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sabato 26 dicembre 2015

Pensierino di Natale

97 : commenti


Post di Guglielmo Pepe

L'uso degli slogan è da sempre uno strumento di comunicazione semplice ed efficace, perché la ripetizione continua di una frase finisce per essere acquisita come vera e si trasforma in un assioma. Certamente ci sono slogan talmente poveri e falsi che difficilmente fanno presa su chi è dotato di un minimo di senso critico; ma ci sono altre espressioni, ripetute come dei mantra, che sono difficili da smascherare, anche da chi sia dotato di robusti strumenti culturali. Dico questo, perché mi è caduta l'attenzione su una frase che in questi giorni è ripetuta sempre con maggiore frequenza. La frase è la seguente: un problema complesso richiede soluzioni complesse. L'ho sentita pronunciare un po' da tutti, anche da persone di grande e autorevole cultura e di qualunque appartenenza politica. Se lo dicono tutti allora deve essere vero e anche io, come molti, l'ho accettata senza porvi troppa attenzione; poi, in me, è scattato un dubbio: è proprio vero che un problema complesso debba richiedere necessariamente soluzioni complesse?

Partiamo da un esempio concreto: l'immigrazione. Ci sono politici rozzi, che forse hanno deciso di apparire tali, che ad un problema così complesso propongono soluzioni apparentemente semplici: come l'uso sistematico del respingimento. Chiunque sia dotato di un minimo di buon senso comprende come questa semplice soluzione, a parte l'aspetto umano, è cosa difficile e costosissima da realizzare a meno che non si decida di sparare a vista su chiunque si avvicinasse alle nostre frontiere e il problema si risolverebbe seduta stante. Chi mai sceglierebbe di andare verso una morte certa in un paese straniero? Se proprio devo morire, che avvenga nella mia casa. Sarebbe, inoltre, un modo semplice per aiutarli a casa loro. Ognuno desidera lasciare un segno nella storia, ma diverso è essere ricordati come Erode e diverso è passare alla storia come Alexander Fleming. Questo elementare esempio dimostrerebbe nei fatti che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi a meno che non si voglia abbandonare ogni forma di umanità.

Cerchiamo di vedere la cosa da una diversa prospettiva. La società attuale, rispetto a quella dei primi del Novecento, è molto più articolata e complessa. I ceti sociali sono fortemente mescolati e parlare di classi sociali, nei termini delle culture politiche del Novecento, sembra non avere più rispondenza con la realtà e chi si ostina ad usare quella terminologia viene isolato dal contesto storico. Questo fatto evidenzia un altro mantra che è quello che afferma: le ideologie sono residui del passato. Il problema forse non è tanto l'inattualità delle ideologie quanto l'uso del loro vocabolario. Forse non esiste più la destra e la sinistra, non esistono più il fascismo e il comunismo, ma nessuno potrà negare che c'è differenza tra una cultura solidale ed una cultura che costruisce fili spinati attorno ai propri individualismi.

Partiamo quindi da questo dato: viviamo in una società complessa. In una simile società se cerchiamo di risolvere una specifica ingiustizia rischiamo di crearne un'altra anche più grave e questa situazione porta chi ci governa, pur concedendo loro la buona fede, a commettere gravi errori. Porto questo esempio: immaginiamo di riuscire a ridurre drasticamente le morti premature di milioni di bambini affetti da malattie che nelle società avanzate sono ormai totalmente debellate. Così facendo non aumenterebbero in modo esponenziale le morti per mancanza di cibo? Questo è un ulteriore dato che conferma l'assunto di base.

Tuttavia una società complessa nasce da una società semplice e questo vale anche per i problemi che in essa si generano. Possiamo quindi trovarci di fronte a società complesse con problemi complessi e a società semplici con problemi semplici. Questo stato di cose ci permette, tuttavia, di analizzare i fenomeni risalendo la corrente della complessità sia della società sia dei problemi che quella società ha prodotto e allora ci troveremmo a confrontare due semplicità. In matematica questa operazione si chiama riduzione ai minimi termini di una espressione algebrica così da renderne più semplice la soluzione. Ma procediamo oltre.

