Ricevo, da Ugo Abundo e Francesco Santandrea, audace quanto umile proposta metodologica-epistemologica di indagine open source delle leggi fondamentali della natura. I due ricercatori partono dall'osservazione che oggi la maggioranza degli scienziati, piuttosto che decifrare il Libro della Natura, "tenta, con gli aristotelici (non con Aristotele, che cercava la conoscenza), di trovare nuove leggi solo rileggendo con più attenzione 'il Libro' definitivamente già scritto" dalla scienza stessa. "E indubbiamente - seguitano Abundo e Santandrea - tante leggi nuove si trovano effettivamente, osservando sperimentalmente nuovi comportamenti e inquadrandoli in nuove regole che si possono dedurre quasi come teoremi da quelle già esistenti, rendendo la fisica sempre più vasta e complicata."
Quindi, incuriositi da una corrispondenza analogica tra leggi della Relatività Generale e leggi dell'Intelligenza Artificiale, Abundo e Santandrea si chiedono - e invitano noi tutti a fare altrettanto - se la grande complessità che emerge da tale approccio, portato avanti dalla scienza da Newton fino a oggi, corrisponda effettivamente alla realtà dell'Universo che cerchiamo di svelare o sia piuttosto un riflesso dei limiti intrinseci della mente e della logica umana. Mutatis mutandis, non potrebbe essere che gli scienziati d'oggi siano finiti in un vicolo cieco simile a quello degli astronomi tolemaici? Essi avevano messo a punto un complicato insieme di leggi in grado di spiegare il moto degli astri fondandolo su un presupposto erroneo; e il loro sistema funzionava perfettamente, salvo "trascurabili anomalie", come quelle che oggi la scienza mainstream ritiene essere le evidenze sperimentali delle LENR.
Ecco allora che l'ipotesi di Abundo e Santandrea acquista il sapore di una rivoluzione "copernicana" della fisica: invitano i colleghi che studiano l'universo seguendo vie già battute a vedere se per caso, facendo un passo indietro, non si possa farne uno molto più grande avanti. È una proposta coraggiosa, senza dubbio, ma umile nella misura in cui non chiede altro che di essere messa alla prova, in modo totalmente trasparente.
Entrare nel merito scientifico di quanto prospettato dai due ricercatori è ben al di là delle mie competenze e conoscenze. Passo dunque la palla a chi è in grado di tirarla in rete: potete scaricare il documento pdf da questo link e/o leggerlo qui sul blog con un click su "leggi il resto / read more".
Quindi, incuriositi da una corrispondenza analogica tra leggi della Relatività Generale e leggi dell'Intelligenza Artificiale, Abundo e Santandrea si chiedono - e invitano noi tutti a fare altrettanto - se la grande complessità che emerge da tale approccio, portato avanti dalla scienza da Newton fino a oggi, corrisponda effettivamente alla realtà dell'Universo che cerchiamo di svelare o sia piuttosto un riflesso dei limiti intrinseci della mente e della logica umana. Mutatis mutandis, non potrebbe essere che gli scienziati d'oggi siano finiti in un vicolo cieco simile a quello degli astronomi tolemaici? Essi avevano messo a punto un complicato insieme di leggi in grado di spiegare il moto degli astri fondandolo su un presupposto erroneo; e il loro sistema funzionava perfettamente, salvo "trascurabili anomalie", come quelle che oggi la scienza mainstream ritiene essere le evidenze sperimentali delle LENR.
Ecco allora che l'ipotesi di Abundo e Santandrea acquista il sapore di una rivoluzione "copernicana" della fisica: invitano i colleghi che studiano l'universo seguendo vie già battute a vedere se per caso, facendo un passo indietro, non si possa farne uno molto più grande avanti. È una proposta coraggiosa, senza dubbio, ma umile nella misura in cui non chiede altro che di essere messa alla prova, in modo totalmente trasparente.
Entrare nel merito scientifico di quanto prospettato dai due ricercatori è ben al di là delle mie competenze e conoscenze. Passo dunque la palla a chi è in grado di tirarla in rete: potete scaricare il documento pdf da questo link e/o leggerlo qui sul blog con un click su "leggi il resto / read more".
