Una breve scambio di parole ieri con Maria Rita, grande appassionata di arte ed eventi culturali, mi ha dato lo spunto per tornare a riflettere sul rapporto - abbastanza conflittuale - che ho con l'ambiente culturale, i suoi riti e le sue regole.
"Ma come - mi ha più o meno detto Maria Rita - pubblichi libri e poi non ti interessi delle tante iniziative culturali che la tua stessa città offre?". Non ho avuto modo di risponderle. E' vero, sono spettatore di pochissime di queste kermesse... e non solo perché non mi avanza tempo: degli avvenimenti culturali la maggior parte (ci sono sempre ottime eccezioni e certo col mio atteggiamento ne perdo parecchie) li trovo noiosi, autoreferenziali, autocelebrativi e soprattutto troppo cerebrali. A parte il fatto che non ci mangio dentro, non sto sputando nel piatto dell'arte: magari semplicemente non sono all'altezza di capire certe sue forme. L'immagine qui accanto invece mi piace (il riferimento all'autore è in calce al post): sento che in qualche modo corrisponde al mio essere e a quello che sto scrivendo ora.
Torniamo alla mia alterità rispetto all'agone culturale. Non è detto che abbia una sufficiente cultura di base per poterci "competere"... pure se ho fatto il liceo classico e mettendo insieme la laurea specialistica in scienze politiche, la laurea breve in servizio sociale, il biennio di ingegneria ho sostenuto e superato 53 esami universitari (raccogliendo pure qualche 30 e lode). Questa formazione è chiaramente incoerente, meno qualitativa che quantitativa: piuttosto che una campo coltivato secondo appezzamenti regolari somiglia ad un orto seminato come ha voluto un vento di spirito incostante.
Dio avrà avuto i suoi buoni motivi a darmi una memoria discontinua e lunatica che di fatto mi rende impossibile possedere una cultura non dico nozionistica ma tale da sostenere una conversazione con un po' di tono e le parole giuste messe nel contesto giusto. So di saper scrivere discretamente; riconosco di non brillare nella conversazione! E non sono nemmeno particolarmente intelligente: quando feci i test del QI al liceo ottenni esattamente il punteggio corrispondente alla media, mentre molti compagni e compagne di classe la superavano.
Anche il mio approccio alla musica è coerente all'incoerenza che mi porto dentro. Ho imparato da autodidatta a suonare la chitarra, molto meglio che un principiante ma ovviamente molto peggio di chi lo fa per mestiere o vocazione. Canto in un coro di discreto livello (quello dell'Università di Perugia) ma non ho una voce tale da potermi permettere pezzi da solista. Riesco a seguire su uno spartito una parte che già conosco, per il resto non ho mai imparato sul serio a leggere il pentagramma.
E non ho manco saputo fare fruttare il primo talento che mi si è manifestato da bambino. Dalle elementari alle superiori son sempre stato il più bravo della classe a disegnare, tratteggiare vignette e caricature dei miei compagni per ridere, ma soprattutto lavori più artistici per appagare il mio bisogno di essere creativo: avrei potuto farne qualcosa di più di un passatempo ma la cosa è morta lì, tanti anni, fa e adesso ho perso la "mano".
Persino in religione son fatto a modo mio: mi considero cristiano (esoterico) ma assolutamente non cattolico. Mi esalto nelle convergenze che vedo nel misticismo di diversi credi. Cerco in ognuno di loro una diversa sfaccettatura che l'uomo ha colto del Divino. Non mi va di appartenere ad una determinata fede perché sento con tutto me stesso che nessuna è completa.
Insomma il leitmotiv della mia vita è spaziare in orizzontale attraverso mille interessi senza mai trovare la voglia di approfondirne in verticale qualcuno in particolare. Per molti anni me ne sono fatto un cruccio, ora lo accetto.
Per usare un'immagine, la mia vita sembra una casa costruita da un muratore ubriaco: niente pareti perpendicolari e angoli a 90°... però mi piace così. Non è un freddo esercizio di design, la sento davvero mia e in tutta la sua serena confusione e inquieta incompletezza mi trasmette comunque calore.
Ho 42 anni e solo due anni fa mi è capitato di pubblicare un libro e fare il bis un anno dopo. Sto cercando tuttora di capire quali novità, profonde, mi porta questa avventura editoriale. Non mi considero un artista, è una parola troppo seria: sono uno che scrive perché gli piace e lo fa stare bene. Mi sento un pesce fuor d'acqua nei "salotti letterari". Amo presentare i miei libri soltanto se si tratta di una chiacchierata informale tra gente normale, altrimenti preferisco starmene zitto. Son contento quando un lettore mi dice che gli ho trasmesso emozioni: non c'è nulla che mi motivi più di questo a continuare a scrivere.
Questo post è venuto così... il quadro che ho inserito in cima è "Confusione" di Carla Petricht... questo è il link per la home del suo interessante sito: navigavo per tutt'altre mete quando una folata di Google mi ha portato sulle sue rive. Mi è parso un bel posto da esplorare e l'ho segnato sulle mie mappe.
