Ieri sera sono stato con la mia compagna a vedere L'economia della felicità, il film-documentario di Helena Norberg-Hodge che ruota in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane
Facile trovarsi d'accordo coi concetti chiave espressi dalla Norberg-Hodge. È sotto gli occhi di tutti che la globalizzazione economica abbia portato molti più danni che benefici: una crisi ambientale senza precedenti, una crisi economica epocale, una drammatica crisi dei valori umani su cui si basavano felicità, solidarietà e società.
La globalizzazione in fondo è iniziata 500 anni fa, con la diffusione della navigazione intercontinentale ad opera di alcune nazioni europee (Spagna, Portogallo, Inghilterra, Francia, Olanda ecc...) e il conseguente avvento del Colonialismo. Qualche secolo dopo la Rivoluzione Industriale ha esasperato la divisione euro-centrica tra un mondo dominatore e ricco, produttore di beni finiti, e un mondo assoggettato e povero, fonte delle materie prime. La fine del'epoca coloniale nel XX secolo è stata solo apparente, perché le nazioni diventate autonome sono saltate dalla padella del controllo militare e politico a quella del debito e sono sprofondate nel "terzo mondo".
Se oggi Stati come Cina (1.350.000.000 abitanti) e India (1.210.000.000 abitanti) si sviluppassero tout court secondo la via già seguita dai paesi occidentali, adottandone diffusamente stili di vita e di consumo, il mondo collasserebbe definitivamente nelle sue tre sfere chiave di ambiente, economia e società. Perché già ora sta esaurendo risorse strategiche come gli idrocarburi e sta consumando molte risorse ambientali rinnovabili a un ritmo maggiore del loro tasso di ricrescita (si pensi alle risorse ittiche, all'inquinamento delle falde acquifere, ai prodotti agricoli in generale ecc.).
È ridicolo parlare ancora di crescita del PIL come unica soluzione ai mali che affliggono il pianeta, perché proprio la fede cieca nella crescita infinita lo ha portato sull'orlo del baratro, se non ancora un passo oltre.
La ricetta della Norberg-Hodge è chiara e semplice: localizzazione globale. Abbandonare un'economia schizofrenica in cui, a seguito di trattati commerciali, è conveniente far fare persino a mele e patate avanti e indietro da una parte all'altra del mondo per poi venderle sul mercato finale a prezzi minori dei prodotti locali. Questo sì che abbatterebbe drasticamente le emissioni di anidride carbonica!
Avendo portato nel blog sin da "tempi non sospetti" le transition towns e i mercati contadini e gruppi d'acquisto locale a filiera corta, mi sento perfettamente a casa con l'idea localizzazione globale, che non significa chiudere le frontiere e tornare al medioevo, ma dare il giusto rilievo al benessere della società locale come chiave di svolta per un mondo globalmente migliore.
La critica della Norberg-Hodge a ciò che siamo abituati a considerare inevitabile solo peché ci siamo nati, cresciuti e ne siamo quotidianamente influenzati, nasce alla fine degli anni '70, quando si trovava in Tibet, a studiare come sociologa-antropologa la cultura e la rete dei rapporti sociali della popolazione Ladakh, ancora non toccata dal consumismo. Nel giro di pochissimo tempo questa società divenne un campo d'osservazione privilegiato in cui la Norberg-Hodge poté focalizzare punto per punto come e perché l'arrivo dei modelli di vita occidentali abbiano peggiorato le condizioni esistenziali e spirituale dei LadaKhi. Questa analisi calza perfettamente a tutto il terzo mondo, ma costringe anche noi occidentali a riflettere su quanto abbiamo perso in cambio di una finta ricchezza che non rende felici (i disturbi depressivi stanno diventando una vera e propria malattia epidemica mondiale).
Vi consiglio infine di leggere la presentazione de L'economia della felicità scritta dalla stessa autrice e tradotta in italiano da Elisa Nichelli per Come Don Chisciotte:
Stasera L'Economia della felicità è ancora in programmazione nelle sale del circuito The Space, se non l'avete ancora visto cogliete al volo l'occasione. L'economia della felicità è disponibile anche in DVD.
P.S. Per me la risorsa più preziosa che esista è il tempo: visto che tendenzialmente sono un perfezionista, mi piacerebbe averne di più, per scrivere lentamente e soppesare con calma le parole, ma - di necessità virtù - sto imparando a scrivere nel minor tempo possibile: per questo post sono bastati 40 minuti.
7 : commenti:
L'ho visto anch'io ieri sera con altre 3 amiche. Un bel documentario che dovrebbero vedere soprattutto le nuove generazioni. Noi queste riflessioni le abbiamo già fatte e stiamo correndo ai ripari nel nostro piccolo.
@Kylie
Totalmente d'accordo. Infatti non vedo l'ora che esca il DVD per farlo vedere a mia figlia, che ha 14 anni e il cuore giusto per capirlo.
Un caro saluto :)
Non sapevo di questo documentario, lo vedrò sicuramente. Ovviamente condivido tutto e anche la mia famiglia nel nostro piccolo sta cercando di pesare il meno possibile su ambiente/economia/società. Il bello è che poi si scopre che si vive pure meglio abbandonando il paradigma della crescita. Mia moglie è una gran lettrice di tutti i testi sulla decrescita felice.
il dvd è già uscito, il film è dell'anno scorso...
@Daniele, bella coincidenza... http://pesn.com/2012/10/03/9602200_Infowars--are_you_going_to_have_me_on_your_show_before_mainstream_coverage/
Ecco il dvd su Amazon:
http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C5M%C5Z%D5%D1&url=search-alias%3Daps&field-keywords=economia+felicit%E0
Io acquisto molto su Amazon e mi trovo molto bene.
Servizio molto serio e molto veloce.
Per chiunque abbia un bambino/a, capolavoro assoluto e ineguagliabile:
http://www.youtube.com/watch?v=cSacdNBzB54
Qui su Amazon:
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