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domenica 30 novembre 2008

Una mattina di serendipità

L'amore è la difficilissima comprensione che qualcos'altro all'infuori di noi è reale.
Iris Murdoch
Questo post vuole essere un esempio di come internet (e Google in particolare) ci offra un nuovo modo di selezionare e aggregare, nel groviglio pressoché infinito di dati e stimoli esistenti tra le sue reti, percorsi che non sai mai a quale sorpresa condurranno; seguendo tali "fili" possiamo infatti trovare non solo ciò che cerchiamo, ma molto più, secondo quel concetto che chiamasi serendipidità (serendipity): capacità di cogliere e interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenti in modo inatteso e casuale nel corso di una ricerca. E questo è solo l'inizio delle opportunità che il web 2.0 sta mettendo in campo. Ci sono naturalmente anche aspetti negativi e inquietanti, ma lasciatemi soffermare ora su quelli positivi! E a proposito di percorsi e fili mi viene in mente come potrà cambiare la nostra percezione di muoverci in un territorio - e il nostro stesso rapporto con lo spazio in cui viviamo - per opera di una tecnologia prossima alla commercializzazione, battezzata virtual-cable, di cui ho sentito parlare qualche giorno fa alla radio. L'importante naturalmente è non diventare troppo dipendenti da tali "ausili" tecnologici, saperli usare consapevolmente piuttosto che diventarne schiavi, saperne anche fare a meno insomma!
Veniamo al dunque. Stamattina, curiosando sul sito del Sole 24 ore, sono stato attirato dal titolo di un articolo: "Disegno, dunque sono". Riguardava la carriera di Milton Glaser, un famosissimo grafico-illustratore-designer di cui probabilmente tutti ricordiamo almeno una delle tante creazioni (ad esempio la scritta I love New York, sintetizzata in I N.Y.). Incuriosito da quel che avevo letto, ho trovato su YouTube Art is work, un documentario su Glaser, che credo proprio debba essere stato una delle fonti di chi ha steso l'articolo. A un certo punto del video l'inquadratura si è soffermata su un foglio appoggiato nello studio di Glaser riportava la massima che ho scelto come epigrafe a questo post "LOVE is the extremely difficult realization that something other than oneself is real" nonché nome dell'autrice: Iris Murdoch. Poiché l'unico Murdoch che conoscevo fino ad oggi era il noto magnate delle telecomunicazioni, ho messo in moto Google e ho scoperto che Iris Murdoch (1919-1999) è una scrittrice inglese di origine irlandese, molto celebre nel mondo anglosassone. Tra l'altro è proprio della sua vita e della sua malattia che racconta il film Iris - un amore vero (2001), di cui ricordo di avere sentito parlare e che ora mi riservo di vedere alla prima occasione. A questo punto ho preso un po' di massime tratte dalla produzione letteraria di Iris Murdoch trovate in inglese su wikipedia e le ho tradotte.
  • The chief requirement of the good life... is to live without any image of oneself.
  • Il primo requisito di una vita virtuosa... è vivere senza alcuna immagine di se stessi.
  • We can only learn to love by loving.
  • Possiamo imparare ad amare solo amando.
  • Love is the extremely difficult realisation that something other than oneself is real. Love, and so art and morals, is the discovery of reality.
  • L'amore è la difficilissima comprensione che qualcos'altro all'infuori di noi è reale. L'amore, e così l'arte e la moralità, sono la scoperta della realtà.
  • There is no substitute for the comfort supplied by the utterly taken-for-granted relationship.
  • Non c'è nulla che valga il conforto assicurato da una relazione tale da poter essere completamente data per scontata.
  • I think being a woman is like being Irish... Everyone says you're important and nice, but you take second place all the same.
  • Penso che essere una donna sia come essere Irlandese... tutti ti dicono che sei importante e simpatica, ma allo stesso tempo finisci sempre seconda.
  • Being good is just a matter of temperament in the end.
  • Star bene in fondo è solo una questione di carattere.
  • People from a planet without flowers would think we must be mad with joy the whole time to have such things about us.
  • Gli abitanti di un pianeta senza fiori penserebbero che noi dovremmo essere sempre pazzi di gioia, ad avere tali cose intorno a noi.
  • Almost anything that consoles us is a fake.
  • Quasi tutto ciò che ci consola è falso.
  • Writing is like getting married. One should never commit oneself until one is amazed at one's luck.
  • Scrivere è come sposarsi. Uno non dovrebbe mai impegnarsi finché si stupisce della fortuna di qualcuno.
  • All art is the struggle to be, in a particular sort of way, virtuous.
  • Tutta l'arte è la lotta per essere, in un certo particolar modo, virtuoso.
  • Bereavement is a darkness impenetrable to the imagination of the unbereaved.
  • Il lutto è un'oscurità impenetrabile per l'immaginazione di chi non ha mai perso qualcuno.
  • The sin of pride may be a small or a great thing in someone's life, and hurt vanity a passing pinprick or a self-destroying or even murderous obsession. Possibly, more people kill themselves and others out of hurt vanity than out of envy, jealousy, malice or desire for revenge.
  • Il peccato d'orgoglio può essere una piccola o una grande cosa nella vita di qualcuno, e la vanità ferità un'effimera puntura di spillo o un'auto-distruzione o perfino un'ossessione omicida. Probabilmente le persone uccidono se stesse e altre più a causa della vanità ferita che dell'invidia, della gelosia, del rancore o del desiderio di vendetta.
  • Art is the final cunning of the human soul which would rather do anything than face the gods.
  • L'arte è l'ultimo espediente dell'anima umana, che farebbe qualsiasi cosa pur di non affrontare gli dei.
  • Perhaps misguided moral passion is better than confused indifference.
  • Forse una passione immorale è meglio che una confusa indifferenza.
  • The cry of equality pulls everyone down.
  • Il lamento dell'uguaglianza trascina giù chiunque.
  • But fantasy kills imagination, pornography is death to art.
  • Solo i prodotti della fantasia uccidono l'immaginazione, la pornografia è morte per l'arte.
  • I daresay anything can be made holy by being sincerely worshipped.
  • Oso dire che qualunque cosa può essere resa sacra dall'essere venerata con tutto il cuore.
  • Perhaps when distant people on other planets pick up some wave-length of ours all they hear is a continuous scream.
  • Forse quando i lontani abitanti di un altro pianeta captano qualcuna delle nostre frequenze tutto ciò che ascoltano è uno strillo ininterrotto.
  • The notion that one will not survive a particular catastrophe is, in general terms, a comfort since it is equivalent to abolishing the catastrophe.
  • La nozione che qualcuno non sopravviverà a una certa catastrofe è, in generale, un sollievo da quando corrisponde a impedire il vericarsi della catastrofe.
  • A bad review is even less important than whether it is raining in Patagonia.
  • Una cattiva recensione è molto meno importante che se piovesse in Patagonia.
  • Happiness is a matter of one's most ordinary everyday mode of consciousness being busy and lively and unconcerned with self. To be damned is for one's ordinary everyday mode of consciousness to be unremitting agonising preoccupation with self.
  • Essere felici è una questione che riguarda un nostro consueto quotidiano livello di consapevolezza nell’essere attivi, energici e indifferenti al nostro sé. L'inferno, per il nostro consueto quotidiano livello di consapevolezza, è preoccuparsi incessantemente e tormentosamente del nostro sé.
P.S. Ringrazio la cara Surrealina per la consulenza sull'ultima traduzione: io m'ero un po' impantanato! Buona domenica.

