Al mio precedente intervento Maria Teresa ha apposto un commento talmente denso e pieno di spunti importanti che non ho potuto fare a meno di dargli lo spazio che merita! Eccolo qui:
Carissimo Daniele, non ho parole per esprimerti la mia profonda gratitudine per il tempo e lo spazio (psico-fisico-emotivo e quant'altro) che hai riservato a una tematica che mi sta profondamente a cuore da quasi ventun anni (cioè da quando nacque mio figlio). Ho sofferto nel leggere la tua esperienza, vissuta attraverso Daniela e Arianna. Mi complimento con te poiché… non tutti i maschi hanno la capacità di stare di fronte al dolore e alla verità: tanti, anzi, quasi tutti, scappano da sé e dalla vita. Il dramma è che oggi stanno tentando la fuga anche le donne, giovani e meno giovani, a causa dell’atrofizzazione delle primigenie energie femminili, dovuta all’esiguo numero di esseri umani che oggi accettano di farsi Canale, su questo agonizzante Pianeta. Passo a raccontare la mia esperienza. Michele ebbe la sfortuna di nascere il giorno di ferragosto: sacra ricorrenza per il calendario ecclesiastico ma giorno di vacanza per tutti i medici del reparto ostetrico dove venne alla luce. Successe di tutto e di più a causa di una "vecchia" e "arcigna" ostetrica, della cui esistenza, io e le donne partecipanti al corso pre-parto, non eravamo state messe al corrente, proprio perché non ci avvedessimo del grosso rischio a cui saremmo andate incontro qualora ci fosse toccata in sorte proprio nell'assistenza al nostro parto. Durante il corso veniva decantato “il metodo Leboyer” (di cui mai io avevo sentito parlare prima): era il fiore all'occhiello di questo piccolo ospedale di provincia. Allora non potevo immaginare che quanto veniva esplicitato a parole (ero troppo ingenua allora per sapere che la “carinerìa” spesso è sinonimo di “subdolo abuso”) sarebbe poi stato brutalmente disatteso nella pratica. Non sapevo infatti che tale “sbandieramento” serviva loro per incrementare il numero di parti onde evitare di essere costretti a chiudere definitivamente il reparto (problema annoso, in quanto erano sempre ben lungi dal raggiungere il numero minimo previsto dalla legge regionale), con la perdita del posto di lavoro da parte di 3 ginecologi, 5 ostetriche, 3 pediatri ecc… Ecco, in termini reali, cos'è costato a mio figlio il DISUMANO OPPORTUNISMO che distingue gli umani, con la loro crudeltà e malvagità, dagli altri mammiferi: Michele è stato immediatamente ETICHETTATO come bambino prematuro sofferente (quando invece il suo indice Apgar era 7/8, nonostante fossimo stati costretti durante l’intero travaglio al monitoraggio fisso, in posizione supina e senza possibilità di movimento alcuno). Fu immediatamente "spedito" ad un reparto di Patologia-Neonatale di un ospedale che distava 50 km: venne intubato per 11 gg. e trattenuto per altri 10 gg. Durante la degenza Michele ebbe una seria infezione ad un tallone, a causa dei prelievi quotidiani di sangue, estremamente dolorosi per i piccoli e spesso inutili. Non vi dico le cose, a dir poco indecenti, che ho visto - una volta dimessa dal primo ospedale, quando, dietro esplicita richiesta, venni ospitata nelle stanze attigue al reparto di neonatologia, per poter allattare direttamente almeno una settimana prima delle previste dimissioni. Il dolore che provo è ancora molto pregno di rabbia, di rancore, per l’impotenza a cui sono stata esposta, a seguito dell’ESPROPRIAZIONE TOTALE DEL DIRITTO DI INTENDERE E DI VOLERE, tacitamente previsto e legittimato (ancor oggi - che vergogna – alla faccia del diritto del “Consenso Informato”) dalle pratiche routinarie ospedaliere. Anche qui, risultò essere vera un’altra cosa che spesso ancor oggi viene taciuta: ingenti sono le spese per tenere attivo un reparto di Patologia-Neonatale e spesso è inevitabile si inneschi la crudele “caccia al piccolo” (anche non bisognoso) a cui far occupare un posto di terapia