IL TENTATIVO DI VOLARE ALTO NON È PIU’ RIMANDABILE.
Crediamo che la maggior parte degli scienziati tenga nascosto, da secoli, il bisogno estetico esplosivo che può – solo esso – spingerli a dedicare ogni istante della vita, anche mentre sono apparentemente impegnati in altre attività, alla ricerca della conoscenza.
Lo dissimulano negando che la scienza miri alla spiegazione ultima e prospettando la versione secondo la quale la scienza limiterebbe il proprio compito alla descrizione dei comportamenti, economizzandone la memorizzazione sotto forma di leggi, anche se via via più fondamentali.
Non si sta qui dicendo né che la spiegazione ultima esista con certezza, né che essa sia alla portata delle future generazioni, pur sempre di umani.
Si sta però ipotizzando che le menti di giganti quali Platone, Galileo, Copernico, Newton, Einstein, Schrodinger, Prigogine (l’elencazione è rea di limitatezza) non possano aver impegnato forze titaniche semplicemente mirando alla descrizione.
Einstein è stato forse quello che più apertamente ha reso gli studiosi partecipi del suo lavoro estetico, chiedendo all’universo di comportarsi in un modo fondamentalmente indipendente dal riferimento; ma Galileo ha vincolato il pensiero umano ad ascoltare la Natura che ci parla, Copernico ha spazzato via gli orpelli (epicicli) che stavano pericolosamente avvicinandosi alla dignità dell’esistere concretamente; Platone ci ha avvertiti, inascoltato, che stiamo guardando solo l’ombra menzognera, sulle pareti della caverna, del mondo ideale che offre ai nostri sensi solo la sua proiezione.
Newton, e se ne è lamentato apertamente Einstein, è stato baciato dalla fortuna irripetibile, che non presenterà mai più ad alcuno scienziato tale opportunità, di poter cogliere per primo l’universalità delle leggi fisiche affermando che ciò che accade qui ed ora è retto dagli stessi vincoli che guideranno la Natura in un altrove e in un tempo altro.
Schrodinger ha colto che nella natura irriducibilmente caotica dell’universo che ci è dato, emergono comunque comportamenti stabili a se stessi, risultando non lo scienziato del disordine, ma quello dell’ordine che si può instaurare ad un livello superiore di modalità di ispezione (in compagnia anche anacronica di Von Neumann, Prigogine, Planck, Heisenberg).
Prigogine, che con frase volutamente autoincoerente, ha cercato le leggi del disordine, ha gettato le basi per un approccio orientato all’esistente inteso come perturbazione autostabile che emerge da una matrice irriducibilmente caotica e inconoscibile.
Ma c'è qualche studioso che ancora non se ne è accorto.
Che tenta, con gli aristotelici (non con Aristotele, che cercava la conoscenza), di trovare nuove leggi solo rileggendo con più attenzione “il Libro” definitivamente già scritto.
E indubbiamente tante leggi nuove si trovano effettivamente, osservando sperimentalmente nuovi comportamenti e inquadrandoli in nuove regole che si possono dedurre quasi come teoremi da quelle già esistenti, rendendo la fisica sempre più vasta e complicata.
Ma se voi foste il dio artefice del tutto, progettereste un universo così intrinsecamente complicato?
Non è troppo facile dare, in subordine, la colpa della complicazione alla limitatezza della mente umana?
Non ci sfiora l’ipotesi che sia colpa del non voler confessare che ambiamo a spiegazioni non descrittive, ma vere e proprie conoscenze che sappiano soddisfare le esigenze dell'estetica, auto evidenti, disarmantemente semplici, dai principi (almeno nel nucleo concettuale) alla portata di tutti, e non solo ai Sacerdoti e alle loro Vestali; spiegazioni che invece di complicare la fisica la semplifichino, che non siano costrette a negare le evidenze quando non riescono ad inquadrarle?
Ma non ci si accusi, per carità, di aver inventato qualcosa !
