Spelonga (1000m), frazione di Arquata del Tronto è un piccolo paese poggiato sulle falde dei boscosi Monti della Laga, in provincia di Ascoli Piceno. Le sue case si affacciano sulla Valle del Tronto, dove l'antica Via Salaria corre insieme al fiume, e sono dominate dalla cima più alta della catena dei Sibillini, il Monte Vettore (2478m), posto sull'altro lato della valle.
Mi ha colpito scoprire, curiosando nel sito dedicato a Spelonga (http://www.spelonga.it/), come il toponimo Laga sia la traccia del ricordo di un antico lago di epoca preistorica che il fiume Tronto aveva formato prima di spianarsi del tutto la strada verso l'Adriatico.
Altra curiosità: Spelonga ebbe una certa notorietà nel 1968 quando Pietro Germi vi girò, con Adriano Celentano per protagonista, il film Serafino che gli appassionati del “molleggiato” certo ricorderanno (qui uno spezzone).
Ma se sto parlando di Spelonga non è per le bellezze naturali della zona magica in cui si trova – lì dove i confini di Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio si sfiorano – né per fare aneddotica, ma per omaggio alla Festa bella che vi si celebra ogni tre anni ed a cui ho avuto la fortuna di essere accompagnato poche settimane fa.
L'immagine qui sopra riguarda la battaglia di Lepanto (1571) da cui la festa stessa prende origine. Cosa c'entra la sanguinosa battaglia navale tra cristiani e musulmani donde derivarono gli assetti geopolitici del Mediterraneo e dell'Europa tuttora vigenti? C'entra perché a quell'epico scontro parteciparono - si tramanda - anche 150 Spelongani, più o meno un terzo degli abitanti che il paese contava allora (e a cui si è nuovamente contratto ai nostri giorni). I sopravvissuti vittoriosi riportarono per trofeo una bandiera saracena catturata da una nave nemica che da allora è conservata nella chiesa del paese.
La partecipazione di una comunità montana ad un conflitto navale non è cosa di tutti i giorni e sulle ragioni di questa anomalia sono state fatte varie supposizioni: contatti frequenti con le città costiere per approvvigionarsi durante le carestie, contatti dovuti alla fornitura di legname per la costruzione delle galee, contesto bellico in cui già erano avvenuti numerosi scontri navali per cui le città di mare non riuscivano più a fornirne marinai a sufficienza ecc. Fatto sta che l'evento è rimasto vivissimo nella memoria dei discendenti. Dimostrazione ne è la grandiosità della Festa bella la cui celebrazione, misto di religiosità cristiana e pre-cristiana, è scandita da una serie di tappe da inizio a fine agosto.
All'inizio del mese un centinaio di uomini di ogni età (a ricordo dei 150 eroi di Lepanto) salutano le loro famiglie e salgono sul monte. Affronteranno un lungo e impervio tragitto e torneranno al paese passati tre giorni, dopo aver abbattuto, spogliato dei rami e portato giù con loro, a forza di braccia, un fusto d'albero lungo una trentina di metri e pesante diverse decine di quintali.
Nelle domeniche successive il tronco viene preparato a mo' di albero maestro di nave e quindi issato in verticale a suon di muscoli, corde e scale, infilandolo in una buca scavata al centro della piazza di Spelonga.
Infine attorno all'albero si costruisce una galea, simile a quelle che parteciparono alla battaglia, che diventa il cuore della Festa bella.
Naturalmente tutti questi eventi sono accompagnati da festeggiamenti vari, sfilate in costume, concerti, certamen poetici (in queste terre si perpetua la tradizione delle ottave improvvisate), convivialità, banchetti ecc.
Ho assistito all'alzata del lungo e pesante tronco al centro della piazza, un'operazione per nulla semplice che richiede circa un'ora, e ho rivissuto sensazioni che avevo provato (mutatis mutandis ovviamente) solo in occasione della Corsa dei Ceri di Gubbio (PG). A livello simbolico l'analogia sta nella partecipazione fisica e vigorosa degli uomini della comunità, uniti dallo sforzo di drizzare e tenere ritti oggetti di valenza indubbiamente fallica. Cosa che rapportata in particolare al coinvolgimento dei giovani sa tanto di rito d'iniziazione solare, dove il fallo ligneo viene dato alla Madre Terra come a volerla fecondare, come a elevare una grande antenna che unisce Cielo e Terra, per captare le energie celesti e collegarle a quelle telluriche. Allo stesso modo, similmente a tante altre rievocazioni storiche, palii, competizioni, vissute in maniera passionale e viscerale dalla cittadinanza, mi ha sorpreso ed emozionato la partecipazione, il coinvolgimento, il tifo con cui si incitano le persone impegnate chi a puntellare con lunghe scale a pioli, chi ad adattare e richiudere la buca mano a mano che l'albero sale, chi a tirare con le corde dai balconi, dalle finestre, e persino dai tetti.
Be', se vi ho invogliato a vedere coi vostri occhi dovrete pazientare fino alla prossima Festa bella, ad agosto 2010... ma vale la pena aspettare!
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