intensiva (anche in quest’altro reparto mio figlio visse il risvolto disumano dell'occupazione di posti di lavoro da parte di 3 medici specializzati e di altre figure sanitarie che, con evidenza schiacciante, risultavano essere in esubero – ciò in base al numero di culle vuote; la drastica riduzione del personale suddetto, avvenuta pochissimo tempo dopo… sta a testimoniare che non racconto frottole… magari! Tutto quanto affermo mi è stato confidato da varie figure professionali che a distanza di tempo hanno potuto permettersi di raccontare la verità senza scrupoli, anche se però non si sono ancora rese conto della gravità del loro comportamento (lo stesso medico che intubò Michele mi disse - logicamente dopo un bel po' di tempo - che in effetti non era un vero prematuro e che lui fu costretto a intubarlo poiché, come da protocollo, non poteva fare altrimenti in quanto "proveniente" da un altro ospedale; il protocollo non prevedeva eccezioni anche quando la condizioni fisiche del bambino erano ottime e la diagnosi redatta dall’altro ospedale risultava essere totalmente infondata). Le altre mamme di prematuri chiamavano mio figlio “l’alpino” poiché anche l’occhio più cieco o ignorante si domandava cosa ci facesse Michele in un reparto di terapia intensiva. Un bambino sano e a termine sottoposto a cure intensive con intubazione è qualcosa che rasenta LA TORTURA solo a vederlo, è qualcosa che può essere paragonata agli ORRORI DELL’OLOCAUSTO, ve lo assicuro. Il “Metodo Canguro” conosciuto come l’unica risposta umana ai bisogni dei neonati prematuri non sembra aver mai sfiorato i cuori dei medici dei reparti di ostetricia sul territorio italiano. Dopo 8 mesi dalla nascita, grazie all'incontro - presso la sua abitazione a Fiorenzuola d'Arda - dell'umile e coraggioso dottor Lorenzo Braibanti (che morì, purtroppo, dopo soli 4 mesi, il 31 agosto 1989, a seguito, pare, delle infinite umiliazioni - politiche e non – in quanto subite anche per mano di strette collaboratrici) iniziai a intraprendere in modo più consapevole la difficile e impervia strada della Conoscenza. Cioè non riuscii più a chiudere minimamente gli occhi sulla realtà riguardo alla Nascita e ai bisogni del Bambino, soprattutto durante l’esogestazione: accettai quindi di guardarla, di osservarla e di vedere anche come il meccanismo socio-culturale da me ereditato per abbellire e alleggerire certe “MISERIE UMANE” tentava malignamente di farmi desistere e di reinnescarsi nel mio intimo come commensura, come una vera e propria forza avversa.
La sofferenza subita da Michele per mano di persone ottuse e meschine (con le quali, inconsapevolmente, ho collaborato, a causa della mia ignoranza di allora e la mia “riverenza” nei confronti dell’autorità, anche quando ingiusta e crudele, ereditata dalle umili origini dei miei genitori) mi ha insegnato tantissime cose che non potrò mai e poi mai dimenticare o liquidare con nessuna giustificazione! Cerco di ricordare tutti i giorni il dolore immenso di questi Innocenti, che nessuno ha il tempo e la voglia di prendere in seria e quotidiana considerazione; utilizzo anche i video che ho inserito su YouTube, cercando di far emergere il contenuto vero, reale, anche se schiacciante e devastante per chi non ha mai pensato che chi assiste al parto e alla nascita spesso è UN TORTURATORE, SPESSO INCONSAPEVOLE E, PER QUESTO, ANCOR PIÚ PERICOLOSO. Io non sono cattolica ma ricordo come monito a tutti noi che SI PUÓ PECCARE IN PENSIERI, OPERE E “OMISSIONI”. La nostra attenzione deve appunto essere indirizzata sulle OMISSIONI, sul nostro istinto a chiudere gli occhi sulla realtà - quando questa non corrisponde ai nostri schemi mentali, alla nostra cecità emotiva, alle nostre illusioni, sul come non desideriamo PRENDERE IN CONSIDERAZIONE LE ATROCITÁ PERPETRATE NELLE SALE PARTO E NELLE NURSERY D’ITALIA A DANNO DELLA SALUTE PSICO-FISICA DEI NUOVI NATI, nonché delle donne.
