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venerdì 28 maggio 2010

La rabbia degli statali

...ma da sempre tu sei quella che paga di più se vuoi volare ti tirano giù e se comincia la caccia alla streghe la strega sei tu.
(Edoardo Bennato)

Quale è la percentuale dei "fannulloni" nel pubblico impiego? Visto che la "guerra ai fannulloni" è stata la principale occupazione del ministro Brunetta, un non addetto ai lavori potrebbe immaginare che sono la maggioranza. La realtà è che come pochi decilitri di petrolio bastano per inquinare uno specchio di mare pari a un campo di calcio, così basta una minoranza di lavativi per screditare un'intera categoria. Per esempio, un'amica che come me lavora nel comparto pubblico, mi ha raccontato di un'altra professionista con la sua stessa laurea, che chiamerò Fannullonella, in servizio nella medesima struttura. Bene, la mia amica ha ormai constatato senza ombra di dubbio che Fannullonella viene stipendiata 3500 € al mese per non fare assolutamente nulla, salvo marcare ingresso e uscita. Ovviamente, sia all'amica sia a me, sempre sommersi di lavoro in cambio di 1500 € al mese, basterebbe il pensiero che Fannullonella fosse pagata quanto noi a farci venire un diavolo per capello, figuriamo così! E quello che non comprendiamo e perché i superiori di Fannullonella non prendano provvedimenti. C'è poi il problema della competenza tecnica e delle qualità umane di chi ricopre incarichi di una certa delicatezza. Proprio oggi parlavo con una psicologa di un insegnate sotto indagine a Perugia per gravi azioni commesse contro gli alunni (notizia di oggi in cronaca locale), e lei ha preso la palla al balzo per raccontare che pochi giorni fa un preside le ha detto: "Gli insegnanti problematici non li metto mai tutti nella stessa sezione". Sarà anche una battuta, ma la dice lunga sulla brutta aria che tira nella scuola da un po' d'anni. Quel che è certo è che non si deve fare di tutta l'erba un fascio. In mezzo ai lavoratori di un ministero romano o di un grande ente, può ancora esserci qualche pecora nera imboscata tra i vicoli morti della burocrazia. Ma è molto meno facile che questo accada in un ente pubblico locale come un Comune, i cui dipendenti hanno quotidianamente di fronte cittadini che esigono servizi, o amministratori che chiedono conto dell'avanzamento di mille progetti. Ecco perché un dipendente pubblico coscienzioso rischia l'ulcera ogni qualvolta s'imbatte in un nuovo proclama del ministro Brunetta sulla “guerra ai fannulloni”. Personalmente non gli rimprovero l'intento, quello lo condivido, ma la tattica: non mi pare molto intelligente gettare il napalm su un campo di grano per eliminare le erbacce! Così la maggioranza degli statali, cioè quelli che fanno il loro dovere (e spesso più), sta vivendo il new-deal brunettiano. Non lo dico per difesa di categoria, ma per esperienza diretta, compresa quella di cittadino utente di altri dipendenti pubblici: gli impiegati e i funzionari ligi al loro dovere sono tantissimi, i “fannulloni” sono l'eccezione. A dirla tutta, se finora la nave Stato non è affondata è proprio in virtù dei sacrifici di chi al suo interno si fa in quattro per farla camminare, inventandosi ogni giorno come tamponare carenze di budget, di personale e di mezzi strumentali, in condizioni di lavoro che nel settore privato sarebbero inconcepibili e avrebbero portato al fallimento aziendale.