sabato 29 novembre 2008

Cameriere, un caffè e un amore!

Serata di sabato conclusa presto: domattina Arianna ha la sua prima uscita a "giornata-intera" con gli Scout... anzi che è andata a letto alle 23, piuttosto tardi per lei. Però sono contento di andarmene a dormire presto pure io, ho da recuperare un bel po' di sonno dalle ultime settimane. Una giornata serena, piena si sorrisi e risate. Abbiamo scherzato molto insieme, le ho insegnato qualche trucchetto nuovo per disegnare, siamo stati a trovare la sua amichetta Francesca, la cui mamma mi ha cooptato a giocare a Burraco con i suoi amici... erano 20 anni che non giocavo a Burraco e non immaginavo di divertirmi tanto. Più tardi è stata un successone la serata in pizzeria che avevo proposto al mio gruppetto di amici "ristretto". Ci siamo ritrovati al Circoletto di Via dei Filosofi io, Arianna, Chiara, Roberto, Roberta, Marcella, Eva. Pasquale in cucina ha superato se stesso con le sue pizze a cinque stelle. Abbiamo chiacchierato tutti alla grande, persino io, buon segno. Alla fine ho pure incontrato a un altro tavolo Lucia, la storica mezzo-soprano del Coro dell'Università di Perugia, che si è voluta rassicurare che fossi davvero tornato stabilmente a cantare con loro. Quando sono uscito con Ari dal locale, lasciando al tavolo gli altri a proseguire il conviviale, la TV trasmetteva da Torino una partita resa surreale dalla neve che fioccava copiosa e dal pallone che rotolava a rallentatore sul campo imbiancato... e mi è venuto spontaneo giocare con mia figlia a immaginarci camminare e scivolare tra la neve: "Papà ma che fai," mi ha rimproverato, "penseranno che sei matto!". Ma di tutta la sera mi resta, a mo' di sigillo, il lapsus memorabile raccontato da una delle mie amiche: di quando volendo chiedere al bar un caffè e un amaro si è sentita uscir di labbra "un caffè e un amore"... non sono il solo allora! :-)

Ancora Pat Metheny: If I can

Oggi, in attesa di uscire e aspettando che mia figlia finisca i suoi compiti di scuola, mi sento in sintonia con la musica di Pat Metheny: su YouTube c'è davvero l'imbarazzo della scelta, questa If I could (Se potessi) in cui mi sono imbattuto per caso è toccante quasi quanto la canzone che ho postato poco fa... mi sarebbe piaciuto vederla eseguita dal vivo.

Pat Metheny suona Ennio Morricone

Ma quant'è bella! Dico questa versione "live" del love theme della colonna sonora scritta da Ennio Morricone per il pluripremiato Nuovo Cinema Paradiso (1988) di Giuseppe Tornatore. Alla chitarra l'inconfondibile tocco di Pat Metheny, al contrabbasso Christian McBride...



P.S. Dedicato a Paolo Simoncini, in arte Blu

venerdì 28 novembre 2008

A Cesare Tiberio...