Perché non tenere in considerazione la sofferenza ATROCE inflitta a piccole vittime che fossero appartenuti ad altre specie mammifere sarebbero state difese e rispettate dagli stessi esseri umani/operatori che invece li torturano, in nome della prevenzione? Il parto e la nascita, sono eventi straordinari da onorare e da rispettare in quanto apportatori di Sacralità, di Luce, di Svelamento. Frédérick Leboyer ha osato già all’inizio degli anni ’70 parlare dell’INIZIAZIONE CHE VIVE ATTRAVERSO IL CORPO LA DONNA, per LEGGE DI NATURA, DURANTE QUESTO ESTATICO E SACRO AVVENIMENTO. Dovremmo iniziare seriamente a INTERROGARCI, A SOFFERMARCI, ANCHE SE NON SIAMO PIÚ IN ETÁ FECONDA. Vedere come piccoli gesti quotidiani, apparentemente insignificanti, possano trasmutare la nostra codardìa e riescano ad allontanarci dal retaggio dei disumanizzanti paradigmi socio-economico-culturali che hanno segnato quest’ultimo ventennio. “CAMMINARE LE PROPRIE PAROLE”, come dicevano i Nativi Americani, penso significhi oggi, per l’uomo occidentale, iniziare a convivere con le proprie paure, con il proprio dolore PER ACQUISIRE L’UMILTÁ NECESSARIA PER PERMETTERE (nei tempi e nei modi che saranno unici e irripetibili per ognuno) CHE IL SAPERE (frutto delle tante informazioni che ci arrivano soprattutto oggi anche grazie alla rete, cioè grazie alle tante persone che come Daniele dedicano la loro Vita alla Propria Evoluzione Personale e, di riflesso, al Bene Comune) arrivi al nostro Cuore: solo così la REALTÁ verrà accolta senza omissione o manipolazione alcuna e si trasformerà in CONOSCENZA e, QUESTA, in AZIONE. Avremo così ancora occhi e orecchie per vedere e sentire, per un sacro-umano discernimento: cosa che prima non ci era più possibile immaginare né intuire. È facilissimo, per tutti noi, tradire il “sapere”… ma è confortante sapere che sarà impossibile, per tutti noi, tradire la “conoscenza”, che troverà ESPRESSIONE nel NOSTRO LIBERO PENSIERO E NELLA NOSTRA LIBERA AZIONE QUOTIDIANA su questa MERAVIGLIOSA TERRA. A questo punto lo sforzo da parte nostra sarà minimo, poiché sarà LA NOSTRA ESSENZA a fare tutto, senza vergogna, senza pudore, senza sensi di colpa, senza ostentazioni, senza paura, senza vanagloria, senza vittimismo! Solo da QUESTO TIPO DI AZIONE PUÓ NASCERE L’ATTENZIONE ALL’ALTRO, LA COMPASSIONE, LA CONDIVISIONE ATTIVA. Una raccomandazione: leggete il libro di Frédérick Leboyer “Per una nascita senza violenza” e, se qualcosa risponde in voi, fate circolare il contenuto o consigliatene l’acquisto. Sapete perché vi invito a questo? Poiché ho scoperto che ci sono tantissime ostetriche giovani a cui è stato precluso di conoscere Leboyer e il suo messaggio. Vi informo pure di una cosa: hanno censurato da diversi anni nelle note biografiche che accompagnano la presentazione dei suoi libri (in IV di copertina) delle suoi libri il fatto che Leboyer verso la fine degli anni ’60 si dimise dalla Clinica Ostetrica Universitaria, di Parigi, dove lavorava da tantissimi anni come Primario, poiché non riusciva più a “collaborare con una medicina che non poteva permettersi l’umiltà di ascoltare i bisogni del bambino.” Scusate se sono stata sconclusionata nella forma e nella sintassi ma la mia emotività non potevo zittirla e censurarla come invece a tranquillamente e oculatamente fatto l’Editore Bompiani. Un abbraccio a tutti e, in particolar modo, a Daniele e ad Arianna, nonché a Daniela.
