. Questo insegna la Storia. Ci piaccia o meno.

CLaudio Rossi ha detto...

@ Franco
Che gli esseri umani avvertano la necessità di vivere in comunità è un dato di fatto: che questa comunità sia a portata di vista mi sembra un'esigenza ragionevole. Quando dici che le autonomie propongono una nuovo stato "sulla base dell'identità linguistica, culturale, etnica e religiosa" non ci trovo nulla di male. L'aspetto politico lo vedo secondario: la dimensione del consesso non modifica la prevalenza del forte sul debole, del ricco sul povero; sono problemi diversi che vi si sovrappongono. Una delle pagine più edificanti della nostra storia è stata quella dei "Comuni" dove realtà piccole, coese, basate su identità linguistica, culturale ecc. si erano organizzate in collettività funzionanti e aperte al resto del mondo. La litigiosità degli italiani non fu amplificata da queste realtà politico amministrative di piccole dimensioni, se non in casi rari. Sentirsi partecipi di un consesso i cui confini sono visibili e le relazioni a portata di mano è preferibile e più efficace che non essere numeri indistinti di un potere lontano difficilmente avvicinabile e di quasi impossibile interlocuzione. Pur nel nostro disastrato paese funzionano molto meglio i Comuni, i sindaci, le realtà locali che non la politica "di Roma" lontana e autoreferenziale. Ricordo che Daniele, in questo senso, ci ha testimoniato bene la realtà che vive in prima persona. In tema di autonomie ritengo che una comunità a misura d'uomo sia meglio accettata da tutti e più vitale di uno Stato troppo eterogeneo perchè i cittadini se ne sentano partecipi e rinuncino a qualcosa per la collettività.

Franco Sarbia ha detto...

Caro @Claudio
temo di essere ripetitivo nel ribadire che sono favorevole ad una maggiore autonomia delle amministrazioni locali. Di tutte e non solo delle più ricche, purché non siano dettate da egoismo e nazionalismo becero, alla Salvini, ma al contrario dalla volontà di promuovere con maggiori mezzi e dinamismo la coesione sociale con le regioni più povere, anch’esse liberate dalle catene di uno statalismo paralizzante. E condivido il tuo riferimento all’esperienza rivoluzionaria dei Comuni, a partire dalla fine del primo millennio, e poi dei principati e delle repubbliche marinare che diedero vita al rinascimento, come felici fondamenti culturali della declinazione delle “autonomie locali” in Italia. Di più, pur non essendo cattolico fossi vissuto nell’ottocento, mi sarei trovato in sintonia con le idee federaliste di Carlo Cattaneo. Gli stati federali paiono ancor oggi quelli che meglio reggono alle contraddizioni tra identità, interessi e bisogni locali ed interdipendenze globali. Ma la storia non si fa con i miei se e neppure con i sogni di Daniele. In una quadro nel quale l’Europa è “un nano politico ed un verme militare” - anche in un auspicabile quadro di maggiore riconoscimento delle diverse identità culturali - le politiche di coesione e riequilibrio economico ancora per molto tempo dovranno avvalersi del ruolo integratore degli stati nazionali. E anche se mi piacerebbe sognare un’Europa delle regioni temo che questa prospettiva superi non solo l’orizzonte della mia vita, ma anche il desiderio degli stessi autonomisti.
Penso che le regioni ricche debbano essere sì libere di autodeterminare la propria indipendenza ma per ora non ne condivido le ragioni: fallaci anche da un punto di vista egoistico, nel contesto dei grandi poteri economici che attualmente dominano il mondo. Né vedo in questa fuga verso il revanscismo nazionalista alcunché di progressista. Ritengo favorisca uno squilibrio crescente tra il dominio globale dei padroni del mondo e l’impotenza dei particolarismi locali, a discapito delle classi povere e delle loro stesse economie.
E torna a proposito il tuo cenno ai Comuni Italiani e alle Signorie. Anticiparono di 500 anni la rivoluzione economica e finanziaria delle prime grandi nazioni industriali. Furono attrattori di ogni differenza, di ogni eccellenza in tutte le arti. A dispetto di Machiavelli ostacolarono il loro incontro e l’evolvere verso una stabile, allora invincibile, aggregazione: la stessa bellicosità loro, come quella di ogni nazionalismo di campanile non inferiore a quella di ogni stato nazione; lo stato del Vaticano a fare da tappo allo sviluppo spaccando l’Italia in due, il potere feudale delle monarchie, Savoia inclusi, che si contendevano il dominio sulle loro ricchezze. Ed infine anche lo sviluppo di realtà cosmopolite come Firenze, Milano, Venezia e Genova fu soffocato dallo strapotere e dal controllo di ogni rotta commercial delle prime grandi potenze coloniali, che pure avevano finanziato all’inizio della rivoluzione industriale. E regredì. Non deve insegnarci nulla questa storia?