Brunetta come ha pensato di porre rimedio a tutto ciò? Francamente non si capisce. Ha trasformato i congedi per malattia in quasi-arresti-domiciliari. Ha fatto sì che in un comune composto da 40 dipendenti in gamba, trenta (il 75%) beneficino di tutto il fondo incentivi-produttività e dieci (il 25%) siano in ogni caso “puniti” escludendoli a priori. Queste, in soldoni, alcune delle “innovazioni” previste dalla riforma Brunetta del pubblico impiego. Ho premesso tutto ciò per far comprendere quanto i dipendenti pubblici fossero già esasperati prima, e quanto, con la manovra anti-crisi del governo che va ad abbattersi soprattutto su di loro, siano inferociti adesso. Tanto più che sorge il sospetto che si tratti di un intervento programmato da tempo, procrastinato a dopo le elezioni, spacciato adesso come conseguenza della crisi greca. E a questo punto la pregressa campagna di denigrazione, stigmatizzazione e mortificazione dei dipendenti pubblici fa buon gioco, ché inventarsi un nemico a partire dal minimo casus belli, è sempre stato uno dei trucchi preferiti dai governanti per distrarre l'attenzione dei cittadini dai veri problemi. Del resto, quando tira vento di crisi e recessione e il gettito fiscale si riduce, pochi governi resistono alla tentazione di rompere il salvadanaio del pubblico impiego, piuttosto che pensare, per esempio, a una riforma dell'imposizione fiscale, con aliquote progressive in base al reddito. Pretendere che in tempi di crisi i dipendenti pubblici italiani - già tra i meno remunerati d'Europa, già tassati e tartassati alla fonte - accettino di buon grado di farsi agnelli sacrificali, non è un invito al buon senso, è una sorta di ricatto sociale. Chiederlo proprio a loro che tirano la carretta della pubblica amministrazione e garantiscono servizi pubblici vitali, è manifestazione di quella stessa miopia che taglia i finanziamenti a Scuola, Università e Ricerca, cioè proprio ai settori da cui dipende il futuro di una nazione. Nessuno penserebbe di escludere qualche cilindro al motore di una vecchia auto per farla andare più veloce, eppure questo è l'avventuroso esperimento a cui sta venendo sottoposto l'apparato statale. Ci penseranno poi i nostri figli a sostituire tutto il motore, ci penseranno loro a risolvere il rebus di come smaltire le scorie delle centrali nucleari ecc. Dalla scuola all'atomo: contesti diversi, ma strategie simili, accomunate dalla logica del navigare a stretta vista. Se un radar c'è, si fa finta che non ci sia. È ben significativo di questo ambaradan, l'intervista fatta a Giovanni Favorin (CISL-FP) da Nuccio Natoli (su La Nazione del 24 maggio 2010) 

LA RABBIA DEGLI STATALI 
«Sprechi clientelari, presenteremo i conti» 

«SIAMO STUFI di pagare per tutti, di essere chiamati fannulloni, di fare da capro espiatorio dei peccati che sono di altri. Stiano attenti, stavolta reagiremo». Giovanni Faverin, segretario dei dipendenti pubblici Cisl, più che alla difesa pensa all'attacco. --


Con la manovra si profila una cura pesante per i dipendenti 
«Non è una novità. Cambiano i governi, ma ogni volta è la stessa storia. Se la prendono sempre con noi. Il governo Prodi, ad esempio, ci mise 28 mesi a rinnovare i contratti». -

Quindi siete rassegnati? 
«Al contrario, reagiremo di brutto». --

Ossia, siete pronti a scioperare? 
«Questo lo vedremo, ma sappiamo che dopo un eventuale sciopero cambierebbe poco o nulla. Ma metteremo in piazza tutto quello che sappiamo». --

Vuoi dire che non sono gli statali la palla al piede dei conti pubblici? 
«Non lo dico io, ma i fatti e i numeri. Il costo del lavoro sui conti della pubblica amministrazione pesa solo per il 25%. È il momento di chiedersi da che cosa è fatto il restante 75%, o perché in pochi anni la spesa degli enti locali è triplicata?». -
-
Ci dia la risposta. 
«La prima è che la spesa della pubblica amministrazione nell'ultimo anno è cresciuta del 20%. A fronte di ciò la busta paga dei lavoratori ha seguito a mala pena l'inflazione programmata». --

Come si spiega? 
«In tanti modi. Uno è che ormai c'è un dirigente per ogni dieci dipendenti. Arriva il nuovo ministro e si porta la sua segretaria, nomina dirigenti persone esterne all'amministrazione. Quelli che c'erano prima vengono messi in un angolo, ma continuano a prendere lo stipendio. Moltiplichi la faccenda per tutti i livelli della pubblica amministrazione, compresa quella locale. Hanno fatto il blocco del turn over lesinando le assunzioni a fronte dei pensionamenti». --

Qui il risparmio ci sarà. 
«Invece no, perché, sempre nell'ultimo anno è cresciuta di ben il 50% la spesa per i lavori, anche amministrativi, fatti fare all'esterno e affidati a società costituite da ex dipendenti pubblici. Spesso sono persone che hanno aiutato il politico a vincere l'elezione e vengono così ripagate». --

È aberrante... 
«No, è l'Italia di oggi che vuole fare pagare il conto agli statali dopo averli dileggiati chiamandoli fannulloni. Ha idea di quanto viene spesso in consulenze il più delle volte inutili, in viaggi, missioni, acquisti inspiegabili, eccetera? Sa quanti sono gli enti, tra statali e locali, che sono centri di spesa? Oltre 10mila». --

Che cosa farete? 
«A parte un no secco a ogni ipotesi di riduzione della busta paga, ci stiamo organizzando con uno studio fatto dall'interno sulle spese di ognuno dei l0mila enti. Porteremo in piazza tutto e metteremo nero su bianco nomi e cifre, ogni cosa. Poi lo manderemo alla Corte dei Conti».

2 : commenti:

Fata ha detto...

Ah quei versi di quella canzone ;)

Daniele Passerini ha detto...

Già! ;-)

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