Ho preso l'abitudine di
valutare l'importanza delle azioni politiche nei tempi lunghi. È un
fatto evidente, oggi più che in passato, che la crescente fame di
energia, la sua produzione ed il controllo di quella risorsa,
rappresenti il fondamento su cui si regge la civiltà. Per questo
motivo, ogni volta che si forma un nuovo governo, la prima cosa su
cui metto l'attenzione è la politica energetica che intende
applicare.
Chi ha dato il via ad un
diverso modello di sviluppo energetico nel mondo, spingendo
l'acceleratore sull'applicazione di energie alternative
eco-sostenibili, è stata la politica europea quando a dirigerla fu Romano Prodi. Fu lui che tra il 1999/2004, in qualità di presidente della
commissione europea, nominò Jeremy Rifkin suo consigliere personale
per le questioni energetiche. Economista visionario che mise a punto
il piano energetico europeo.
Rifkin comprese tre cose
di importanza strategica:
- energia uguale potere;
- se
l'energia è potere si deve limitare al massimo la produzione di
grandi impianti a vantaggio di quelli piccoli e medi;
- l'energia
non deve essere inquinante, perché i costi umani ed economici
dell'inquinamento non sono prevedibili e quindi calcolabili, sempre
che si voglia dare un valore alla vita umana.
Con Prodi l'Europa varò
il piano energetico e la Germania fu la prima nazione a comprenderne
l'importanza dando il via ad un ciclo virtuoso che ha fatto da
esempio e stimolo al resto del mondo. Tuttavia la Germania ha
privilegiato la messa in opera dei grandi impianti ecologici
alternativi soprattutto per gli interessi della Siemens che, in
quanto potentissima azienda privata, deve mettere al primo posto i
propri interessi rispetto a quello dei cittadini. Non necessariamente
questi interessi sono conflittuali, ma quando non lo sono è solo
per casuale coincidenza. Questa è la sostanziale differenza tra
politica ed economia. Siemens quindi ha operato sia spingendo il
fotovoltaico sia l'eolico, tuttavia, nel 2013 ha deciso di
abbandonare il fotovoltaico, anche a causa della concorrenza cinese,
concentrando gli investimenti sull'eolico. Questa scelta aziendale si
comprende perché l'eolico richiede investimenti unitari molto
importanti e complesse tecnologie più difficilmente attaccabili
dalla concorrenza. Anche il fotovoltaico è un prodotto ad alta
tecnologia, ma ha il vantaggio per il cittadino e lo svantaggio per
un grande produttore di aver sviluppato fonti unitarie energetiche
modulari di taglia minima, molto più soggetti alla concorrenza.
La scelta dell'eolico
risolve il problema della produzione di energia pulita che interessa
anche i potenti più intelligenti di questo pianeta, ma non risolve
il problema del controllo dell'energia e quindi del potere, perché
gli impianti, in particolare quelli offshore, richiedono ingentissimi
investimenti che possono essere sostenuti solo da governi o da
multinazionali.
La Germania è stata la
prima a comprendere l'importanza del piano energetico europeo e ciò
ha permesso alle imprese di fare ricerca in questo settore aumentando
l'efficienza ed abbassando i costi di produzione. Gli altri paesi
hanno seguito questo sviluppo in misura più o meno convinta.
L'Italia, come al solito, per caso o per fortuna, ma non certo per
una consapevole centralizzata strategia polita, ha seguito il flusso
della corrente e si è trovata ad essere, attualmente, il secondo
produttore al mondo di energia da fotovoltaico con una potenza
installata di 17 GW (potenza pari alla produzione energetica di 17
centrali nucleari). Le condizioni climatiche italiane sono
sicuramente più favorevoli di quelle del Nord Europa. Vi ricordate
cosa dicevano solo pochissimi anni fa i tromboni della scienza, al
soldo dei politicanti-mercanti, sulla irrilevanza della produzione di
energia pulita? L'attuale produzione di energia fotovoltaica ha però
creato un problema. Oggi le centrali elettriche a turbo-gas vanno al
50% della loro potenza, proprio a causa dell'energia prodotta dagli
impianti fotovoltaici, tuttavia, il governo Berlusconi ha stipulato
con la Russia e con il Kazakistan un contratto a prezzo bloccato e
consumo bloccato per cui, anche se non consumiamo gas lo paghiamo
ugualmente. Penso male se da quei contratti ne abbia ricavato un
vantaggio personale? Altro che IMU!!!
