Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Da un po' di anni sono poche le ragioni che riescono a motivarmi ad accendere la TV: la lettura dantesca di Roberto Benigni è tra queste, e lo dico alla faccia di quegli "intellettuali" che lo criticano stile scherza col fante ma lascia stare Dante! Ho appena finito di assistere allo show trasmesso stasera in prima serata su RAI 1 con la stessa struttura di TuttoDante, lo spettacolo che il nostro Pinocchio nazionale ha portato in giro per tutta Italia ed a cui ho assistito il 6 dicembre 2006 qui a Perugia. Ovvero una prima parte - personalizzata in base al luogo e/o ai temi politici del momento - in cui l'inconfondibile verve satirico-politica di Benigni (di cui qualcuno sarà stanco ma a me ancora non annoia) affonda destra e a sinistra e soprattutto a destra, perché - è una sua classica gag - dopo aver stuzzicato il governo (che era di destra) per par condicio adesso tocca prendersela con l'opposizione (che ora è di destra!). E una seconda parte dedicata alla lettura commentata del V Canto della Divina Commedia, il canto dell'Inferno ambientato nel Girone dei lussuriosi, dedicato per antonomasia alla storia di Paolo e Francesca.
Stasera ho provato lo stesso stupore di quando assistetti un anno a TuttoDante dal vivo (esibizione che in verità un po' soffre chiusa dentro un format televisivo). Credo che la grandezza di Benigni stia proprio nella capacità unica di intercalare registri che a tutti gli effetti sembrerebbero inconciliabili, la parodia comica e il sublime poetico, dove questo intercalare diventa progressivamente un passaggio sempre più netto dal primo al secondo registro, dalla goliardica risata "del qui ed ora" alla colta ed eterna poesia "dell'aldilà".
Benigni porta ai massimi livelli quella che anche per me (nel mio piccolo) è un'esigenza pressoché vitale: conciliare insieme gli estremi, dimostrare che ogni cosa può convivere col proprio opposto, indicare che l'essenza dell'arte, della bellezza, dell'emozione consiste nel saperci trasportare in quella dimensione nella quale bianco e nero insieme non stingono in indistinto grigio ma brillano l'uno nell'altro come i tasti d'ebano e avorio del pianoforte. Egli incarna la passione viscerale del satiro e l'innocenza infantile del puer, il demone della battuta e l'angelo del sorriso, cosicché anche quando produce le battute più feroci il loro involucro di sana cattiveria toscana - potenzialmente tossica! - cade subito a terra istantaneamente biodegradato: Benigni rende digeribili ai palati più fini persino le battute più volgari e in questo risiede non solo tutta la sua maestria ma pure un pizzico di magia, che lascia stupiti, affascinati, soddisfatti. Gioca con tutte le nostre corde come un virtuoso con la chitarra: tra le tante scale su cui sale e scende difficilmente prende una sola nota stonata, se appena lo fa la corregge all'istante, prima ancora che la percepiamo. Se glielo permettiamo naturalmente: perché tanto la comicità di benigni quanto la sua spiegazione dantesca sono carnali e falliche, chiare e semplici, richiedono un pubblico "aperto" e consenziente a farsene penetrare.
L'alternanza di tragico e comico, che per quel che so è un segno universale di genio (si pensi al grande Charlie Chaplin), la ritroviamo anche nella sua filmatografia. Mi vengono subito in mente la Tigre e la neve e La vita è bella dove la leggerezza della positività e la forza del sorriso tengono testa senza sfrontatezza rispettivamente alla tragedia contemporanea dell'Iraq e a quella storica dell'olocausto, entrambe epocali. La risata come medicina per il dolore. Ma anche in Johnny Stecchino si scherza sulla piaga della Mafia. La risata per portare la gente a mettere in berlina e seppellire la delinquenza organizzata. Mentre nel Piccolo diavolo un esilarante Belzebù ed un integerrimo sacerdote vanno a braccetto. La risata per mettere d'accordo Peppone e Don Camillo ecc.
L'apoteosi con cui si conclude lo spettacolo del Canto di Paolo e Francesca è la declamazione a memoria, dei suoi 142 endecasillabi a rima alterna. Ecco allora il più grande guitto d'Italia diventare senza alcuna contraddizione di sorta (per il mio personale sentire) il più grande interprete vivente di Dante, con tutta la serietà, intensità, credibilità che questo ruolo impone. Alla fine è lo stesso spettatore che per il pathos cade "come corpo morto cade". Sarò anche un sempliciotto, ma mi dà molte più emozioni questo tipo di lettura che quello alla Carmelo Bene, ed un Dante portato "alle masse" così lo trovo immensamente più efficace di quello che ho studiato al Liceo. Bravo bravo bravo Benigni!
P.S. Benigni è un mito anche per un altro motivo: è l'unico a cui si consente di parlare in televisione per due ore e mezza senza nessuna interruzione pubblicitaria, nemmeno Berlusconi credo ci sia mai riuscito! E' incredibile ma stasera è successo e spero che continui. Infatti Benigni ha annunciato che di qui a gennaio la RAI trasmetterà altre 12 puntate in cui egli commenterà altrettanti diversi Canti della Commedia, però non più in prima serata. RAI ripensaci: continua a mettere Dante e Benigni in fascia oraria prime invece dei soliti inguardabili programmi insulsi, non ci far fare le ore piccole per vedere qualcosa che vale!