Ciò che si invoca, in modo rivoluzionario (vedasi la radice etimologica di “rivoluzione”, tornare alle origini) , è il ritorno alla scienza genuina, che può vedere, nella apparente difficoltà ad inquadrare le numerose evidenze sperimentali LENR in una matrice di comprensione e indagine sistematica, una smisurata opportunità che si offre nella direzione di scuotere (anzi continuare a cercare) i fondamenti, per una riscrittura della trattazione della Natura, nel vero e consueto spirito che la scienza (con la esse di grandezza almeno non inferiore a quella delle altre lettere) ha da sempre naturalmente esibito.
Se avessimo visto giusto (e quella che si offre fosse veramente una opportunità) un umile tentativo di lavorare nella direzione indicata sarebbe rispondente ad un senso di responsabilità che non ci lascerebbe l’alternativa di eludere l’impegno.
E così abbiamo caricato le nostre spalle di quanto non è semplicemente un impegno, ma il piacere di cercare risposte ad una fame di conoscenza che tenta di divorarci.
Francesco Santandrea e Ugo Abundo: due persone che si sono conosciute solo di recente, e che da sempre, fin da tempi non sospetti, ben prima che il termine Fusione Fredda venisse coniato, hanno coltivato l’ambizione di semplificare i concetti essenziali della fisica (non si scambi questo proposito relativo ai concetti con l’eventuale peso della trattazione matematica necessaria) rendendoli autoevidenti.
Che indipendentemente sono giunti alla decisione di rendere pubblici i concetti essenziali dei loro annosi singoli approcci, Santandrea dal 1994, Abundo dal 2004, scoprendo l’uno le idee dell’altro solo nel 2012, quando in occasione del convegno presso l’Istituto L. Pirelli hanno compreso che fosse il tempo di unire gli sforzi per “accogliere senza aggredirle” le istanze provenienti dalle sperimentazioni LENR, inquadrandole con naturalezza all’interno della loro visione della Natura.
La Teoria dello Spazio Quantizzato non è stata scritta ad hoc per spiegare le risultanze LENR, piuttosto le LENR ne sono il banco di prova provvido ed imprevisto, un cimento che ne metta in azione i concetti sottoponendoli alla sfida di resistervi indenni.
Ma può costituire una chiave di interpretazione che si spinge al di sotto di ciò che è dato, pretendendo che si analizzino i criteri che reggono la stabilità di ciò che ci appare come esistente.
Ecco perché può avere chance di affrontare situazioni in cui si mette in forse la stessa persistenza della materia, si cercano le condizioni in cui sia possibile disfarla recuperandone il potenziale energetico che le corrisponde.
La teoria parte dagli inquadramenti accettati della Relatività ristretta e generale, della Meccanica quantistica e dei recenti studi in materia di Caos e Frattali, Teoria delle stringhe e Cosmologia, utilizzando strumenti messi a disposizione dalla scienza dell’Informazione e delle Logiche alternative.
Si pone, col Principio di Corrispondenza, in grado di spiegare automaticamente tutto ciò che le suddette teorie spiegano, ma dispone di numerosi gradi di libertà addizionali, che vengono resi disponibili per l’indagine su ciò che c'è sotto la struttura del tessuto spaziale, e per analizzarne le proprietà.
L’obiettivo delle trattazioni che seguiranno in prossimi comunicati non è immediatamente descrivere tutta la teoria (che è un po’ vasta), piuttosto mettere in luce quali potenzialità interpretative e predittive essa possa offrire come servizio agli sperimentatori LENR, cercando dapprima di definire l’ambito dei fenomeni coinvolti, la parte ad essi comune indipendentemente dalle apparenti diversità delle procedure sperimentali, i concetti fondamentali (pochi) assunti come assiomi, una chiave di possibile interpretazione dei fenomeni che non sono immediatamente inquadrabili nelle teorie convenzionali, infine una indicazione delle direzioni più ragionevolmente promettenti in cui approfondire la ricerca sperimentale.
In sintesi, vogliamo che la teoria si accolli l’onere di fare ciò che una Teoria deve usualmente fare, da che mondo è mondo.