camillo ha detto...

Essendo realisti si sta profilando una pessima situazione.
Se la Catalogna esce dalla Spagna avrà problemi enormi con la Spagna stessa non ci si rende mai conto di quanti legami ci sono. Con l'Europa invece penso proprio di no a parte le perplessità di facciata l'Europa è troppo interessata alla finanza e sicuramente una regione ricca e in attivo come la Catalogna non se la lascia certo scappare.

Il problema più difficile è se rimane (come molto probabile)in tal caso:
a) si sviluppa un muro contro muro tipo occupazione militare... drammatico per entrambi
b)si da alla Catalogna lo stato di regione iper_autonoma soprattutto finanziariamente, che mi sembra logica soluzione. sarebbe una separazione virtuale. Mi sembra però che il Re e i governanti non vogliano imboccare quella strada..
Sono dei miopi... Dovevano dare lo statuto speciale alla Catalana ma volendo fare gli ingordi spesso si perde.. La giustizia ha varie sfaccettature.

Franco Sarbia ha detto...

@Camillo
Concordo. Incrociamo le dita e speriamo nella soluzione b).

Franco Sarbia ha detto...

@ Tutti

Approfitto della grande manifestazione antiseparatista per aggiungere un motivo di riflessione alla nostra discussione. Non v'è dubbio che la maggior parte di quelli che ritenevano anticostituzionale e quindi illegale il referendum non sono andati a votare. In queste circostanze L'esito del voto non può quindi essere considerato espressione del diritto all'autodeterminazione di tutti i Catalani. Ma non è questo il motivo della mia riflessione. Non m'importa sapere se Catalani o non Catalani che si sentono anche Spagnoli e sono orgogliosi di esserlo siano o no la maggioranza. Fossero solo le centinaia di migliaia che hanno partecipato alla manifestazione, una minoranza significativa tuttavia, o anche una minoranza ancor più piccola, quel che m'importa sapere è se uno Stato mosso da sentimenti così unilateralmente nazionalistici una volta raggiunta l'indipendenza sia capace di garantire i diritti fondamentali delle minoranze. L'esperienza dice di no. Il furore nazionalistico contro chi parla un'altra lingua o professa un'altra religione discrimina i Valloni in terre Fiamminghe come i Fiamminghi in terre Valloni, i Russi in Ucraina e gli Ucraini in Crimea, I Cattolici in Irlanda del Nord, gli Anglicani nell'Eire: è così in ogni comunità tenuta assieme dal cemento nazionalistico, abbia o no ottenuto l'indipendenza. Con la differenza che lo stato sovra regionale o la federazione unitaria di stati garantiscono per legge il rispetto dei diritti delle minoranze etnico-linguistico-religiose che riconoscono, mentre il nazionalismo revanscista tende a considerare nemici tutti quelli che si sono opposti o si oppongono alla sua costituzione, o non ne condividono le ragioni. E li discrimina con queste parole, molto comuni anche da noi, che sempre più connotano il razzismo di fatto di molte istanze autonomistiche: «io non sono razzista ma prima di tutto dobbiamo pensare alla nostra gente». America First, ecc.

CLaudio Rossi ha detto...

@Franco
Sottoscrivo e aggiungo: personalmente mi sento spesso molto più in sintonia con persone di paesi lontani e culture diverse ma con principi ed etica che condivido, piuttosto che con il modo di essere e di comportarsi di moltissimi connazionali.

camillo ha detto...

Ho provato a scrivere qualcosa sul referendum del veneto... ma si è cancellato tutto... Ma...

camillo ha detto...

Caspita! anche qui censura!

camillo ha detto...
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