Verso i primi del Novecento, l'Europa viveva una situazione di estremo disagio; fatto che ci ha portato a due terribili guerre e a due potenti dittature. Il nazismo e il fascismo. Non prendo in esame la rivoluzione bolscevica perché non è utile ai fini del ragionamento che voglio sviluppare. L'Italia e la Germania, prima di essere dirette da dittature, avevano governi parlamentari democratici e complessi che non riuscivano a dare risposte adeguate alle esigenze crescenti dei loro cittadini. In queste nazioni hanno avuto buon gioco chi si presentava come salvatore della patria. Costoro decisero di semplificare le cose mettendo tutto il potere nelle mani di pochi. Per raggiungere questo risultato attuarono quello che oggi si chiama: colpo di Stato. Cosa ben differente da una rivoluzione, anche se i risultati possono essere molto simili, ma non è questo ciò che serve allo sviluppo del mio pensiero. Un colpo di Stato è una presa del potere delle istituzioni democratiche da parte di pochi per poi promulgare leggi che autorizzino l'eliminazione anche fisica, degli oppositori e rendere sterile ogni terreno che possa alimentare qualunque forma di dissenso. Un colpo di Stato è diverso da una rivoluzione, perché è un'azione condotta da pochi, mentre la popolazione sta a guardare. Una rivoluzione richiede, invece, la partecipazione di una consistente parte del corpo sociale. Vediamo quindi che un colpo di Stato è un modo semplice per mutare un sistema complesso e ciò rende incerto l'assunto dal quale siamo partiti. Ma questo non è certamente un bel quadro.

Oggi molti politologi fanno un parallelo tra la situazione economica della prima metà del Novecento con quella di oggi e così, a seconda delle loro radici culturali, auspicano o temono scenari disastrosi. Tuttavia la storia, pur ripetendosi, si sviluppa secondo percorsi differenti e così avviene che quegli esperti, schiavi della loro stessa esperienza, sbaglino quasi sempre le loro previsioni.

Quando si mette in parallelo un periodo storico del passato con uno attuale è necessario mettere in luce le somiglianze, ma soprattutto le differenze. Le somiglianze tra la fase pre bellica della seconda guerra mondiale e l'attuale situazione di squilibrio economico e di confusione politica è cosa abbastanza evidente. Ciò che invece non è altrettanto chiaro sono le differenze e, per differenze, intendo quelle strutturali. Mi spingo, quindi, ad evidenziare quella che mi sembra la più importante. L'Europa nel suo complesso è un'insieme di Stati nei quali si sono fortemente consolidati i principi democratici in misura decisamente maggiore di quanto lo fossero nella prima metà del Novecento. Questa è, secondo me, la differenza più importante dalla quale occorre partire. Infatti in una democrazia matura, chi vuole prendere il potere, se vuole riuscire nel suo intento, non usa la strada, ormai obsoleta, del colpo di stato (vedi Gelli fase 1 e Gelli fase 2, prima e dopo la caduta del muro di Berlino). Certamente, prima del crollo di quel muro, quella via era ancora possibile, perché sostenuta da potenti interessi stranieri (vedi colpo di Stato in Grecia in Cile e in Argentina). La presa del potere, nei paesi con democrazia matura, deve e può attuarsi attraverso il consenso, quindi attraverso “libere” elezioni. Questo processo è l'inverso rispetto alla tradizionale presa del potere che si raggiungeva con il colpo di Stato. Oggi, prima si conquistano “democraticamente” le istituzioni e poi si mutano le leggi secondo i propri interessi. In passato il percorso era rovesciato. Mi sembra inutile segnalare che questo processo incruento si sta attuando in pieno, soprattutto in Italia, ma sappiamo che l'Italia è sempre stata ispiratrice negativa e positiva verso il resto del mondo (vedi il rapporto tra Mussolini e Hitler e tra Fermi e Hoppenheimer).

Abbiamo visto come le moderne democrazie richiedano una diversa tattica per attuare la presa del potere da parte di pochi per gli interessi di pochi. È forse inevitabile che la presa del potere di molti per gli interessi di molti debba passare attraverso una sanguinosa rivoluzione, oppure questo cambio di scenario ci può indicare una strada meno cruenta come meno cruento si prospetta un colpo di Stato all'interno di una democrazia matura?
È pensabile che una forza sana e totalmente scollegata dalle complessità e dalle pastoie politiche possa ottenere la maggioranza in modo democratico e possa costruire una società che sia guidata da semplici e sani principi, senza scendere a compromessi infettanti? Non sarebbe questa una rivoluzione incruenta?