Maria Teresa Lanza
P.S. L’episiotomìa vent’anni fa venne adottata su vasta scala in quanto considerata alla stregua di un’operazione chirurgica permetteva di travasare cospicue somme dalle casse regionali a quelle dei reparti di ostetricia; tutto questo senza porre minimamente attenzione alle malattie iatrogene che spesso ne derivano alla mamma (e, di riflesso, al bambino e al padre).
Cara Maria Teresa, la tua testimonianza ha dipinto un quadro prezioso dell'argomento in questione, tutt'altro che sconclusionato anzi decisamente lucido e preciso... pertanto mi sento quasi irriverente a soffermarmi su quello che mi hanno evocato pochi particolari, davvero minimi, della cornice. Pensiamo a una "coppia canonica" (non nel senso del matrimonio!) che decide di mettere al mondo un figlio: intendo una madre che vuole dare un padre al nascituro e un padre che non fugge da tale ruolo. Nel loro caso, un parto "naturale" non è solo quello non medicalizzato ma pure quello compreso, scelto e sostenuto da entrambi. La gravidanza non riguarda solo colei che cresce il figlio nel proprio ventre, è un'esperienza e una condizione fisica e/o mentale che interessa ambo i genitori. Perciò, anche se certamente spetta alla gestante la scelta ultima di come partorire (ad esempio se ricorrere alla "famigerata" epidurale per non sentire dolori), se è una scelta di coppia è meglio! Dici che "non tutti i maschi hanno la capacità di stare di fronte al dolore e alla verità: tanti, anzi, quasi tutti, scappano da sé e dalla vita", e dici bene, eppure la maggior parte delle donne si bea di perpetuare proprio tale stirpe di uomini scissi dalla loro anima... e bastona gli altri! Dopo 9 mesi di gravidanza condivisa con gioia insieme a Daniela, essere stato vicino a lei durante 18 ore di travaglio, e infine in sala parto - una mano sulla nuca, l'altra mano a stringere la sua - aiutandola a spingere, l'emozione più intensa della mia vita fu vedere Arianna uscire fuori da lei, carne della nostra carne. Quando a poche ore dal parto Daniela perse i sensi a causa dell'emorragia interna e fu operata d'urgenza e salvata per un pelo, passai di colpo dalla felicità più grande alla paura più grande. È stata l'unica occasione della mia vita in cui mi sono trovato a pregare, scientemente, di morire al posto di qualcun altro. Poi per fortuna Dio non chiamo a Sé né lei né me. Puoi immaginare perciò che contrappasso feroce provai quando Daniela nel 2002, quattro anni dopo, mi chiese la separazione consensuale, spiegandomi di avere capito, ormai innamorata di un altro, che da molti anni non amava più il sottoscritto... è stata la lezione più utile quanto dolorosa della mia vita. Perdona se stavolta sono andato un po' fuori tema, ma si tratta di un punto nodale della mia vita, su cui sto lavorando molto in analisi proprio queste settimane (vedi anche il post dove parto dai terremoti reali per arrivare a quelli psicologici).
Carissimo Daniele,
RispondiEliminaNon sei assolutamente andato fuori tema poiché penso non ci sia niente come "l’angoscia" che accomuna ogni essere umano.
L'angoscia sembra continuare a mettere a dura prova le fondamenta di ognuno di noi durante tutto l'intero corso della nostra esistenza.
Proprio come quell'angoscia che potrebbe averci accompagnato nel passaggio dal caldo grembo materno allo spazio extrauterino, troppo immenso, troppo "VUOTO" per noi, da cui potremmo non esserci sentiti adeguatamente accolti, contenuti, dove ci potremmo essere totalmente persi, smarriti, senza più la presenza e il conforto di un qualcosa che delimitasse il nostro corpo, che ci facesse ancora "ri-specchiare" nel “conosciuto”, maturato durante la vita fetale, in cui la placenta ebbe una parte fondamentale anche dal punto di vista affettivo/relazionale (calda, morbida, pulsante, proprio come un essere umano, e sempre a noi costantemente vicina - per questo chiamata "il gemello oscuro" - nonché i sapori, gli odori, i suoni, i colori, le emozioni, le miriadi di sensazioni, forse mai più esperibili, né ricreabili).