Ho ritrovato questo brano inoltratami qualche anno fa via mail, senza fonte ovviamente. Mi piace come è sviluppato, mi piace come ne emerge la resa di una mente onesta di fronte alla forza della fede e del divino. Non vi svelo il finale! :-)
A Cesare Tiberio, appare in Galilea un uomo giovane che, in nome di Dio che lo ha inviato, predica umilmente una nuova legge. Dapprima credetti che sua intenzione fosse di sollevare il popolo contro i Romani. Ma presto i mie sospetti si cancellarono. Gesù di Nazareth parla meglio come amico dei Romani che non dei Giudei. Un certo giorno osservai, tra un gruppo di persone, un uomo giovane che, appoggiato al tronco di un albero, parlava tranquillamente alla moltitudine che lo circondava. Mi si disse che era Gesù. Questo potevo supporlo facilmente per la grande differenza che esisteva tra lui e quelli che lo ascoltavano. La capigliatura rossa e la barba conferivano al suo aspetto un insieme celestiale. Sembrava avesse circa 30 anni. Non avevo mai visto una faccia più amabile e simpatica. Che grande differenza c'era tra lui, con la sua carnagione chiara e quelli che lo ascoltavano con le loro barbe nere! Siccome non desideravo molestarlo con la mia presenza, proseguii il cammino, comandando tuttavia al mio segretario che si unisse al gruppo ed ascoltasse. Più tardi il mio segretario mi informò che non aveva letto mai nelle opere dei filosofi nulla che potesse paragonarsi agli insegnamenti di Gesù. Mi informò che Gesù non era un seduttore, né un agitatore. Per questo decidemmo di proteggerlo. Era libero di agire, di parlare e di riunire il popolo. Questa libertà illimitata provocava i Giudei, li indignava e li irritava; ma non i poveri, solo i ricchi e i potenti. Più tardi scrissi una lettera a Gesù e gli chiesi un colloquio al Pretorio. Si affrettò. Quando il Nazareno apparve, io stavo facendo la mia passeggiata mattutina e nel guardarlo i miei piedi sembravano legati con cinghie di ferro al pavimento di marmo, mentre io tremavo con tutto il corpo come un essere colpevole, mentre lui rimaneva tranquillo. Senza muovermi ammirai per alcuni istanti quest'uomo eccezionale. Non c'era nulla nel suo aspetto che fosse repulsivo, anzi in sua presenza sentii un profondo rispetto. Gli dissi che lui e la sua personalità erano come circondati da una semplicità contagiosa che lo ponevano in cima ai filosofi e ai maestri del suo tempo. A me e agli altri causava una profonda impressione dovuta alla sua amabilità, semplicità, umiltà e amore. Questi sono, nobile signore, i fatti che si riferiscono a Gesù di Nazareth. E mi sono preso tempo per informarti dei dettagli minori di questo tema. Credo che un uomo che sa trasformare l'acqua in vino, che cura gli infermi, che resuscita i morti, che calma il mare burrascoso, non è colpevole di un atto criminale. Come altri hanno detto dobbiamo ammettere che egli sia realmente il figlio di Dio.
Il tuo obbediente servitore, Ponzio Pilato

Quarantanovéne

Sotto l'etichetta CANTIERE CREATIVO inserisco nel blog materiale grezzo da elaborare ancora e che magari, con qualche "limatura", un giorno farà parte di nuove pubblicazioni. Queste tre bozze di poesie - scritte oggi un po' frettolosamente - elaborano in modo diverso la stessa idea-immagine dell'amore, visto come unione e sintesi dei quattro elementi fuoco-terra-aria-acqua: il quaternario si aggrega nella coppia del maschile (fuoco e aria) e del femminile (terra e acqua) e infine il due si fa Uno nelle "nozze alchemiche" di due anime affini e innamorate, complementari e compenetrate. Divertitevi a scoprire perché le ho intitolate quarantanovéne o - meglio - da cosa nasce tale neologismo, che fonde il concetto di quarantena insieme al numero 49. Ha a che fare con la struttura di queste brevi composizioni... su è facile! :-)
Quarantanovéna, in Mi maggiore
La fiamma che si accende e fa bollire l'acqua - il solco che raccoglie quei tuoi sospiri al seno - appendo al porta-chiavi, ma specialmente il viaggio - giammai che il vento chiami.
Quarantanovéna, in Do settima diminuita Per tutta la mia vita. Amerò, vivrò, sarò la candela che reggi la tisana che prendi la terra che cammini l'ossigeno che bruci. Per tutta la tua vita. Quarantanovéna, in Si minore Quaranta e nove anni attizzerò 'l tuo foco - rivolterò le zolle - conserverò la pioggia - restando cuore all'aria... che ne pensi? prometto - e cerco - troppi doni?! P.S. Un grazie di cuore a chi, incolpevolmente, è stata sorgente dell'ispirazione. N.B. del 30/11/08: ho scritto la soluzione in un commento a questo post.

giovedì 27 novembre 2008

L'amore somiglia a un tandem

Mi do mezz'ora di tempo per scrivere questo post: a mezzanotte voglio coricarmi. Troppo facile lasciarsi prendere la mano e fuggire via il tempo, quando si ha un blog da accudire. Stasera mi sono preparato la cena, ho scambiato corrispondenza con un'amica lontana, ho stirato e solo adesso vengo ad aggiungere una chiosa "blogger" alla giornata. Ognuno ha un motivo personale per avere un blog. A me serve per tenere insieme i frammenti della vita in corso. Per scoprire qualcosa di me stesso tramite il rito antico della scrittura. Ad allenarmi a essere ovunque e con chiunque la persona che emerge nei miei libri e in questi post... nella realtà spesso sono diverso: meno fiducioso, più chiuso... le cicatrici di vecchie ustioni hanno indotto nel cuore un po' di riflessi condizionati, chiamiamole paure. Ma cerco ancora il calore di una fiamma. La mia amica dice che sono pochi gli uomini che desiderano essere veramente innamorati. Non ci credo, semmai non lo ammettono. Per come lo desidero l'amore somiglia a un tandem più che a una casa comoda: un viaggio la cui meta è il viaggio stesso. La cosa bella di un blog è che mi permette di esprimere un pensiero semplice come questo ad altre persone invisibili in grado di condividerlo, anche tra un anno magari... simili a chissà quante persone che incrocio tutti i giorni, in coda al supermercato, in una libreria, prendendo un caffè al bar, senza accorgermi io di loro e loro di me. Se invece arrivassi domani in ufficio dicendo che l'amore somiglia un tandem mi prenderebbero per matto... però in fondo mi piacerebbe che lo facessero! Quant'è complicato questo mondo, quant'è facile non incontrarsi, quant'è difficile concedersi di essere se stessi!