Io me lo auguro, perché penso che oggi esistano le condizioni affinché ciò possa accadere, ben consapevole che non è affatto detto che un fertile terreno sia sufficiente allo sviluppo di una buona pianta. Ecco che si prospetterebbe un modo semplice per risolvere un problema complesso. Naturalmente ogni riferimento al M5S non è puramente casuale.

Tutto ciò non esclude affatto che si debba abbassare la guardia per evitare che le antiche e terribili abitudini possano ripresentarsi.

Auguri di buone feste a tutti

mercoledì 23 dicembre 2015

Il sorriso nel buio

31 : commenti
Solo un segno
Ci salvò nella notte:
Fu il sorriso.

Post di Franco Sarbia

Ogni notte di qualche anno fa raccontavo ai miei piccoli, Horacio, Martìn e Serafin, una storia sui loro perché. La inventavo ma dovevo essere convincente per mantenere vivo il loro interesse finché non si fossero addormentati. Se li stupivo la loro curiosità si rinnovava la sera dopo.

« Pa’ perché sorridiamo? »

« Dovete sapere, ragazzi, che tanto, tanto, tempo fa l'umanità stava per scomparire. Non eravamo più abbastanza capaci di arrampicarci sugli alberi. Stavamo eretti e il nostro sguardo poteva scrutare l'orizzonte al di sopra delle grandi praterie, ma i feroci predatori, come la terribile tigre dai denti a sciabola, si avvicinavano non visti, nell'erba, ed erano tutti più forti e veloci di noi. Le poche famiglie che riuscirono a salvarsi si rifugiarono allora in una palude fangosa. Là lo stare in piedi era un vantaggio vero, perché nessuno sapeva nuotare nel fango ed i predatori a quattro zampe sprofondavano prima di noi.

Molti umani erano ancora un bel po’ pelosi e nella melma si riempivano di parassiti dei quali non riuscivano a liberarsi. La loro pelle si ammalava e campavano poco. Solo la nostra famiglia e poche altre poterono sopravvivere perché eravamo quasi senza peli: come i maiali, gli ippopotami e gli elefanti. Guai a noi però se si perdevano troppo presto anche i capelli o gli uomini adulti i peli del viso. Si perché i piccoli non riuscivano a tenere la testa fuori dal fango e non potevano avventurarsi da soli finché non fossero cresciuti e non avessero appreso tutti i segreti di quella vita complicata. Così sopravvivevano e diventavano adulti i bimbi capaci d'aggrapparsi ai capelli ricci della mamma. Il papà che era il più forte poteva attraversare il lago fangoso con un cucciolo attaccato ai capelli ed uno aggrappato alla barba, mantenendo le mani libere per difenderli. Di notte la nostra famiglia si rifugiava, come le altre, su un piccolo poggio asciutto circondato dal pantano che chiamavamo: Eden.

Nel buio si sentiva il fruscio di chiunque, persona o animale, s'avvicinasse tra le foglie. Ma non si poteva sapere chi fosse: irriconoscibile, tutto scuro e coperto di fango qual era. Né lo si poteva chiamare perché i predatori ci avrebbero sentito. Così si stava svegli a turno con un gran bastone tra le due mani. Nell'oscurità si potevano scorgere prima gli occhi e poi il biancore dei denti. Ma quando apparivano le lunghe zanne fosforescenti della grande tigre era troppo tardi se già non l'avevi colpita. Allora noi, molto prima di arrivare a tiro del bastone, imparammo a sorridere, a scoprire i nostri denti bianchi, inoffensivi: senza lunghi canini. E al luminoso sorriso di chi giungeva un accogliente sorriso rispondeva. Chiunque altro non fosse stato capace di mostrare in anticipo amicizia, sorridendo, prendeva una legnata proprio tra gli occhi luccicanti, perché un animale feroce subito dopo avrebbe spalancato le zanne, ruggenti dalla rabbia e dal dolore, e avrebbe preso una seconda randellata letale nei denti. Da allora non avrebbe potuto predare più nessuno. Molta gente che non sapeva sorridere morì. Ma la nostra famiglia sopravvisse perché un sorriso dal buio salvò l'umanità».