E soprattutto non si vuole partecipare alla gara che può nascere tra teorie in competizione, in quanto si mira a comprenderle tutte, ciascuna con le proprie peculiarità e i propri ambiti, traendo da tutte una ricchezza di ipotesi e di percorsi deduttivi che probabilmente farà rabbrividire chi già vede con chiarezza l’empietà di questi propositi di arricchimento reciproco in termini di contributo alla comprensione, spiazzato dal cambiamento rispetto alle rassicuranti abitudini nei ruoli standard del propositore, del sostenitore, del competitore, del validatore, dell'inficiatore di teorie.
Attenzione, qui si parla di cambiamenti, ambizioso obiettivo: la conoscenza; pena: la torre di Babele.
“Si, va benissimo”, diciamo tutti, “MA NON ELUDIAMO, che ne e’ della falsificazione?”
Qui l’approccio si fa più difficile da spiegare a chi non lo percepisce autonomamente come evidente, ma non ci sottraiamo al compito di fare un tentativo.
Anzi, il percorso è così poco convenzionale che (ci scusino i lettori della forse eccessiva concessione alla schematicità) sarà bene mettere un contrassegno “INIZIO” e uno “FINE” alla trattazione di questo specifico aspetto.
INIZIO
Ben si sa che l’ambizione dell’Uomo che affronta la conoscenza è ridurre le leggi delle diverse discipline scientifiche a deduzioni che partano dalla fisica; e che le leggi fisiche partano da pochi assiomi fondamentali, in modo che tutto abbia un perché, che le diverse leggi in cui si articolano le scienze abbiano il loro perché in leggi più fondamentali che le sostengono, fino ad arrivare, e già sarebbe un sogno, ad una unica legge irriducibile che sia in grado persino di spiegare gli assiomi adottati.
Ma noi siamo impietosi e oseremmo chiedere ancora una volta “perché?”
Infatti pensiamo che l’unica legge che si possa ragionevolmente accettare senza difficoltà sia la seguente : “non esistono leggi”.
In base a questa visione il caos è assicurato, permea tutto, l’informazione quand’anche si formasse fortuitamente per fluttuazione si degraderebbe il più velocemente possibile, non si permetterebbe l’esistenza della Natura, dell’Uomo, dell’intelligibilità?
Tutt'altro.
La conoscenza va scritta sulla pagina buia dell'ignoranza, l’informazione ha bisogno, per essere preziosa, e per propagarsi (con Shannon) della propria improbabilità, l’esistente stabile può emergere solo stagliandosi sullo sfondo del completo caos.
Non facendo altre ipotesi se non che l’informazione (improbabile per definizione, in quanto “antilogaritmo della probabilità”) tenda a degradarsi il più rapidamente possibile, abbiamo sviluppato tools di “ingegneria dell’esistere” (la cui ragionevolezza, e questo è un regalo che non abbiamo esplicitamente meritato, è disarmante).
Tali strumenti operativi, a ben guardare, fanno già fortunatamente parte delle abitudini consolidate a cui la Relatività ci ha abituati.
Facciamo ora un discreto salto, fino alla scienza della Intelligenza Artificiale.
Anche essa ci ha abituati ad una impostazione di approccio particolare, del tutto nuova rispetto alla fisica; strano, allora, scoprire che fondamentalmente coincide con gli strumenti concettuali alla base della Relatività (Generale, poi…?).
Sembra esserci coincidenza sufficiente per giustificare lo sforzo di approfondire.
Forse non ha senso (con Godel, Teorema di Incompletezza delle teorie formali) chiederci se il Tutto ha una struttura simile alla idealizzazione formale del substrato che ospita la nostra intelligenza perché altra struttura intellettiva non sarebbe mai potuta emergere da tale struttura del Tutto, o alternativamente se l’unico modo con cui possiamo immaginare il Tutto è vincolato dalla struttura della nostra intelligenza.
In pratica, è il figlio a somigliare al padre, o il padre a somigliare al figlio? Così drasticamente semplificata, la domanda ci rasserena e accettiamo di dover per sempre rinunciare ad una risposta.