mercoledì 26 novembre 2008

L'essenziale è invisibile agli occhi

Dal libro che ha fatto passare alla storia Antoine de Saint-Exupéry, il capitolo che mi ha sempre incantato di più: l'incontro del piccolo principe con la volpe. In quel momento apparve la volpe.
« Buon giorno », disse la volpe. « Buon giorno », rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. « Sono qui », disse la voce, «sotto al melo... »
« Chi sei? » domandò il piccolo principe, «sei molto carino... » « Sono una volpe », disse la volpe. « Vieni a giocare con me », le propose il piccolo principe, « sono così triste... » « Non posso giocare con te », disse la volpe, « non sono addomesticata ». « Ah! scusa », fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: « Che cosa vuol dire "addomesticare"?» « Non sei di queste parti, tu », disse la volpe, « che cosa cerchi? » « Cerco gli uomini », disse il piccolo principe. « Che cosa vuol dire "addomesticare"? » « Gli uomini », disse la volpe, « hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline? » « No », disse il piccolo principe. « Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "addomesticare"? » « È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire "creare dei legami"... » « Creare dei legami? » « Certo », disse la volpe. « Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini e non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. lo non sono per te che una volpe uguale a cento mila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo ». « Comincio a capire », disse il piccolo principe. « C'è un fiore... credo che mi abbia addomesticato... » « È possibile », disse la volpe. « Capita di tutto sulla Terra... » « Oh! Non è sulla Terra », disse il piccolo principe. La volpe sembrò perplessa: « Su un altro pianeta? » « Si ». « Ci sono dei cacciatori su questo pianeta? » « No ». « Questo mi interessa! E delle galline? » « No ». « Non c'è niente di perfetto », sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: « La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? lo non mangio il pane e il grano per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano... » La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: « Per favore... addomesticami », disse . « Volentieri », rispose il piccolo principe, « ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose ». « Non si conoscono che le cose che si addomesticano », disse la volpe. « Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami! » « Che bisogna fare? », domandò il piccolo principe. « Bisogna essere molto pazienti », rispose la volpe. « In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi, nell'erba. lo ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino... » Il piccolo principe ritornò l'indomani. « Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora », disse la volpe. «Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti ». « Che cos'è un rito?» disse il piccolo principe. « Anche questa è una cosa da tempo dimenticata », disse la volpe.« È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! lo mi spingo fino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza ». Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina: « Ah! » disse la volpe, « ...piangerò ». « La colpa è tua », disse il piccolo principe, « io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi... » « È vero », disse la volpe. « Ma piangerai! » disse il piccolo principe. « È certo », disse la volpe. « Ma allora che ci guadagni? » « Ci guadagno », disse la volpe, «il colore del grano '» Poi soggiunse: « Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. « Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto ». Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. « Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente », disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo ». E le rose erano a disagio. « Voi siete belle, ma siete vuote », disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa ». E ritornò dalla volpe. « Addio », disse. « Addio », disse la volpe. « Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi ». « L'essenziale è invisibile agli occhi », ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. « È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi importante ». « È il tempo che ho perduto per la mia rosa ... » sussurrò il piccolo principe per ricordarselo. « Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa... » « lo sono responsabile della mia rosa... » ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
P.S. Quando mi limito a pubblicare brani letterari o file musicali senza tante chiose di miei pensieri attorno, significa che ho avuto troppe cose da fare nella vita reale e poco tempo per specchiarmi allo schermo del computer a scrivere; oppure che le parole o la musica che ho semplicemente "quotato" su Ventidue passi d'amore e dintorni sono talmente belle ed eloquenti da non voler aggiungere nulla. Per questo brano de Il piccolo principe sono assolutamente vere entrambe le circostanze! :-)

lunedì 24 novembre 2008

Una carezza immobile e calda

Poche ore fa ero sdraiato accanto a mia figlia, sopra il piumone, mentre lei cadeva nel sonno. Oggi l'avrei addormentata standole vicino pure se non me lo avesse chiesto: troppo tempo dall'ultima volta. Nel dormiveglia a un certo punto s'è girata di fianco, dandomi le spalle: padre e figlia nella stessa posizione fetale. Ho poggiato il palmo della mano sopra il suo orecchio destro, le dita lungo la tempia, l'attaccatura del polso sulla piccola guancia. Una carezza immobile e calda per dirle quanto le voglio bene. Allora è arrivata un'immagine, una percezione... come la risposta a un desiderio inespresso: un'altra mano calda, poggiata sul lato destro del mio volto; e padrona di quella mano e lungo la mia schiena, la donna che da molti anni incontro solo nei miei sogni, ché nella vita m'accontento di suoi fantasmi o lontane cugine. E ancora un nuovo pensiero: dietro me, dietro le sue spalle, una catena infinita di mani, corpi, amori, nascite e morti, spiriti addormentati e quieti nella notte di tutte le notti. Solo un attimo e la scena è svanita, siamo tornati ad essere triade, Arianna, io e l'altra presenza invisibile, in un cerchio di dolcezza e tepore. Ed ecco un'ultima sorpresa, a portare via ogni tensione del giorno e sciogliermi un sorriso sereno: ho sentito una grande calda mano scendere e allargarsi fino a coprire con un'unica carezza tutti e tre, recando pace, fiducia, speranza. Finalmente. Ho aperto gli occhi; ho ascoltato il respiro della mia bambina sussurrarmi che dormiva; solo allora ho sollevato la mano e sono sceso dal suo letto. Senza nessun altro.

domenica 23 novembre 2008

Oggi pomeriggio sono stato...