Franco Sarbia

venerdì 18 dicembre 2015

Astronave Terra; COP21, l'insostenibile speranza di poter fare qualcosa di concreto.

31 : commenti
(Post di Andrea Rampado)
Non occorre sapere tutto
prima di poter sapere qualcosa.
James D. Barrow

Siamo consapevoli - in pochi purtroppo - che il nostro pianeta Terra è una astronave che vaga nello spazio in compagnia di una stella, il nostro Sole. Possediamo risorse limitate; siamo un sistema chiuso nel quale ogni cosa prodotta dall'uomo o ricavata dalle risorse terrestri restano confinate tra cielo, terra e mare, sia di buono che di cattivo. L'unica vera risorsa praticamente illimitata è il nostro Sole che ci fornisce costantemente luce ed energia. Dopo circa 200 anni di rivoluzione industriale quello che l'uomo ha prodotto fino ad oggi ha ridotto la nostra astronave Terra in uno stato comatoso. Scienziati di tutto il Mondo da anni denunciano l'aumento della temperatura media globale, abbiamo la febbre e dobbiamo curarla. La causa principale secondo gli scienziati è l'aumento della concentrazione di CO2 e altri gas come il metano o gli ossidi di azoto nella nostra aria, nella nostra atmosfera. Per questo motivo nei giorni scorsi a Parigi si è parlato e discusso dei cambiamenti climatici in atto e della estrema necessità di porvi rimedio nel più breve tempo possibile. L'ONU ha convocato la COP21, 195 paesi che alla fine hanno sottoscritto un accordo che non mira però alla reale riduzione dei gas serra; lo scopo di questo accordo è mantenere gli attuali livelli di CO2 per contenere le temperature nei limiti massimi di un aumento globale di 2° C. Un accordo di 29 articoli che non prevede sanzioni di nessun tipo per chi non rispetta e non si impegna per questo obbiettivo. Molti media parlano di accordo epocale, ma alla fine sono solo delle deboli promesse con nessun controllore e nessuna sanzione.

C'è poco da fare, vero o non vero (1) che il cambiamento climatico è dovuto alle emissioni antropiche di gas serra (non solo CO2), quello che è importante capire è che questo pianeta è l'unico che abbiamo; 200 anni di rivoluzione industriale e l'incredibile aumento demografico lo hanno praticamente distrutto. Una crescita infinita per definizione è impossibile in un pianeta con risorse finite e limitate. Ma torniamo al COP21, si è discusso della CO2 e dei suoi effetti sul clima, si è discusso su come mantenere l'attuale livello correlando la sua concentrazione con l'aumento delle temperature globali fino ad un massimo di 2° C, ma non si è discusso di altri gas prodotti dall'uomo e dalle sue attività anche loro responsabili dell'aumento delle temperature come il metano e gli ossidi di azoto. Cerchiamo quindi, prima di tutto, di capire quali sono questi gas, che cosa li produce  e se è giusto e perché non se ne è tenuto conto.