Quale è questo concetto fondamentale di cui sono intrise la Relatività Generale e l’Intelligenza Artificiale (ci piace ricordarne ancora una volta la distanza) ?
In Relatività l’esistente (materia, radiazione) si comporta, nello spazio-tempo, secondo quanto reso ammissibile dalla metrica del cronotopo stesso, ma a sua volta la metrica è determinata esclusivamente da quanto vi avviene.
In A.I. il pensiero (rappresentazione simbolica globale delle comunicazioni interneurali) si sviluppa secondo quanto ammissibile dai coefficienti di connessione della rete, ma tali coefficienti sono a loro volta determinati esclusivamente dal pensiero che si sviluppa in tale substrato.
Non sembra necessario commentare il confronto.
Vogliamo allora ancora dedicare del tempo a verificare o confutare questa totale evidenza?
La trattazione che discende dall’accettare la simbiosi tra substrato e processo in evoluzione è allora solo da scrivere, non da verificare; forse non deve chiamarsi teoria, ma siamo interessati non al nome, piuttosto ad ascoltare il Tutto quando parla col proprio linguaggio e ci suggerisce il corretto processo conoscitivo da adottare.
Si chiamano a raccolta in Open Source tutte le forze interessate alla conoscenza, per portare avanti, oltre il limite da noi già raggiunto, le conseguenze, ancora quasi tutte da scoprire, di tale approccio.
Alcune saranno vere, come era vera la geometria Euclidea nel mondo fisico, altre saranno false, come era falsa la geometria Riemanniana nel mondo fisico.
Ma le cose, col tempo, talvolta cambiano….
FINE
Così, l’utilità dell’approccio presentato andrebbe forse cercato nella duttilità che presenta, resa spendibile – tornando al concreto – nel suggerire schemi innovativi consistenti per inquadrare fenomeni nuovi, riconoscendo più forza agli schemi che ben interpretano i risultati sperimentali (verifica), eliminando quelli che non li interpretano (confutazione).
Questo approccio si riscrive da solo, si aggiorna, evolve.
Si comporta come ciò che sta descrivendo, è autosomigliante.
Le risultanze del mondo fisico plasmano la teoria; la teoria consente l’interpretazione del mondo fisico; e quando non la consente, le discrepanze ancora una volta richiedono un aggiornamento della teoria (come se se ne riscrivesse la metrica).
A questo punto, è possibile che qualche lettore possa tacciare di evidente banalità quanto detto.
Molto bene, è da parecchie righe che se ne sostiene l’evidenza !
Ora, per comprendere il nucleo della nuova impostazione è necessario un breve sforzo di pazienza per acquisire familiarità col contesto in cui la teoria si muove.
Differenti strumenti matematici possono essere equivalentemente adottati (ce lo ricordano la meccanica matriciale di Heisenberg e quella ondulatoria di Schrodinger) per portare avanti i medesimi discorsi sulla Natura.
Così le equazioni a derivate parziali del secondo ordine in un dominio (field), rappresentazioni in una griglia matriciale alle differenze finite, il modello di rete elettrica (analogica) a parametri distribuiti, i modelli di reti neurali fully connected a coefficienti adattivi, in cui ogni nodo (neurone) risente dell’influenza di tutti gli altri secondo connessioni che si aggiornano con l’evoluzione temporale del comportamento, possono essere messi in relazione tra loro ed essere guardati come strumenti matematici equivalenti sul piano formale, capaci tutti di guidarci nel viaggio tra le analogie che sostengono la nostra mente quando si affronta la Complessità.
Tutte queste rappresentazioni sono in grado di ospitare perturbazioni che si spengono, che esplodono, o che si stabilizzano sotto forma di onde stazionarie o viaggianti.