"Ma come - mi ha più o meno detto Maria Rita - pubblichi libri e poi non ti interessi delle tante iniziative culturali che la tua stessa città offre?". Non ho avuto modo di risponderle. E' vero, sono spettatore di pochissime di queste kermesse... e non solo perché non mi avanza tempo: degli avvenimenti culturali la maggior parte (ci sono sempre ottime eccezioni e certo col mio atteggiamento ne perdo parecchie) li trovo noiosi, autoreferenziali, autocelebrativi e soprattutto troppo cerebrali. A parte il fatto che non ci mangio dentro, non sto sputando nel piatto dell'arte: magari semplicemente non sono all'altezza di capire certe sue forme. L'immagine qui accanto invece mi piace (il riferimento all'autore è in calce al post): sento che in qualche modo corrisponde al mio essere e a quello che sto scrivendo ora.
Torniamo alla mia alterità rispetto all'agone culturale. Non è detto che abbia una sufficiente cultura di base per poterci "competere"... pure se ho fatto il liceo classico e mettendo insieme la laurea specialistica in scienze politiche, la laurea breve in servizio sociale, il biennio di ingegneria ho sostenuto e superato 53 esami universitari (raccogliendo pure qualche 30 e lode). Questa formazione è chiaramente incoerente, meno qualitativa che quantitativa: piuttosto che una campo coltivato secondo appezzamenti regolari somiglia ad un orto seminato come ha voluto un vento di spirito incostante.
Dio avrà avuto i suoi buoni motivi a darmi una memoria discontinua e lunatica che di fatto mi rende impossibile possedere una cultura non dico nozionistica ma tale da sostenere una conversazione con un po' di tono e le parole giuste messe nel contesto giusto. So di saper scrivere discretamente; riconosco di non brillare nella conversazione! E non sono nemmeno particolarmente intelligente: quando feci i test del QI al liceo ottenni esattamente il punteggio corrispondente alla media, mentre molti compagni e compagne di classe la superavano.
Anche il mio approccio alla musica è coerente all'incoerenza che mi porto dentro. Ho imparato da autodidatta a suonare la chitarra, molto meglio che un principiante ma ovviamente molto peggio di chi lo fa per mestiere o vocazione. Canto in un coro di discreto livello (quello dell'Università di Perugia) ma non ho una voce tale da potermi permettere pezzi da solista. Riesco a seguire su uno spartito una parte che già conosco, per il resto non ho mai imparato sul serio a leggere il pentagramma.
E non ho manco saputo fare fruttare il primo talento che mi si è manifestato da bambino. Dalle elementari alle superiori son sempre stato il più bravo della classe a disegnare, tratteggiare vignette e caricature dei miei compagni per ridere, ma soprattutto lavori più artistici per appagare il mio bisogno di essere creativo: avrei potuto farne qualcosa di più di un passatempo ma la cosa è morta lì, tanti anni, fa e adesso ho perso la "mano".
Persino in religione son fatto a modo mio: mi considero cristiano (esoterico) ma assolutamente non cattolico. Mi esalto nelle convergenze che vedo nel misticismo di diversi credi. Cerco in ognuno di loro una diversa sfaccettatura che l'uomo ha colto del Divino. Non mi va di appartenere ad una determinata fede perché sento con tutto me stesso che nessuna è completa.
Insomma il leitmotiv della mia vita è spaziare in orizzontale attraverso mille interessi senza mai trovare la voglia di approfondirne in verticale qualcuno in particolare. Per molti anni me ne sono fatto un cruccio, ora lo accetto.
Per usare un'immagine, la mia vita sembra una casa costruita da un muratore ubriaco: niente pareti perpendicolari e angoli a 90°... però mi piace così. Non è un freddo esercizio di design, la sento davvero mia e in tutta la sua serena confusione e inquieta incompletezza mi trasmette comunque calore.
Ho 42 anni e solo due anni fa mi è capitato di pubblicare un libro e fare il bis un anno dopo. Sto cercando tuttora di capire quali novità, profonde, mi porta questa avventura editoriale. Non mi considero un artista, è una parola troppo seria: sono uno che scrive perché gli piace e lo fa stare bene. Mi sento un pesce fuor d'acqua nei "salotti letterari". Amo presentare i miei libri soltanto se si tratta di una chiacchierata informale tra gente normale, altrimenti preferisco starmene zitto. Son contento quando un lettore mi dice che gli ho trasmesso emozioni: non c'è nulla che mi motivi più di questo a continuare a scrivere.
Questo post è venuto così... il quadro che ho inserito in cima è "Confusione" di Carla Petricht... questo è il link per la home del suo interessante sito: navigavo per tutt'altre mete quando una folata di Google mi ha portato sulle sue rive. Mi è parso un bel posto da esplorare e l'ho segnato sulle mie mappe.
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