Codesto lavoro narrativo non è un lavoro. Sono suggerimenti. Possono venir letti dalla fine all'inizio, o in mezzo e poi di traverso. La paragrafatura consente al lettore e alla lettrice, scusandomi per l'ordine con cui vengo a dire, di interrompere quando lo desidera, per i suoi più piacevoli motivi. Ognun di noi persone ha dei motivi anche quando non ne ha. Il parto è compiuto, i tuoi occhi son belli, sogna pure di pagina in pagina.
(Introduzione de "Il bunker"
di Nicola Castellini)
Ho conosciuto Nicola più di 5 anni fa a Città di Castello, a un concorso letterario dove eravamo stati entrambi premiati. Chiacchierammo. Mi colpì. Sentii una persona autentica: non girava attorno a quei muri che separano le persone fra loro, li dipingeva di vernice fosforescente perché non si potesse far finta di non vederli e poi li buttava giù con getti di parole disarmanti. Era venuto in treno e mi chiese un passaggio per tornare a Perugia. Da quel giorno è nato una frequentazione che, per responsabilità mia, è rimasta un tentativo d'amicizia più che un'amicizia vera e propria. Non me ne sono mai sentito all'altezza. Forse sono approdato troppo tardi all'arte per riuscire a farne un fuoco sacro al centro della vita, distratto da un lavoro fisso, con accanto una famiglia prima e una figlia adesso, ancorato di conseguenza a una qual forma di normale per quanto appagante quotidianità. Il vero artista, l'artista "maledetto" e bohemienne, si fa gioco della normalità, la depista, è oltre. Nicola è così, ha scommesso tutta la propria vita sull'essere artista, e sta vincendo.
La presentazione del suo ultimo libro, Il Bunker, uscito dai tipi di Morlacchi Editori, tenutasi oggi alla Terrazza del Mercato coperto di Perugia, mi ha dato conferma di tutto questo. Nicola ha un grande dono. Per ventura o per sventura, sin da bambino è caduto dentro la vasca dell'inconscio, è andato spesso vicino all'annegare, ma alla fine è tornato in superficie, trasformato in una specie di delfino capace di vivere un po' sott'acqua e un po' nell'aria. Come recita la quarta di copertina del libro "il Bunker è lo scrigno segreto, il tesoro interiore che non apri mai e che tieni stretto perché conserva la tua essenza vitale. È un bambino che sa e vede in purezza. È un cerchio di luce divina, infinita luce che riscalda, illumina, vivifica. L'aurea via di mezzo." Grande metafora quella del Bunker, il luogo che custodisce il nostro Sé, ma allo stesso tempo le mura di cemento che ci impediscono - di norma - di vivere nel mondo a cuore nudo. Nicola ha trovato nella scrittura e nell'arte il modo di vincere la propria timidezza, fino a tirare la testa fuori dal proprio Bunker.
Ed è un libro che colpisce già nell'aspetto: il formato importante, ma non eccessivo (16x19cm per circa 200 pagine), e la carta ambrata dal sapore antico, sottolineano che non si tratta del solito racconto, ma di un oggetto prezioso, nato dalla mente di un soggetto fuori dalle regole; come ben si addice all'idea di bunker, tende più alla forma quadrata che al consueto rettangolo. La scrittura di Nicola Castellini è un flusso dinamico, dove le parole evocano gesti e movimenti, libera da costrizioni eppure corposa e coerente. Un esempio a caso la pagina 69 (che ho anche inviato al sito di Pagina 69) che contiene il 33esimo di 99 paragrafi di cui si compone il libro: frammenti emancipati da tradizionali schemi narrativi e vincoli temporali, secondo le leggi simboliche e astrattive dell'inconscio e dei contenuti onirici.
33.Il bar più fico di Brussel, il pittore leoparda la campana suonar di dieci, suoni psichedelici di donne in francese, di spalle seduto in tavolo di bois si miscelano i pensieri per i pochi clienti di buona mattina i negozi aprono la penna scorre di piacere, la vita bohémienne di una accademia reale di belle arti, e gli uccellini assiepati morbidi di gioia ripetuta, gli occhi furbi di un ramoscello, di un fuscello dalle grandi mani rosa e nere, si incazza come un aereoplano e non posso evitare di ridere, scrivere, mangiare e leccare il sesso poderoso della compagna che sembra un capo tribù, tanto è il suo orgoglio antico, la statuarietà dei suoi movimenti, calmi, lenti e decisi, ritrovando lo stesso occhiaie di baci di ier l'altro, e l'armonia di uno spazio con specchi da condivider d'idee e d'ispirazione. Voglio dell'acqua, la voglio ora, dice N. a Bijou. Le sue trecce di serpente muscoloso ondeggiano l'equilibrio, la forza antica di chi non fa l'amore da anni, il sentirsi amati, importanti, fuori dal bunker familiare, e una autovettura passa, a fianco la polizia in cappello, le armi sono scimitarre gloriose portate in grembo di stomaco, l'organo più importante e intelligente, l'organo del comando.
È una scrittura ambiziosa: cammina sulla strada tracciata da monumenti come James Joyce, Jack Kerouac, Virginia Woolf, Italo Calvino. Ma sembra capace non inciampare.
Non è una lettura facile. Qualcuno potrebbe dire che Nicola si prende gioco del suo lettore. Forse, ma né più né meno di come fa il nostro inconscio coi nostri bisogni di certezze, regole, canoni, categorie. Il realtà direi che invita il lettore a giocare insieme a lui, con la stessa saggezza del bambino che si stupisce degli adulti che non sanno più giocare e ridere di loro stessi.
Auguro a Il Bunker e al suo autore tutto il successo che merita.
1 : commenti:
grazie. Le tue parole al computer danno un senso alla presentazione di ieri e agli sforzi lavoratorivi fin qui fatti per cercare di informare e divulgare, condividere anche l'amore per la scrittura e l'arte totale. Grazie amico e poeta Daniele. Sei nel mio cuore.
Nicola Castellini
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