Oggi pomeriggio sono stato, insieme a un po' di amici del Coro dell'Università, reduci quanto me dai bagordi della festa di ieri sera, a visitare l'Abbazia di Montelabate a venti minuti d'auto da Perugia. Cito da un pieghevole che ho trovato in loco: "La storia dell'Abbazia di Montelabate inizia, secondo alcune fonti, nel IX secolo: una Bolla Pontificia del 969 di Papa Giovanni XIII dà ordine all'Abate Pietro di ristrutturare il monastero e farvi crescere un nuovo cenacolo benedettino. Il massimo splendore fu raggiunto dal 1200 al 1300 (...). Con l'Unità d'Italia, l'Abbazia divenne proprietà dello Stato per poi passare a diversi privati. La chiesa romanico-gotica, ha una facciata semplice con un grande rosone e porta ad ogiva, ad una navata, sotto la quale si trova la cripta, la parte più antica del complesso." Ho apprezzato in particolare proprio la Cripta del IX secolo e ancora di più il Chiostro del 1230, per l'allegro caos di stili presenti in colonne e capitelli, effetto probabilmente dell'utilizzo di materiali recuperati da altre costruzioni anteriori. Peccato che abbia scordato di portare con me la macchina fotografica! Bellissimo anche il paesaggio circostante e i colori di questo momento, il verde sui prati seminati a foraggio, il marrone dei campi arati, l'arancio e il rosso delle fronde secche dei boschi. Il colpo d'occhio che si godeva da Montelabate secoli addietro non doveva essere molto diverso da quello odierno, infatti, pur trattandosi di una zona coltivata sono pochi i segni di antropizzazione, giusto un paio di case coloniche e qualche paese in lontananza su qualche collina più alta. All'orizzonte, a una quindicina di chilometri in linea d'aria, s'indovina persino il profilo di Perugia: se ne intravede appena la sagoma del campanile di San Pietro. Mi ha sorpreso scoprire che fino al Quattrocento questa piccola Abbazia fosse una vera e propria potenza, basti pensare che i suoi possedimenti coprivano buona parte dell'attuale provincia di Perugia. Poi di colpo cadde in decadenza e se ne ignora il motivo. Dagli anni '50 appartiene alla Fondazione Gerolamo Gaslini e pertanto viene aperta al pubblico solo su richiesta o per qualche occasione particolare. Inoltre era stata gravemente danneggiata dagli ultimi terremoti che hanno reso necessari lunghi lavori di consolidamento e restauro. Fatto sta che l'avevo visitata di sfuggita un'unica volta, circa vent'anni fa, quando lavoravo lì vicino. Oggigiorno è anche il cuore di una tenuta agricola con 40 ettari di oliveto: l'occasione delle porte aperte di questo weekend era infatti la vendita dell'olio, con tanto di squisiti assaggi di bruschetta e vino novello. PER CHI VUOLE SAPERNE DI PIÚ - Maggiori informazioni storiche sull'Abbazia di Montelabate. - Dove è e come ci si arriva. - Un mucchio di foto! P.S. Dimenticavo di menzionare chi, oltre ad averci proposto questa gitarella turistica, ci ha fatto pure da guida. Non esagero: dell'Abbazia conosceva i proverbiali vita, morte e miracoli. Grazie Chiara: impagabile come sempre!

La volontà di Billy McLaughin

Fino a ieri di Billy McLaughlin sapevo che era un chitarrista americano, grande interprete dello stile tapping, sul genere del compianto Michael Hedges. Nulla di più. Stamattina, cercando qualche sua esibizione registrata su YouTube ho scoperto la sua incredibile storia. Dopo oltre 20 anni di carriera di musicista e compositore, con concerti eseguiti in ogni parte del mondo, nel 1999 iniziò ad avere problemi di coordinazione alla mano sinistra (quella principale per i chitarristi) sempre più accentuati, fino a perderne quasi del tutto la mobilità. Nel 2001, i medici gli diagnosticarono la distonia focale, una malattia neurologica incurabile che impedisce al cervello di comandare gli arti e le varie parti del corpo. La sua carriera di musicista era finita. Ma Billy non si è scoraggiato. "Salve, distonia focale, benvenuta nella mia vita," si è detto e poiché era ancora capace di utilizzare al 100% la mano destra, per quattro anni si è totalmente dedicato a imparare a suonare ex novo il suo strumento e la sua musica da mancino, nota dopo nota; allo stesso tempo ha rieducato con determinazione la sinistra in modo che potesse accompagnare sulle corde dei bassi le melodie costruite dalla destra. Dal 2006 Billy McLaughlin è tornato a calcare i palchi e a incidere dischi. Il video che propongo qui di seguito riguarda proprio la sua seconda vita musicale! APPROFONDIMENTI Qui il video (in inglese) che ho utilizzato come fonte principale per ricostruire la vicenda di Billy McLaughlin. Qui la pagina dedicata su Wikipedia a questo grande musicista e ancor più grande uomo. Qui un altro bel video, però di prima della malattia, quando suonava con la mano sinistra. P.S. Vedere e ascoltare questo video pensando alla volontà e al coraggio che stanno dietro alla performance mi ha commosso fino alle lacrime. Billy, giustamente ha detto che per lui suonare ancora è un miracolo e che si considera molto fortunato.

sabato 22 novembre 2008

Non tutte le strade sono un percorso...