Secondo alcuni studi dalla FAO (Food and Agricoltural Organizzation) il settore dell'allevamento è uno dei principali fattori d'impatto ambientale in grado di contribuire in modo sostanziale ai cambiamenti climatici in atto. Nel 2006 un rapporto della FAO (2) ha stimato che i processi che coinvolgono l'allevamento di animali generano gas serra in una percentuale pari al 18% delle emissioni globali prodotte dall'uomo, una quota decisamente superiore a quella prodotta dai trasporti (stradali, aerei, navali e ferroviari), responsabili del 13,5% di gas serra, soprattutto CO2. Nel 2009 una analisi di questo rapporto pubblicata dal Worldwatch Institute (3), ha definito che i gas serra prodotti dal settore zootecnico è superiore al 18%  e  rappresenta una quota pari o superiore al 51% delle emissioni totali globali.
Non ostante l’allevamento di animali contribuisca solo limitatamente alla produzione di anidride carbonica (CO2, il principale gas a effetto serra prodotto dall'uomo) con un 9% del totale, è comunque responsabile della produzione di altri importanti gas serra. Il 35-40% delle emissioni di metano, che ha un effetto 23 volte superiore a quello dell’anidride carbonica come fattore di riscaldamento del globo, il 65% delle emissioni di ossido di diazoto, un gas che ha un effetto 296 volte maggiore della CO2,  il 64% delle emissioni di ammoniaca, un gas che oltre ad un effetto serra 300 volte maggiore della CO2 (trasformato in N2O dai processi naturali nitro-denitro) contribuisce significativamente alle piogge acide e all'acidificazione degli ecosistemi.
Quindi a quanto pare se questi dati, come ho modo di credere sono reali, qualcosa non torna visto che l'accordo sottoscritto tra i 195 paesi che hanno partecipato al COP21 prevede solo il controllo della CO2.
Effettivamente se si va a ben guardare la CO2 è un business; mai sentito parlare di Carbon Credit?
Sono dell'opinione che se oggi esistesse il mercato della Ammonia Credit e del Metane Credit al COP21 si sarebbe discusso anche di questi problemi.
Che cosa sono i Carbon Credit?
Secondo il Protocollo di Kyoto, ogni stato può emettere una quantità fissa di anidride carbonica, che varia da Paese a Paese. Questa quantità prende il nome di “quote di carbonio”. Gli stati che hanno raggiunto un’efficienza tecnologica ed energetica maggiore, e che emettono meno CO2 di quella che è consentita loro, possono vendere le proprie quote non utilizzate agli stati meno efficienti, attraverso lo strumento di mercato detto “Emission Trading”. Ed ecco i carbon credit.
I Carbon Credit possono anche essere generati dalla piantumazione di alberi che assorbono CO2 e vengono quantificati tramite le metodologie scientifiche dell'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) collegate all’attuazione del Protocollo di Kyoto.
La vendita di carbon credit avviene solo tra stati firmatari. Quelli che hanno ridotto le emissioni vendono le proprie quote eccedenti a quelli che hanno attuato una politica energetica meno efficiente, consentendo loro di rimanere in linea con le richieste del Protocollo.
Gli stati che vendono i carbon credit sono quelli che hanno promosso una politica volta all’efficienza energetica. Si calcola tutto in CO2 perché è più "comodo". Utilizzare un’unica unità di misura (la tonnellata di CO2 equivalente, o Ton CO2eq) permette di confrontare diversi tipi di emissioni e di sapere, concretamente, quanto si sta inquinando. 
Il prezzo della compensazione di TonCO2eq dipende dal mercato, secondo la legge della domanda e dell’offerta.
In questo modo anziché avviare un circolo virtuoso è stato avviato un circolo vizioso, infatti se fosse applicata una politica di Carbon Tax ogni stato pagherebbe per ciò che produce, al contrario una politica di Carbon Credit alimenta elusione, evasione, truffe. In pratica il COP21 ha sancito di fatto il diritto ad inquinare, entro certi limiti ovviamente, ma limiti ben superiori a quelli attualmente raggiunti a livello globale.
Invito tutti a guardare la puntata di Report del 31 Maggio 2015, ecco il link:


Il diritto ad inquinare è costato un miliardo di euro fino ad oggi all'Italia, questo grazie ai Carbon Credit, non solo, sulle transazioni dei certificati sono state realizzate truffe miliardarie, La più colossale ha visto come protagonista una piccola società milanese, la Sf Energy Trading, specializzata nel brokeraggio di Carbon Credit (4). In meno di due anni attraverso un sistema di società false, prestanome e fatture gonfiate, che vedeva la complicità di importanti operatori elettrici in Italia, <b>ha creato un giro di affari pari a oltre 5 miliardi di euro e un’evasione dell’Iva di circa 1 miliardo di euro</b>.
A titolo di cronaca segnalo che tra i maggiori attori italiani "speculatori" del clima c'è un certo Carlo De Benedetti (Repubblica e l'Espresso) che con il Gruppo CIR ha fondato "GIGA" (5), società che acquista e vende titoli Carbon Credit internazionali.
Poi a pensar male; basta leggere il rapporto della Banca Mondiale del 2014 (6) nel quale si evince chiaramente che le decisioni e gli accordi del COP21 erano già state definite. Il giro d'affari stimato è di 910 miliardi di dollari per ogni anno dal 2010 al 2050 a fronte di un impegno dei 195 paesi sottoscrittori dell'accordo dal COP21 di soli 100 miliardi di dollari all'anno, solo per le emissioni di CO2, ma anche per il metano e l'ammoniaca si stanno preparando. Ad esempio si sono "accorti" che una mucca produce dai 250 ai 300 litri di metano al giorno e hanno inventato un sistema per stoccare il bio-metano e utilizzarlo inserendo un tubicino nell'intestino della mucca collegato ad un serbatoio esterno. Personalmente penso sia un abominio, qualcosa che dovrebbe essere contrastato in tutti i modi possibili, ma purtroppo il business è business e l'inquinamento è un grandissimo business.
Eppure, visto il recente rapporto dell'OMS, basterebbe cambiare  le nostre abitudini alimentari con un immenso guadagno in salute e al tempo stesso diventando rispettosi della nostra astronave Terra.
Stoccaggio flatulenze bovine (7)!
  1. http://www.petitionproject.org/
  2. http://meteo.lcd.lu/globalwarming/FAO/livestocks_long_shadow.pdf
  3. https://www.worldwatch.org/files/pdf/Livestock%20and%20Climate%20Change.pdf
  4. http://archiviostorico.corriere.it/2008/aprile/21/Intesa_Benedetti_investono_sulla_Co2_ce_0_080421042.shtml
  5. http://archiviostorico.corriere.it/2008/aprile/21/Intesa_Benedetti_investono_sulla_Co2_ce_0_080421042.shtm
  6. http://www.worldbank.org/content/dam/Worldbank/document/Climate/State-and-Trend-Report-2015.pdf
  7. http://intainforma.inta.gov.ar/?p=19084 (aggiornato 28-12-2015)

N.B. Questo post è stato scritto a seguito della richiesta dell'Ing. Mario Massa:
Scusate l'OT, ma mi pare strano che su 22Passi non si parli del Cop21 a Parigi. Anche perchè io non ho capito una cosa: enfatizzano che hanno firmato che non faremo alzare la temperatura della terra oltre 1.5°C nel 2020 rispetto a prima dell'industrializzazione (all'inizio era 2°C). Ma la temperatura da allora si è alzata di 0.8°C. Con l'andamento attuale nel 2020 si alzerebbe di meno di 1°C rispetto a prima dell'industrializzazione. Quindi hanno firmato che possiamo inquinare molto più di adesso? O i miei dati sono sbagliati o non ho capito nulla. (13 dicembre 2015 22:35)

martedì 15 dicembre 2015

Killing cancer?

127 : commenti
(post di pochis40) 

Vi invito ad andare su youtube e scrivere "killing cancer". 

Guardatevi almeno i primi due video. Sono in inglese però hanno i sottotitoli (in inglese, ma è un inglese piuttosto facile). Il tutto dovrebbe essere chiaro anche ai profani, anche se chi ha studiato medicina o biologia lo troverà ancora più chiaro. 

È stato mandato in onda pochi giorni fa il documentario riguardo questa nuova tecnica su Sky, io Sky non ce l'ho ma per fortuna hanno fatto una replica su Sky Tg 24, canale 37 (doppiato in italiano...che bello!). 

[ndr. il link prontamente segnalato da Silvio Caggia è https://youtu.be/sbd5P8CeZ4o:]



Alla fine dell'intervista il giornalista ha fatto una domanda sul tutto e lo scienziato gli ha detto: "Siamo ad una svolta epocale". Le università coinvolte sono quella di Filadelfia, la Mayo Clinic e mi pare quella di Houston (cose di eccellenza quindi).

Buona lettura.
pochis40

P.S. Forse pochis40 - a cui do il benvenuto, essendo un "new entry" del blog - avrebbe potuto fare questa segnalazione in un commento, ma in effetti valeva la pena di dedicare al servizio di Sky Tg 24 in 24 lo spazio di un post, perché certamente stimolerà una discussione interessante.  
Killing cancer? Lo vorremmo tutti. Per adesso - sinceramente - il servizio mi suggerisce anche altri gerundi, tipo fundraising e cherry picking! Del resto lo dicono gli stessi ricercatori intervistati che siamo appena all'alba di una sperimentazione, sono senza fondi per la ricerca, e siamo ancora ben lontani da "numeri" tali da dare un valore "scientifico" ai risultati ottenuti. Un po' come ad oggi, mutatis mutandis, non possono ancora definirsi "scientifiche" la cold fusion e tante altre ricerche di frontiera.

Daniele Passerini
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