Il tipo specifico di angoscia da te vissuta ha visitato atrocemente anche la mia vita 6 anni fa.
La sofferenza da me esperita in tale occasione non trova parole per essere descritta.
Un sabato mattina il mio "cordone d'argento" (che unisce il nostro corpo fisico a quello eterico, cioè ai piani sottili) lo sentii chiaramente sul punto di spezzarsi: l'alito di vita che abitava il mio corpo a più riprese tentò di allontanarsi definitivamente dal suo tempio carnale.
Due persone, estremamente superficiali che non conoscevano e non volevano conoscere niente riguardo alla dignità umana, spesso considerata alla stregua di un'appannatura che ostacola il proprio ego, le proprie voglie e, quindi, da togliere frettolosamente di mezzo, con un colpo deciso di spugna e... via…, si cambia persona, si cambia famiglia, si cambia giostra. Avevano profanato il mio tempio armati di una disumana mediocrità.
Io non mi ero mai ritenuta una "perla" di individuo ma posso dire che in quell'occasione ricevetti una lezione -che certo rischiai di pagare con la perdita della vita: fui spogliata di tutto al punto che vidi la mia purezza ERGERSI e fare a calci con la miseria di questi due esseri umani che si vendevano tranquillamente a una vita priva di Luce.
Lì, in quell'occasione, sotto lo scroscio caldo della doccia e in mezzo ai miei escrementi, con a fianco il mio compagno (una delle due persone di cui sopra) e mio figlio (seduto ai piedi dell'angolo di apertura del box quadrangolare della doccia) decisi a più riprese di trattenermi su questa Terra.
In mezzo a un oceano di straziante sofferenza, che a più riprese, appunto, tentava di inghiottirmi, mi lasciai consapevolmente trasportare in riva dall'unica cosa che mi era rimasta: il ricordo dell'amore divino che avevo avuto la grazia di esperire e conoscere in alcune occasioni durante la mia esistenza terrena.
Ero conscia che se la mia morte fosse avvenuta in quella bolla di energia mi sarebbe stato impossibile portare con me il ricordo del mio immenso Bene, ora svelato ai miei occhi, come non mai.
Era una morte che sentivo di non meritare: era mera ENERGIA BRUTALE.
ERA MORTE PREGNA DI GELOSIA e non rimaneva spiraglio per farvi entrare nient’altro!
Non potevo arrendermi a una morte così ENERGETICAMENTE SPORCA, ORRENDAMENTE PRIVA DI ESSENZA DIVINA.
VINSI UNA LOTTA DIFFICILE: combattei contro un drago oscuro e putrido che mi diede però modo di vedere in tutta la sua purezza e in tutta la sua forza la PERLA che inconsapevolmente custodivo e che, se forse non avevo contribuito ad alimentare, dovevo ora riconoscere di aver ben saputo preservare dalle mie stesse miserie e dalle miserie altrui.
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So che qualcuno non capirà o etichetterà come "new age" o "esoterico" il racconto della mia esperienza ma ho scelto di condividerla comunque poiché il messaggio riguardo alla Nascita senza violenza (esposto da Frédérick Leboyer nel suo preziosissimo libro) porta con sé anche la possibilità, per chi lo desidera, di estenderne il contenuto alle diverse morti e rinascite (più o meno psicologiche, più o meno emozionali, più o meno mentali, più o meno sessuali, più o meno materiali, più o meno spirituali) che, volenti o nolenti, siamo costretti a vivere durante un'unica esistenza su questo Pianeta, finché, come esseri umani, non sceglieremo di evolverci.
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Daniele, mi riservo successivamente di riprendere gli spunti interessanti emersi dal tuo scritto.
Grazie per l'accoglienza che sempre mi riservi e che mi ha permesso, per l'ennesima volta, di esprimere cose che mai avrei pensato di poter condividere.
Ciao,
Maria Teresa
P.S.: Un bacio in fronte ad Arianna, a cui spero di non sottrarre il tempo e l'attenzione del proprio Padre.