Ringrazio l'autrice del blog El sueño creador per avermi fatto incontrare nuovamente una canzone di Niccolò Fabi che avevo ascoltato di sfuggita alla radio un paio di volte qualche anno fa (l'album da cui è tratta - La cura del tempo - è del 2003) e della quale mi ero completamente scordato. Come prima associazione alle parole del testo mi viene in mente L'alchimista di Coelho: non ho il libro tra le mani ma, se non erro, una parte della storia si svolge proprio nella bottega di un antiquario.
N.B. Ho evidenziato nel testo le parti che mi toccano in particolar modo.
Il negozio di antiquariato Non si può cercare un negozio di antiquariato in Via del Corso ogni acquisto ha il suo luogo giusto e non tutte le strade sono un percorso Raro è trovare una cosa speciale nelle vetrine di una strada centrale per ogni cosa c'è un posto ma quello della meraviglia è solo un po' più nascosto il tesoro è alla fine dell'arcobaleno che trovarlo vicino nel proprio letto piace molto di meno Non si può cercare un negozio di antiquariato in Via del Corso ogni acquisto ha il suo luogo giusto e non tutte le strade sono un percorso Come cercare l'ombra in un deserto o stupirsi che è difficile incontrarsi in mare aperto prima di partire si dovrebbe esser sicuri di che cosa si vorrà cercare dei bisogni veri allora io propongo per non fare confusione a chi ha meno di cinquant'anni di spegnere adesso la televisione Non si può entrare in un negozio e poi lamentarsi che tutto abbia un prezzo se la vita è un'asta sempre aperta
anche i pensieri saranno in offerta
Ma le più lunghe passeggiate le più bianche nevicate e le parole che ti scrivo non so dove l'ho comprate di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta perché l'argento sai si beve ma l'oro si aspetta.
P.S. Ho meno di cinquant'anni è la televisione è l'elettrodomestico meno utilizzato che ho a casa! Sono d'accordo con Fabi, più la teniamo spenta meglio è! :-)

Fiorellini alla finestra della cella...

Ringrazio il blog Molestine moleskine per avermi fatto imbattere nell'analisi spietata che Silvano Agosti fa del modello di vita occidentale: un do ut des asimmetrico a cui siamo stati socializzati e assuefatti come se fosse naturale e necessario. Tutto vero, purtroppo, visceralmente, lucidamente e drammaticamente vero... vorrei solo sapere da che parte dobbiamo girarci per uscire fuori dalla nostra "cella". Fermo restando che dalla critica è necessario passare a una proposta e che ciò che diventa coscienza va trasformato in azione, di questo "Discorso tipico dello schiavo" condivido più o meno tutto tranne un punto: non credo che questa sia l'unica vita che abbiamo. Però la fede in Dio e nella "teoria" della reincarnarnazione (per quest'ultima oramai si può quasi parlare di evidenza scientifica) non le intendo come consolazioni e alibi per sopportare la condizione di asservimento generale delle masse: penso che l'umanità dovrebbe sul serio trovare il modo di ribellarsi a uno status quo che nega l'uguaglianza delle persone e le aliena dal senso della vita, dal contatto col divino, dal loro . Buon 22 novembre. P.S. Inserisco anche la trascrizione del Discorso tipico dello schiavo di Silvano Agosti Uno degli aspetti più micidiali dell'attuale cultura è di far credere che sia l'unica cultura, invece è semplicemente la peggiore. Beh, gli esempi sono nel cuore di ognuno: per esempio il fatto che la gente vada a lavorare sei giorni alla settimana è la cosa più pezzente che si possa immaginare. Come si fa a rubare la vita agli esseri umani in cambio del cibo, del letto, della "macchinetta"... Mentre fino ad ieri credevo che mi avessero fatto un piacere a darmi un lavoro, da oggi penso: Pensa questi bastardi che mi stanno rubando l'unica vita che ho, perché non ne avrò un'altra, c'ho solo questa... e loro mi fanno andare a lavorare cinque volte, sei giorni alla settimana e mi lasciano un miserabile giorno... per fare cosa? come si fa in un giorno a costruire la vita?! Allora, intanto uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero, perché se no, anche se un giorno la porta sarà aperta, lui non vorrà uscire. Deve sempre pensare, con una coscienza perfetta: Questi stanno rubandomi la vita, in cambio di due milioni e mezzo al mese - bene che vada - mentre io sono un capolavoro il cui valore è inenarrabile. Non capisco perché un quadro di Van Gogh debba valere 77 miliardi e un essere umano due milioni e mezzo al mese, bene che vada. Secondo me, poi... siccome c'è un parametro che, con le nuove tecnologie, i profitti sono aumentati almeno 100 volte... e allora il lavoro doveva diminuire almeno 10 volte! Invece no! L'orario di lavoro è rimasto intatto. Oggi so che che mi stanno rubando il bene più prezioso che mi è stato dato dalla Natura. Pensa alla cosa più bella che la Natura propone, che è quella di - mettiamo - di fare l'amore, no?! Immagina che tu vivi in un sistema politico, economico e sociale dove le persone sono obbligate, con quello che le sorveglia, a fare l'amore otto ore al giorno... sarebbe una vera tortura. E quindi perché non dovrebbe essere la stessa cosa per il lavoro? che non è certamente più gradevole di fare l'amore, no?! Per esempio il fatto che la gente vada a lavorare sei giorni alla settimana... certo c'ho il mitra alla nuca... lo faccio, perché faccio il discorso: Meglio leccare il pavimento o morire? Meglio leccare il pavimento, ma quello che è orrendo in questa cultura è che è diventata addirittura una aspirazione, capisci? Ma è mostruoso che il tipo debba andare a lavorare 8 ore al giorno e debba essere pure leccare il pavimentograto a chi gli fa leccare il pavimento, capisci? Tutto ciò è "oggettivamente" mostruoso, ma là dove la coscienza produce coscienza, tutto ciò è "effettivamente" mostruoso... INTERLOCUTORE: Si va be', ma ormai è irreversibile la situazione... Si, tu fai giustamente un discorso in difesa di chi ti opprime, perché è il tipico dello schiavo, no?! Il vero schiavo. Il vero schiavo difende il padrone, mica lo combatte. Perché lo schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà. Ma rispetto a quello che tu mi hai detto adesso: quando Galileo ha enunciato che era la Terra a girare intorno al Sole, ci sarà sicuramente stato qualcuno come te che gli avrà detto: "Eh sì! sono 22 secoli che tutti dicono che è il Sole che gira intorno, mo' arrivi te a dire questa stronzata... e come farai a spiegarlo a tutti gli esseri umani?" E lui: "Non è affar mio, signori..." "Allora guarda, noi intanto ti caliamo in un pozzo e ti facciamo dire che non è vero, così tutto torna nell'ordine delle cose..." Hai capito? Perché tutto l'Occidente vive in un'area di beneficio. Perché sta rubando 8/10 dei beni del resto del Mondo. Quindi non è che noi stiamo vivendo in un regime politico capace di darci la televisione, la macchina... no! È un sistema politico che sa rubare 8/10 a 3/4 di Mondo e che dà un po' di benessere a 1/4 di Mondo, che siamo noi... quindi, signori miei: o ci si sveglia, o si fa finta di dormire... o bisogna accorgersi che siete tutti "morti".

