"Questo risultato elettorale è il miglior riconoscimento per l’attività svolta dal governo, per le prospettive di stabilità del sistema politico e per la possibilità di realizzare, in questa seconda parte della legislatura, le riforme necessarie per l’ammodernamento e lo sviluppo del nostro Paese".
Con tali parole il Presidente del Consiglio ha oggi ben sintetizzato il significato che attribuisce alle elezioni appena concluse.
Ma quale è lo scarto tra chi lo sostiene e chi non condivide l'operato del governo che guida?
Non trovando sui mezzi d'informazione una risposta chiara, ho fatto due conti da me: ho preso dal sito del Ministero degli Interni i voti validi per l'elezione dei Presidenti di Regione e li ho divisi tra quelli dati alle coalizioni di centro-destra, quelli dati alle coalizioni di centro-sinistra, quelli dati alle altre liste minori non apparentate né alla maggioranza né all'opposizione. Le 13 Regioni in cui si è votato rappresentano oltre l'82% della popolazione Italiana, un campione assolutamente significativo. Il risultato è riassunto nella tabella qui sopra (può essere ingrandita cliccandoci sopra): su 24.867.938 voti validi, 10.892.573 (43,8%) sono andati al centro-sinistra, 12.194.202 (49,0%) al centro-destra, 1.781.163 (7,2%) alle liste minori di Grillini, UdC, sinistre e destre varie. Questo significa che se dieci Italiani si siedono attorno a un tavolo 5 sono favorevoli all'operato del governo in carico e gli danno carta bianca, 5 sono contrari e ne vorrebbero le dimissioni (tra questi ultimi 1 non ripone fiducia né nel PdL-Lega né nel PD-IdV). Se accettiamo dunque il valore referendario dato da Berlusconi a questo voto, non siamo certo di fronte ad un plebiscito, tutt'altro. E i 5 italiani che non lo hanno appoggiato non sono "contro" per partito preso, semplicemente non si riconoscono nell'Italia che lui "raccontata" e "dipinge". Ricordatevi di questo 5 a 5 tutte le volte che chi ci governa tornerà - c'è da scommetterci - a dirsi legittimato dal popolo a infischiarsene dell'opinione di... metà del popolo! Senza entrare nel merito di come sia stato mediaticamente costruito il consenso dei 5 favorevoli, e se si tratti davvero di un "consenso informato", ora più che mai si osserva che l'Italia è un paese perfettamente spaccato in due nell'opinione che ha del suo premier, amato o contestato senza mezze misure, e spaccato in tre nella "geografia politica": Lega al Nord, PD al Centro, PdL al Sud, con poche eccezioni che confermano la regola. Accanto a un PdL che cala, ma tiene, come la Democrazia Cristiana della prima Repubblica, la Lega ha la collocazione nell'elettorato che mezzo secolo fa apparteneva saldamente al PCI. Se la classe politica ex-comunista è ormai costituita soprattutto da "filosofi" che "filosofeggiano" senza saper coinvolgere emotivamente (con poche eccezioni vincenti), la Lega si è radicata nel territorio parlando a operai e contadini in modo semplice e diretto, più populista perfino di Berlusconi (che è pur sempre "il ricco"). Accanto al Don Camillo di Guareschi, oggi ci sarebbe un Peppone leghista, non più comunista! Ci sarebbe da parlare anche di Di Pietro e del successo dei Grillini, a cui Cacciari "poco filosoficamente" vorrebbe dar fuoco... ma non ne posso più! Con questa paginetta chiudo la parentesi elettorale aperta nel blog. Cercherò di tornare a parlare il prima possibile di cose che fanno bene all'anima. Ne abbiamo tutti molto bisogno.
Con tali parole il Presidente del Consiglio ha oggi ben sintetizzato il significato che attribuisce alle elezioni appena concluse.
Ma quale è lo scarto tra chi lo sostiene e chi non condivide l'operato del governo che guida?
Non trovando sui mezzi d'informazione una risposta chiara, ho fatto due conti da me: ho preso dal sito del Ministero degli Interni i voti validi per l'elezione dei Presidenti di Regione e li ho divisi tra quelli dati alle coalizioni di centro-destra, quelli dati alle coalizioni di centro-sinistra, quelli dati alle altre liste minori non apparentate né alla maggioranza né all'opposizione. Le 13 Regioni in cui si è votato rappresentano oltre l'82% della popolazione Italiana, un campione assolutamente significativo. Il risultato è riassunto nella tabella qui sopra (può essere ingrandita cliccandoci sopra): su 24.867.938 voti validi, 10.892.573 (43,8%) sono andati al centro-sinistra, 12.194.202 (49,0%) al centro-destra, 1.781.163 (7,2%) alle liste minori di Grillini, UdC, sinistre e destre varie. Questo significa che se dieci Italiani si siedono attorno a un tavolo 5 sono favorevoli all'operato del governo in carico e gli danno carta bianca, 5 sono contrari e ne vorrebbero le dimissioni (tra questi ultimi 1 non ripone fiducia né nel PdL-Lega né nel PD-IdV). Se accettiamo dunque il valore referendario dato da Berlusconi a questo voto, non siamo certo di fronte ad un plebiscito, tutt'altro. E i 5 italiani che non lo hanno appoggiato non sono "contro" per partito preso, semplicemente non si riconoscono nell'Italia che lui "raccontata" e "dipinge". Ricordatevi di questo 5 a 5 tutte le volte che chi ci governa tornerà - c'è da scommetterci - a dirsi legittimato dal popolo a infischiarsene dell'opinione di... metà del popolo! Senza entrare nel merito di come sia stato mediaticamente costruito il consenso dei 5 favorevoli, e se si tratti davvero di un "consenso informato", ora più che mai si osserva che l'Italia è un paese perfettamente spaccato in due nell'opinione che ha del suo premier, amato o contestato senza mezze misure, e spaccato in tre nella "geografia politica": Lega al Nord, PD al Centro, PdL al Sud, con poche eccezioni che confermano la regola. Accanto a un PdL che cala, ma tiene, come la Democrazia Cristiana della prima Repubblica, la Lega ha la collocazione nell'elettorato che mezzo secolo fa apparteneva saldamente al PCI. Se la classe politica ex-comunista è ormai costituita soprattutto da "filosofi" che "filosofeggiano" senza saper coinvolgere emotivamente (con poche eccezioni vincenti), la Lega si è radicata nel territorio parlando a operai e contadini in modo semplice e diretto, più populista perfino di Berlusconi (che è pur sempre "il ricco"). Accanto al Don Camillo di Guareschi, oggi ci sarebbe un Peppone leghista, non più comunista! Ci sarebbe da parlare anche di Di Pietro e del successo dei Grillini, a cui Cacciari "poco filosoficamente" vorrebbe dar fuoco... ma non ne posso più! Con questa paginetta chiudo la parentesi elettorale aperta nel blog. Cercherò di tornare a parlare il prima possibile di cose che fanno bene all'anima. Ne abbiamo tutti molto bisogno.