Ciao Daniele,
RispondiEliminaIo penso, riguardo al rapporto uomo-donna, che siamo orfani, profondamente orfani della CONOSCENZA DI SE', al punto che spesso la maggior parte di noi non si prende neanche il tempo per riflettere un attimo e fermare la coazione a ripetere di "UN FARE AUTOMATICO, CAOTICO, a dir poco DELIRANTE”.
L'autenticità può nascere attraverso e solo grazie all'ascolto di sé, alla consapevolezza del nostro "incessante" rumore mentale che non è assolutamente la porta sul SE' ma la strada della PAZZIA, DELLA DEMENZA, DELL'UBRIACATURA, DELLA FUGA DALLA REALTA'.
Per questo giovani donne, madri di bambini ancora nella primissima infanzia, spesso si ritrovano a divenire amanti del proprio datore di lavoro o di qualcuno che rappresenta loro un POTERE CHE VA A COLMARE QUELLO CHE A LORO MANCA: L'ENERGIA FEMMINILE.
Quello femminile è un potere che non porta a tradire alla prima occasione se stesse e gli altri, bensì un potere che ACCRESCE LA CAPACITA' di introspezione SELVAGGIA, INTUITIVA, INTIMA, ACCOGLIENTE NEI RIGUARDI DEI PROPRI LIMITI E DI QUELLI ALTRUI.
Un POTERE CHE NON E' MATERIALE MA CHE è FATTO DI UN HUMUS CHE SA DI CORPO, DI UMORI CORPORALI, DI SANGUE, DI SUDORE, un potere che FA ABITARE IL PROPRIO CORPO, UN POTERE che si manifesta attraverso LA DONNA SELVAGGIA (definizione che rubo alla psicanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés), la quale si lascia abitare e guidare dai ritmi/tempi della natura, fino alle soglie del sovramentale, AL CENTRO IMMACOLATO e PULSANTE DI VITA, QUAL'E' IL CENTRO DI SE'.
I primi due libri di Alice Miller, letti e riletti non so quante volte, mi hanno aiutata a capire come le ferite inflitte dai genitori (o da altre figure di riferimento) spesso possano precludere - nell'età adulta -interrelazioni costruttive (fatte di fiducia e disvelamento reciproco) con il proprio compagno/compagna, proprio perché il SELVAGGIO IN NOI, il ns. autentico sé è stato raso al suolo, sconfitto sul nascere.
Ho capito come spesso ci si rassegna e si preferisce non agire, non esporsi, pensando che questo sia conveniente per noi e per la coppia, convinti che il tempo appianerà gli ostacoli: niente di più falso e illusorio. Ogni secondo passato nella Menzogna caricherà le nostre spalle e il nostro cuore di massi che impiegheremo anni e anni a toglierci di dosso.
Grandissimo aiuto ho avuto dal libro della docente universitaria Marie-France Hirigoyen "Sottomesse . La violenza sulle donne nella coppia" - che si ricollega sia al fenomeno del narcisismo perverso che a quello del mobbing).
Porta luce sulle ABITUDINI PERVERSE che all'interno della coppia rischiano di ridurre uno dei due a diventare un morto vivente, in quanto inconsapevolmente manipolato dall'altro, e solo dopo 15-20 anni non si accorge che ha sempre avuto a che fare con un IMPOSTORE, cioè con una persona che nell'infanzia è stata a tal punto deprivata del contatto materno che non è riuscita a identificarsi, a relazionarsi con sé, a crearsi opinioni personali, per cui è stata costretta a fingere una identità che in fondo non gli appartiene ma che continua a recitare poiché teme che se il compagno/a scopre la sua “nullità” lo rifiuti e lo abbandoni come la madre.
Errata corrige:
RispondiEliminaNell'ultimo paragrafo è da togliere "NON":
e solo dopo 15-20 anni si accorge che ha sempre avuto a che fare con un IMPOSTORE,
Errata corrige II
RispondiEliminaIn effetti era il secondo libro che volevo indicare di Marie- France Hirigoyen: "Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro", in quanto lo reputo più chiaro e incisivo nei contenuti.
Valgono comunque le indicazioni che ho inserito tra parentesi e che ho erroneamente accompagnato al titolo del suo primo libro.
Ricevuto!
RispondiElimina