venerdì 21 novembre 2008

Caleidoscopi e altre poesie dell'autunno

Stasera sento nelle vene un po' di surreale adrenalina. E seguendo il filo di un'associazione di idee che mi ha portato poco fa l'immagine di un caleidoscopio, voglio dedicare un frammento di Sospensioni di gravità, il suo terzo settenario, a una persona che - proprio perché avvolta nel mistero - accende la mia gentile e rispettosa curiosità. Si tratta del settenario dell'autunno, collegato all'ultimo quarto di Luna (calante).
Caleidoscopi Ecco un mosaico nuovo da ricomporre ancora rubini a frammentare i vezzi sopra un viso per farne con le schegge caleidoscopi e baci. Giochi di regina La sposa è fuggita e le coppe versò. La maga mi squadra reclama denari. La donna di fiori aguzza le spade. La geisha si picca di pochi bastoni. Come quando fuori piove sui tuoi giochi e gira e rimischia mi batti le mani. Silenzi d'autunno Sul cadere dell'autunno lancette leste le foglie volano ai cuori sereni e scompigliano le chiome degli animi in tempesta, custodiscono silenzi, portano ricci marroni ed il suono di castagna delle frasi che non apri. Rumor di Luna La tua voce non dice, incolla francobolli a sogni prioritari sbatte ore e minuti al muro scarica sacri virus nel cuore digita bianco rumor di luna. Innamoràle (già presente nel blog) Propositi di re diverrò un migliore sovrano saggio vincitore dei pensieri premuroso costruirò la reggia cara alla regina del mio cuore sopra le nubi sopra la pioggia senza fossi mura porte chiavi nove camini accesi d'inverno e vasche profumate d'estate sette sale per danze e musica giardini per fartene ghirlanda Se dubito non amo (già presente nel blog)
Nota bene. Ciascuna poesia di ogni settenario è legata a uno dei 7 "pianeti" dell'astrologia antica. Nel caso del settenario dell'autunno la sequenza è:
  • Caleidoscopi (1/3) e Sole;
  • Giochi di regina (2/3) e Mercurio;
  • Silenzi d'autunno (3/3) e Venere;
  • Rumor di Luna (4/3) e Luna;
  • Innamoràle (5/3) e Marte;
  • Propositi di re (6/3) e Giove;
  • Se dubito non amo (7/3) e Saturno.

A tutte le donne, con amore (Women in Art)

Leonardo Da Vinci, Raffaello Sanzio, Tiziano Vecellio, Sandro Botticelli, Giovanni Antonio Boltraffio, Albrecht Dürer, Lucas Cranach il vecchio, Antonello da Messina, Pietro Perugino, Hans Memling, El Greco, Hans Holbein, Fyodor Stepanovich Rokotov, Peter Paul Rubens, Gobert, Caspar Netscher, Pierre Mignard, Jean-Marc Nattier, Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun, Sir Joshua Reynolds, Franz Xaver Winterhalter, Alexei Vasilievich Tyranov, Vladimir Lukich Borovikovsky, Alexey Gavrilovich Venetsianov, Antoine-Jean Gros, Orest Adamovich Kiprensky, Amalie, Jean-Baptiste Camille Corot, Édouard Manet, Flatour, Jean Auguste Dominique Ingres, William Clark Wontner, William-Adolphe Bouguereau, Comerre, Leighton, Blaas, Renoir, Millias, Duveneck, Cassat, Weir, Zorn, Alphonse Mucha, Paul Gaugan, Henri Matisse, Picabia, Gustav Klimt, Hawkins, Magritte, Salvador Dali, Malevich, Merrild, Modigliani, Pablo Picasso: cinquecento anni di ritratti femminili nell'arte occidentale.