Dal
pasticcio italiano è comunque emerso un dato positivo, non essendoci
alcun serio piano energetico nazionale, come avviene in ogni paese
dotato di un minimo di strategia politica, nessun importante gruppo
industriale o finanziario si è preoccupato di investire in questo
settore e così tutto è andato a caso e si sono realizzate una
miriade di micro impianti ad uso domestico o ad uso di piccole e
medie imprese. Questa frantumazione è un patrimonio di
parziale libertà dalla quale possiamo trarre solo beneficio.
Naturalmente è un piccolo passo verso quella libertà energetica
indicata da Rifkin che passa attraverso le forche caudine dei grandi
produttori di energia (Enel) che hanno il compito di assorbire e
ridistribuire l'energia discontinua prodotta dagli impianti
individuali collegati in rete. La vera libertà energetica potrà
attuarsi solo se si spingerà la ricerca verso piccoli ed economici,
anche se poco efficienti, sistemi di accumulo di energia, ma nessuna
grande impresa ha interesse a sviluppare prodotti a bassa tecnologia.
L'altra possibilità, più velocemente attuabile, ipotizzata dallo
stesso Rifkin, è la formazione di numerose cooperative collegate in
rete che possano avere una certo potere contrattuale nei confronti
dei grandi ri-distributori di energia. Naturalmente so che questa non
è la situazione ideale perché le cooperative, qualora diventassero
molto forti, non si distinguerebbero più da qualunque altro gruppo
di potere. La soluzione strategica è quindi, oltre alla produzione
di energia, l'accumulo in loco. Anche l'eolico e l'idroelettrico
potrebbero avere la loro parte a condizione che si spingesse il mini
eolico ed il mini-idroelettrico e queste differenti forme di energia
abbasserebbero il livello di discontinuità produttiva che dipende
dalle variabili condizioni ambientali, che sono massime nella
produzione di energia da fotovoltaico.
Ovviamente questa
politica non può escludere totalmente l'impiego delle attuali fonti
inquinanti di energia, ma deve porsi l'obbiettivo di metterle in
decrescita. Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico un paese
come l'Italia potrebbe ridurre al 15/20% la produzione di energia
inquinante senza correre rischi di black out.
La frantumazione della
produzione dell'energia comporta un ulteriore vantaggio strategico
che mette parzialmente al riparo dal ricatto dei paesi fornitori, da
gravi interruzioni di energia in caso di disastri ambientali, da
sabotaggi ed attacchi terroristici.
Altro importante elemento
a favore del fotovoltaico è il numero di posti di lavoro che offre
quella tecnologia. Si calcola che oggi gli addetti diretti nella sola
Italia siano attorno a 100.000 unità. La costruzione di centrali
nucleari avrebbe dato lavoro, a parità di spesa e di produzione
energetica, allo stesso numero di dipendenti?
L'attuale produzione
mondiale di energia da fotovoltaico è di 100 GW pari a 100 centrali
nucleari e nel 2020 si prevede una produzione installata di oltre 300
GW. L'Italia perderà sicuramente il secondo posto nella classifica
dei maggiori produttori, ma anche perché la politica non mette
questa risorsa o altre comparabili, nelle priorità della sua agenda.
Comunque il cambiamento,
pur essendo minimo, è epocale e sono certo che le attuali previsioni
di sviluppo, saranno superate dai fatti.
È evidente che la
fusione fredda, se non deludesse le aspettative di noi tutti,
credenti, curiosi ed atei, risolverebbe in un colpo le condizioni
indicate da Rifkin per raggiungere l'indipendenza energetica e quindi
preparare il terreno più sicuro su cui far crescere la vera libertà
sociale.
Guglielmo Pepe