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Jan Hendrik Schön |
Lo spunto di queste mie poche righe - che su cortese invito di Daniele sottopongo alla vostra attenzione - nasce da una riflessione a cui mi ha portato Mario Massa mettendomi a conoscenza di un caso che ignoravo del tutto: il caso” Schön alla Bell” (trovate una descrizione esaustiva dei fatti
qui).
In due parole: si tratta della vicenda di uno scienziato tedesco, Jan Hendrik Schön, passato alla storia per una serie di rivoluzionarie scoperte, pubblicate su quotate riviste scientifiche, poi rivelatesi completamente false.
Le conseguenza per Schön sono state, oltre all’evidente totale perdita di credito presso le istituzioni scientifiche e i suoi colleghi, il ritiro del titolo di dottore per condotta disonorevole.
Abbiamo un caso emblematico di contraffazione di dati scientifici, contraffazione di cui aveva tratto vantaggio Schön all’inizio, a svantaggio però delle riviste su cui aveva pubblicato e delle istituzioni e società per cui aveva lavorato.
La comunità scientifica, seppur con ritardo, ha messo in atto delle sanzioni per rimediare a una situazione fuori controllo. Dunque all’interno del proprio campo d'azione la scienza sembra in grado di autoregolamentarsi e porre rimedio ad una situazione anomala.
Ma cosa dire di quando la scienza ha influenza ed effetti al di fuori del proprio campo d'azione? Quando cioè ha effetti sulla vita reale di tutti i giorni, quando sconfina nel mondo del “Negotium”. Quali sono allora i rimedi? Ma soprattutto in questi casi, c’è una responsabilità della scienza e soprattutto, se c’è questa responsabilità, di che responsabilità si tratta?
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Thomas Herndon |
Ebbene quello studio errato, ha condizionato l’economia e la vita degli Stati e degli individui degli ultimi anni.
Qui non siamo in presenza di un caso di contraffazione dei dati, ma possiamo certamente parlare di un caso di grave negligenza, quello si. Da tale situazione non si è forse generato un danno certo per tutti noi, per i nostri portafogli e che forse si ripercuoterà sui nostri figli?
Questo mi porta a fare una considerazione sul grande privilegio che ha la scienza: una libertà e un potere di espressione illimitato e una responsabilità limitata.
Quindi mi domando e domando anche a voi: è giusto che spetti alla scienza questo privilegio di responsabilità limitata, se non quasi nulla?
Nel campo dell’imprenditoria, del lavoro e della libera professione ci sono norme e regole da rispettare e un falso o un caso di grave negligenza sono spesso sanzionati amministrativamente o penalmente; qualora oltre alla violazione delle norme si provochi un danno si può adire la giurisdizione competente per ottenere il risarcimento del danno subito.
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La sentenza de L'Aquila |
Tutto questo non sembrava toccare minimamente la scienza o per lo meno fino a poco tempo fa non era mai successo, fintanto cioè che il tribunale dell’Aquila - con la nota sentenza n. 480/2012 (
qui riportata integralmente) - ha condannato tutti i componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, imputandogli colpe consistite in negligenza imprudenza e imperizia.
Lungi da me esprimere un giudizio sulla correttezza o meno di questa sentenza non ancora definitiva; è evidente che i magistrati si sono posti il problema della responsabilità personale di questi scienziati, ma in senso lato a salire sul banco degli imputati è la scienza stessa.
Evidentemente questa sentenza costituisce un precedente, che ribalta e mette in crisi il postulato da me enunciato poc'anzi: ovvero una libertà e un potere di espressione illimitato e una responsabilità limitata se non quasi nulla.
E allora la domanda che mi pongo e giro anche a voi è questa: per tutela della scienza e del lavoro degli scienziati in primis, non è forse venuto il momento che siano normate e definite le responsabilità della scienza stessa quando interferisce sulla vita della società e delle persone?
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