Stavo andando a letto, quando mi sono imbattuto su Facebook in questo video. Non ci sono parole... è emozionante! L'opera d'arte è per definizione un veicolo di essenza. In questa "galleria di volti" (uno, nessuno, centomila) è rappresentata veramente tutta l'essenza della donna: mirandola ho avuto la precisa sensazione di abbandonarmi alle onde dell'archetipo femminile. E la sento ancora...
  • Il video, realizzato da Philip Scott Johnson, un video-artista statunitense, è stato nominato Most Creative Video 2007 YouTube Awards. Per vedere questo e altri suoi video in alta risoluzione, ecco il link.
  • La musica di sottofondo è di Bach, la Sarabanda dalla Suite per Violoncello N. 1 in Sol Maggiore, BWV 1007, eseguita da Yo-Yo Ma.
  • Qui l'elenco completo di tutte le opere utilizzate nel video.

giovedì 20 novembre 2008

Le forme variabili della sfera privata

Oggi pomeriggio ho passato qualche ora con un vecchio caro compagno di liceo. Non lo vedevo davvero da tanto tempo, ma è stato come fossero passati solo pochi giorni dall'ultima volta. Forse certe amicizie sono come le biciclette: anche se non ci sali sopra a lungo, non dimentichi mai come ci si va. L'occasione di rivedere il mio amico è stata una questione "legale" che gli ho affidato... ma questa è un'altra storia. In previsione del nostro appuntamento e non avendo più mie notizie da diversi anni, aveva "indagato" su me tramite Google e ovviamente aveva trovato questo blog! Così la prima cosa che mi ha chiesto è stata più o meno: "Senti, scusa se ti faccio questa domanda, ma perché parli delle tue cose private sul blog? Non ti dà fastidio che tutti sappiano i fatti tuoi?"
Già un paio di volte mi sono state rivolte osservazioni simili. La mia prima reazione è sempre quella di cadere dalle nuvole: "Ma no, ma cosa dici, guarda che mica parlo dei cavoli miei!" Poi riflettendoci preciso: "Beh, sì, magari ogni tanto qualcosa ci scappa, però è talmente poco rispetto a ciò che resta chiuso nella mia sfera privata..." Oggi ho aggiunto: "Forse poniamo il confine di ciò che è 'privato e intimo' e ciò che è 'condivisibile con chiunque' a distanze diverse. Dal mio punto di vista, parlerei dei 'fatti miei' se raccontassi - giusto per fare un esempio - con chi sono stato a letto ieri e che cosa abbiamo fatto, ma naturalmente non lo faccio! Mettiamola così, sul blog non scrivo nulla che non direi a una sconosciuta o uno sconosciuto incontrati sul treno, qualora m'andasse di chiacchierare con loro." In 22 mesi, e oltre 500 post pubblicati su Ventidue passi d'amore e dintorni, avrò inserito due o tre foto che mi ritraggono; la stessa proporzione (meno dell'1%) - a parer mio - è quella del privato che ho reso pubblico: non proprio infinitesimale, ma quasi. Magari mi faccio un po' più lo scrupolo di avere pubblicato un paio di foto di mia figlia - una perché era insieme a Giovanni Allevi, l'altra perché aveva sullo sfondo le piramidi di Giza - e un piccolo video su YouTube, solo perché era curiosa di vedersi lì. Nulla di più. Se parlo di me, di lei, di qualche attrito tra me e sua madre e delle mie disavventure di cuore in generale, non è per protagonismo né per esibizionismo né per narcisismo. Chi mi conosce nella realtà, sa benissimo quanto sono riservato. Qui condivido con gli sconosciuti o con gli amici (e spesso sui blog nascono inattese commistioni tra questi due concetti) esclusivamente informazioni e faccende che giudico possano essere interessanti e utili per qualcuno. Se parlo della mia vita, al limite mi si può rimproverare di scivolare su intenti didattici e didascalici, okay, ma non certo di essere tipo da "outing" gratuiti. Last but not least, l'autenticità e la sincerità per me devono essere i primi valori di riferimento di chi scrive in pubblico (cioè su un blog, su un giornale, su un libro ecc.): escludendo la propria diretta esperienza dalla narrazione diventa molto più difficile essere autentici e sinceri. Una buona giornata.

mercoledì 19 novembre 2008

Quel che i bambini vedono i bambini fanno

Sapere comunicare con chiarezza un concetto importante solo tramite il video, rendendo del tutto inutile il ricorso al linguaggio e colpendoci - bypassata la nostra parte razionale - direttamente nel profondo, non è solo abilità da grande pubblicitari, è qualcosa che tocca molto da vicino l'arte. Bando alle chiacchiere: questo video suggeritomi dall'amico Piero Sirianni (grazie mille!) è assolutamente eccezionale. La visione dovrebbe essere resa obbligatoria in primis per ogni genitore e in generale per qualsiasi adulto.
Senza parole... anzi no, soltanto una: responsabili.

Edificati dimore più maestose

Da Il Nautilo intrappolato [The Chambered Nautilus] di Oliver Wendell Holmes (1809-1896) Edificati dimore più maestose, anima mia! Mentre le brevi stagioni si succedono abbandona il tuo passato dall’angusta arcata! Lascia che ogni nuovo tempio, più nobile dell’ultimo, ti chiuda al cielo con una cupola più vasta fino a che tu sia finalmente libera di abbandonare la tua ormai inutile conchiglia lungo il mare irrequieto della vita. Build thee more stately mansions, O my soul, As the swift seasons roll! Leave thy low-vaulted past! Let each new temple, nobler than the last, Shut thee from heaven with a dome more vast, Till thou at length art free, Leaving thine outgrown shell by life's unresting sea!
Questo brano, ben noto in ambienti antroposofici ed esoterici in generale, è una metafora molto suggestiva - per chi non ha pregiudizi contro la teoria della reincarnazione - del ciclo di rinascita dell'anima, visto correttamente al pari di un percorso evolutivo, ascendente e a spirale. Come se a ogni incarnazione (vita terrena) dell'anima corrispondesse un rafforzamento del suo "corpo di luce", allo stesso modo in cui nuovi "anelli" d'accrescimento si aggiungono alla conchiglia del nautilus mano a mano che il mollusco cresce.