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giovedì 23 ottobre 2008

Quei numeri che non s'ingabbiano

Sta succedendo quello che era inevitabile. Un governo supponente e un po' arrogante ha tentato di imporre una riforma epocale del nostro malconcio sistema scolastico, dall'alto, come farebbe un sovrano coi sudditi, senza dialogo con le parti sociali, senza confronto parlamentare. Cosa ancor più grave, una parte degli italiani è persino felice di farsi trattare da sudditi. I restanti però leggono il testo della riforma (arrivata ormai in Senato) e si avvedono che non solo non risanerà la scuola, ma la peggiorerà ulteriormente. A me, lo ribadisco, quello che più infastidisce è che, invece di dire ai cittadini papale papale che l'unico obiettivo è quello di tagliare le spese dell'istruzione, il Governo tenta di darci a bere che ci sono squisite ragioni pedagogiche, didattiche, organizzative dietro. Ma il re stavolta è proprio nudo! E finalmente qualcosa succede: sui siti, sui blog, sulla stampa ancora libera, nelle scuole, nelle università, nelle piazze, studenti, insegnanti e genitori (trasversalmente all'estrazione politica, è da sottolinearlo) si organizzano per protestare in maniera civile e pacifica, per difendere il loro diritto a contestare una riforma sbagliata e irrecepibile e chiedere a chi dovrebbe rappresentarci di lavorare per cambiarla. E la Gelmini fa dietrofront. E lo stesso Berlusconi, che ieri minacciava da gran paladino delle libertà, di sgomberare scuole università con la polizia, fa dietrofront. Siamo ancora una democrazia allora, vivaddio!
Riporto dal sito di Repubblica un articolo scritto oggi da Angela Melone, che in poche parole fa perfettamente il punto su quanto sta succedendo.
Quei numeri che non s'ingabbiano I numeri tenta di darli il Ministero dell'Interno con un comunicato serale: dall'inizio della protesta "300 manifestazioni, 150 scuole e 20 facoltà occupate". Ma solo le notizie che riempiono le agenzie e intasano sul web le centinaia di siti della protesta mostrano l'inadeguatezza delle cifre ufficiali a descrivere questo movimento degli studenti. Non è questione di buona o cattiva fede, è che tutti - non solo il ministro Gelmini o il presidente del Consiglio alle prese con la solita pantomima - sono spiazzati davanti a una protesta che non vuole essere definita, svicola da qualunque tentativo di abbraccio della politica organizzata e, anzi, tende a organizzarsi da solo, apparentemente con il massimo della semplicità. E così spuntavano fuori occupazioni a raffica, scuola dopo scuola, cortei nei luoghi più disparati delle città e pronti a sciogliersi alla prima richiesta delle forze dell'ordine. Convocati da chi? "Dalla nostra assemblea", risposta semplicissima e completamente spiazzante rispetto alle minacce mediatiche di Berlusconi o alle accuse di oscure strumentalizzazioni rivolte alla sinistra. Tutte interpretazioni lontanissime dalla realtà per una generazione che sembra non volersi far definire, si muove con il massimo della spontaneità e si organizza online rapidamente e- appunto - con il minimo delle tradizionali sovrastrutture. "Vogliamo studiare di più, siamo pacifici e abbiamo speranze: non reprimete il nostro futuro", scrivono in un appello pubblicato anche dal nostro sito. Con una traduzione molto pragmatica che è divenuta lo slogan di mille striscioni: "Non pagheremo noi la vostra crisi". Il balletto di minacce del premier e le manovre del governo sulla riforma suonano lontane. E questo è il vero pericolo: sarà in grado la società - tutta - di rispondergli?
Lascio anche il link ad un "profetico" articolo del sociologo Ilvo Diamanti di tre mesi fa, intitolato Maledetti professori. Mi è ritornato in mente questi giorni, ascoltando tanti discorsi demagogici agitati dai nostri governanti contro la scuola e condivisi, spesso, dal loro elettorato. Ogni popolo ha il governo che merita.

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