"Osservare un viso è come guardare dentro un pozzo, sul fondo si compone un riflesso, ed è l'anima che si lascia intravvedere."
(Steve McCurry)
Dedico queste immagini a chi non ha avuto occasione di visitare
Sud-Est 1980-2009, bellissima mostra di 240 scatti di
Steve McCurry, che è stata esposta a Milano, al Palazzo della Ragione, dall'11 novembre 2009 al 21 marzo 2o1o e a Perugia, alla Galleria Nazionale dell'Umbria, dal 10 aprile al 5 settembre 2010.
A Perugia l'allestimento progettato da
Peter Bottazzi è stato messo in opera - sono tornato ben tre volte a visitare la mostra! - ancora meglio che a Milano, almeno a giudicare dalle inquadrature che ho trovato nel web. Bottazzi è stato encomiabile nel riuscire ad aggiungere alle opere di McCurry, di per sé già suggestive e coinvolgenti, una terza dimensione spaziale e psicologica, tale da accompagnare il visitatore a viaggiare attraverso l'anima del Mondo e la propria. Su 6 strutture di travi, ramificate a mo' di metaforici alberi, sono state sospese nella sala principale la maggior parte delle foto, suddivise in altrettanti percorsi:
L'altro,
Il silenzio e il viaggio,
Guerra,
Gioia,
Infanzia,
La bellezza.
In una sala più piccola era infine ospitato un ulteriore capitolo di
Short Stories, sulle piogge monsoniche in Asia e sui malati terminali di HIV in Vietnam.
Complimenti a Tanja Solci, curatrice della mostra, per avere ideato e composto questi percorsi, pieni di fecondissimi contrasti, di stupori e sorrisi quanto di orrori e lacrime.
Una nota tecnica. Molte foto denotavano evidenti ritocchi in fase di post-produzione: colori particolarmente saturi e a volte quasi surreali, livelli di contrasto e luminosità ben al di là delle possibilità intrinseche di un obiettivo fotografico. Qualche "purista" ha storto il naso su ciò, a me invece non ha disturbato: una foto non è mai una riproduzione oggettiva della realtà, né è sempre un'interpretazione operata dall'autore, che mentre scatta fa egli stesso parte della scena, anche se non dell'inquadratura, ne percepisce sensazioni e respira emozioni. Se tutto questo può essere meglio trasmesso allo spettatore elaborando la foto, ben venga.
N.B. Ho scaricato da internet i primi 3 ritratti, tra cui quello celeberrimo della ragazza afgana che nel 1985 fece conoscere McCurry ovunque. Le altre 5 foto le ho fatte alla mostra semplicemente con l'iPhone: onore al "melafonino" che pur col suo paio di megapixel ha consentito questi scatti niente male. E merito pure della splendida illuminazione dei pannelli: luce radente, dall'alto, che pareva uscire dalle fotografie stesse.
LINK PER APPROFONDIRE:
P.S. Visto che ho recensito una mostra già finita, mi faccio perdonare suggerendovi di visitarne (e linkando) una che non è ancora iniziata:
Le foto sono davvero splendide, non conoscevo questo artista.
RispondiEliminaBuon week end
Nemmeno io lo conoscevo, bellissime.
RispondiEliminaNon ricordavo il nome del fotografo ma il viso della ragazza a destra si.Era stato pubblicato se non sbaglio sul National Geographic. Poi McCurry l'ha reincontrata qualche anno fa....chissà se riesco a rintracciare la foto recente tra i tanti NG.
RispondiElimina@Kylie e Carlotta
RispondiEliminaFelice di avervi fatto conoscere McCurry!
@daffodils
Dici bene. Qui trovi le foto a confronto della ragazza afgana a un quarto di secolo di distanza.
Proprio come, te fino a due anni fa conoscevo la foto della ragazza, ma non sapevo chi ne fosse l'autore. Mi parlò di lui per la prima volta due anni fa Tamara Farnetani, l'autrice delle foto di Donne di Vrindavan.
Davvero una meraviglia... nelle fotografie prediligo sempre quelle in cui sono presenti delle persone piuttosto che dei paesaggi. E in questo Mc Curry è un genio.br
RispondiEliminaI colori saturi e il forte contrasto possono dipendere anche dal fatto che si tratti di diapositive, non di foto stampate.
RispondiElimina@chiara
RispondiEliminaConcordo pienamente.
@Fay
Non concordo mica tanto: durante una delle mie tre visite alla mostra ho avuto modo di ascoltare un fotografo professionista parlare della questione, inoltre l'ho trovata dibattuta pure sul web: le foto sono state abbondantemente ritoccate in post-produzione, cosa che a me, ripeto, non ha disturbato per nulla.
D'accordo, Dani. Volevo solo dire quel che ho detto (e ribadisco come dato certo) che le diapositive - a parità di immagine - hanno colori più saturi e maggior contrasto rispetto alle foto stampate; non mettevo in dubbio una possibile elaborazione in postproduzione. Una cosa non esclude necessariamente l'altra, insomma.
RispondiElimina