Ma ogni approccio ha le sue caratteristiche peculiari, ed è più adatto a questo o a quello scopo di esposizione dei concetti, oltre al fatto che uno strumento è più adatto a costruire uno schema per l’impostazione della trattazione, mentre un altro ci offre con più semplicità i tools operativi per trarre conseguenze globali sul comportamento; e un altro ancora è più idoneo alla esecuzione di calcoli numerici, mentre il rimanente ci permette una visualizzazione concreta delle relazioni astratte che si stanno sviluppando.
Nell’ordine:
- la rete neurale, per la schematizzazione d’impostazione;
- le equazioni differenziali per trattare le conclusioni comportamentali che emergono;
- le differenze finite per effettuare simulazioni in calcolo numerico;
- la rete elettrica per supportare l’immaginazione.
E va esplicitamente sottolineato che tutti i quattro approcci possiedono capacità computazionali, siano esse analogiche, formali o numeriche.
Nei fondamenti della teoria (che si tralasceranno sia qui che quando si tratteranno, in prossimi comunicati, i dettagli dell’applicazione al settore LENR), non è ovviamente mancante “il minimo sindacale” corrispondente a non presentare come datoci neanche lo spazio relativamente ordinato, piuttosto fare discendere anch'esso da un processo di stabilizzazione, ove reso possibile, del caos imperante, almeno nella analisi profonda del significato di Informazione e delle condizioni in cui essa, quasi come un oggetto, riesca ad emergere stabilmente dal caos, in equilibrio dinamico con esso, e ad essere trasferita.
In ultima analisi, progettualmente parlando, si tratta di chiedersi quali condizioni debba rispettare un Universo affinché possa essere dotato della proprietà della parziale intelligibilità da parte di sue sottostrutture (saremmo noi…).
Dopo questa digressione nelle profondità, sullo Spazio, torniamo verso la superficie del discorso, ad affrontare i valori delle costanti fondamentali della Natura. Essi, ovviamente, non possono che essere tutti unitari, e appaiono diversi dall’unità solo perché espressi nelle unità di misura che fortuitamente abbiamo adottato, in conseguenza della misura del nostro braccio, o del tempo di rotazione del nostro pianeta, insomma tutte contingenze che un extraterrestre intelligente avrebbe ben potuto scegliere diversamente.
Ben diverso è il discorso del loro rapporto, che cela in sé la particolare condizione di stabilità che il nostro Universo ha saputo trovare per emergere dal Caos, e che ora ne caratterizza le proprietà.
Altre stabilizzazioni (o decadimenti estremamente lenti, che possono essere scambiati, in osservazioni brevi, per stabilità), che sviluppino universi altri in ordine a leggi comportamentali (se ammesse), strutture alternative a quella cronotopica, ove spazio e tempo possano essere diversi o addirittura non concepibili, fanno da compagni, nel Multiverso, al nostro Universo; e non ha senso chiedersi, se ci sono, “dove?” e “quando?”, poiché questi sono parametri di ragionamento esclusivamente nostri, qui...
Da qua in poi, ci si limiterà a trattare lo Spazio come datoci, ma non ci si tacci di accettazione passiva, poiché si è mostrato un serio tentativo di portare alla luce il processo che avrebbe portato a “darci” lo spazio.
Per quanto riguarda il Principio di Corrispondenza, nella teoria si sono immessi esplicitamente i vincoli che garantiscano ai risultati di essere automaticamente in accordo con Relatività, Meccanica Quantistica, teoria del Caos e teoria dell’Informazione, delle quali si presenta come una estensione.
Si è notato che tali imposizioni hanno spesso, pur nel limitare, incanalato i comportamenti verso la coerenza intrinseca.
Che cosa si mira a spiegare attraverso questa teoria ?
Essenzialmente come possa una rete astratta di potenziali relazioni dar luogo ad una struttura stabile (spaziotempo) in grado di alloggiare perturbazioni stazionarie e viaggianti (comunemente, materia e radiazione) capaci di interazione e di costruzione di strutture gerarchiche (fino a prevederne l’intelligibilità da parte di sue porzioni organizzate, reti neurali naturali o artificiali).
Una interpretazione del concetto di tempo quale contachilometri sulla strada irreversibile della evoluzione che brucia informazione pompandola verso i livelli caotici sottostanti rispetto al passo della griglia di osservazione.
Quale apporto può dare alle problematiche LENR ?
Una chiave di interpretazione di fenomeni non altrimenti ancora inquadrati, quali possono avvenire nelle particolari condizioni della materia condensata, mettendo a fuoco l’importanza del reticolo, della geometria nanostrutturata, dell’ambiente elettromagnetico e delle sollecitazioni applicate, nel determinare i comportamenti e le possibili risonanze delle onde stazionarie, finalizzati alla estrazione di energia dalla materia, nelle condizioni in cui essa possa essere parzialmente o totalmente “disfatta”.
Una indicazione delle direzioni più promettenti in cui guidare la ricerca sperimentale, suggerendo anche esperimenti discriminanti per la riduzione delle ipotesi in competizione.
Quanto qui non esposto, risultato di un lavoro analitico di approfondimento, sarà oggetto di successive comunicazioni corrispondenti allo sforzo che stiamo facendo per semplificarne l'esposizione.
Si è inteso, quindi, preparare il terreno.
Buon lavoro a Voi e a noi.
Ugo Abundo
Francesco Santandrea
204 : commenti:
«Meno recenti ‹Vecchi 201 – 204 di 204 Nuovi› Più recenti»@Mahler
Mah...
Secondo me sono libero di volere cio' che voglio pero' non so se riuscirò a ottenerlo. Secondo me è una questione di tempo. Datemi una vita senza fine...
Io in merito a ottenere parcheggi sono un asso (circa 90% di riuscita). E in genere ottengo cio' che voglio nel giro di cinque anni. Sempre che sia qualche cosa di concreto, tipo soldi, auto, lavoro, ecc..
Pero' è un po' piu' difficile quando si tratta di (dico una cazzata) andare sulla luna. Ma è proprio cio' che voglio ?
Ora se vuoi mettere un mezzo gli altri tipo famiglia per esempio è molto più difficile, oppure voler vincere al superenalotto. E' molto dura perché devi metterti in concorrenza con il desiderio degli altri e come sai sono milioni. Ma a me piacciono le sfide impossibili. Sai perché ? Perché cosi punto alla luna e sono sicuro di rimanere nelle stelle. Voglio dire che se non vinco allora mi sono lo stesso allenato per ottenere altre cose. Si lo so che per alcuni posso sembrare matto. Ma non penso di esserlo.
ma il disegno con le stelle a sei punte chi l'ha scelto ? direttamente quello che in tv ha detto che l'antisemitismo si maschera dà antisionismo ?
Suggerisco alcuni link che possono stimolarvi
http://www.hasslberger.com/phy/phy_10.htm
http://www.hasslberger.com/phy/phy_13.htm
http://aias.us/documents/otherPapers/HumanSoulJackson2011.pdf
http://www.imamu.edu.sa/Scientific_selections/abstracts/Physics/Investigation%20of%20a%20Complex%20Space-Time%20Metric%20to%20Describe%20Psychic%20Phenomena.pdf
Per quanto riguarda il modello teorico da sviluppare vi segnalo questi documenti http://www.aias.us/documents/uft/a229thpaper.pdf http://www.aias.us/documents/uft/a228thpaper.pdf http://www.aias.us/documents/uft/a226thpaper.pdf la teoria ECE è un tentativo di unificazione che utilizza il termine di torsione .. The ECE theory is based directly on geometry, specifically on the concept of spacetime torsion
Posta un commento
N.B.PER LASCIARE COMMENTI È NECESSARIO REGISTRARSI CON LA PROPRIA GMAIL
22passi è un blog non una rivista on line, pertanto la responsabilità di quanto scritto in post e commenti dovrebbe appartenere solo ai rispettivi autori. In ogni caso (cfr. Sentenza Corte di Cassazione n. 54946 del 27 dicembre 2016), le persone fisiche o giuridiche che si reputassero diffamate da determinati contenuti, possono chiederne la rimozione contattando via email l'amministratore del blog (vd. sezione "Contatti") e indicandone le "coordinate" (per es. link, autore, data e ora della messa on line).