post di Claudio Rossi
Mentre con argomenti concreti sperimentati sul campo, Gino Strada dichiara (a ragione) che l’abolizione della guerra è l’unica e inevitabile possibilità per la soluzione dei conflitti, la situazione generale del mondo va prendendo una bruttissima piega; soprattutto per gli spostamenti epocali di masse umane che lasciano i propri paesi, dove è impossibile vivere in sicurezza o condurre una vita, per quanto modesta, almeno dignitosa.
Un r
ecentissimo e interessante libro di Maurizio Pallante e Alessandro Pertosa, nel sostenere con ottimi argomenti le ragioni di una decrescita “selettiva e governata” attribuisce le migrazioni all’esigenza dei paesi più industrializzati di disporre di crescente manodopera a buon mercato per rispondere all’incremento della domanda originato dalla globalizzazione.
Su questo punto non sono affatto d’accordo: perché di pari passo con l’industrializzazione, i grandi paesi produttori hanno puntato sull’automazione e sulla tecnologia mirata a ridurre l’incidenza della manodopera per unità di prodotto, eventualmente spostando le fabbriche con produzioni a maggior contenuto di lavoro proprio là dove la manodopera è a minor prezzo e agendo, quindi, da freno al richiamo di manodopera dall’esterno.
Appare invece evidente l’altro aspetto segnalato da Pallante e Pertosa che, per assicurarsi l’accesso a condizioni sempre più vantaggiose alle materie prime, i paesi produttori non hanno esitato a distruggere le fragili democrazie dei paesi poveri o a creare situazioni di guerra permanente aizzando le diversità religiose o tribali per garantirsi (divide et impera) un ruolo dominante dove sia possibile drenare ricchezze in cambio di armi, potere o protezioni.
Inoltre la globalizzazione e l’ampliamento del mercato, tanto invocato dai sacerdoti della “crescita” come panacea di tutti i problemi, ha irresponsabilmente operato una redistribuzione a rovescio concentrando sempre più la ricchezza e diffondendo sempre più la povertà.
Infine le politiche restrittive di stampo liberista mirate a conservare il potere della ricchezza finanziaria (cartacea) hanno comportato un aumento della povertà anche all’interno degli stessi paesi “ricchi”.
Lo spostamento delle masse dei diseredati e l’insoddisfazione delle classi impoverite si originano principalmente da queste politiche irresponsabili e stanno creando una miscela esplosiva ben alimentata da chi auspica una guerra tra poveri e soffia sul fuoco dei populismi, dei nazionalismi e dell’intolleranza, ma ovviamente senza far nulla per rimuovere le vere cause dei guasti prodotti.
Caro Claudio, è davvero un peccato che nessuno ancora reagisca a una questione così vitale per il futuro dell'umanità. Ma in fondo è quello che sta capitando nel mondo. Tanto è impegnativo porsi il problema della concatenazione dei destini delle nazioni, della stessa terra e del "governo del mondo"che ciascuno mena colpi mortali a ogni istituzione di cooperazione internazionale e si arrocca a difesa del proprio sgangherato fortino. In queste condizioni diventa sempre più difficile difendere l'Europa da se stessa, mentre Trump taglia del 40% i fondi Onu. Questo significherà lasciare mano libera ai padroni del mondo e svendere loro a brandelli le nostre economie indebolite proprio dalla loro speculazione, secondo il principio: «tutto a noi, agli altri niente.». Costi quel che costi. Solo una rivoluzione potrà invertire questa distribuzione sperequata delle ricchezze della terra. Ma oggi gli unici attrezzati ad agire in termini globali sono esclusivamente loro: i padroni del mondo. Per questo nessuno ti risponde: è troppo difficile, non ci sono frasi fatte o balle da raccontare per dire alla gente quel che vuol sentirsi dire dopo averglielo chiesto in un sondaggio.
RispondiElimina@Franco
RispondiEliminaA dire il vero io avevo scritto un commento... ma non lo vedo... sigh... non capisco cosa sia successo...
P.S. Santi Numi, trovato... per errore mi era finito nel post sbagliato! :((((((
RispondiEliminaLo copio-incollo qui:
@CLaudio
...attribuisce le migrazioni all’esigenza dei paesi più industrializzati di disporre di crescente manodopera a buon mercato per rispondere all’incremento della domanda originato dalla globalizzazione.
Condivido la critica che fai a questa affermazione contestualizzata al presente che stiamo vivendo. È anche vero che le esigenze dei paesi industrializzati non sono solo quelle dell'industria tecnologicamente più avanzata e robotizzata: nel mercato globale entrano anche numerosi prodotti di alta qualità dove l'apporto umano "tradizionale" è ancora fondamentale, vedansi artigianato, agricoltura e manufatture alimentari tipiche ecc. Se penso alla realtà italiana, in tali settori è ormai cronica l'insufficente offerta di manodopera autoctona e la necessità di ricorrere alla forza lavoro di origine straniera.
A latere, mi viene anche in mente il caso dei muratori/carpentieri/posatori rumeni che, dimostrando di lavorare meglio di quelli italiani, hanno fatto fuori dal mercato i colleghi italiani (specie quelli meridionali).
Insomma, letta in termini apodittici la frase dell'autore che citi è contestabile, mentre in senso lato non si allontana troppo dal vero.
@Franco
RispondiEliminaRiguardo quello che hai scritto tu, sono ormai almeno una decina di anni che temo/vedo che il sistema politico-economico-sociale-culturale in cui viviamo si dimostra non riformabile, non lo è solo dal suo interno, non lo è in modo incruento.
La storia mi insegna che i cambiamenti più importanti e fecondi sono sempre nati a seguito dei grandi reset epocali imposti da rivoluzioni, guerre o catastrofi... magari ora però si esagera perché bussa alle porte tutto questo contemporaneamente.
@Franco
RispondiElimina@CLaudio
Rispetto alle guerre addensate all'orizzonte da "The Donald", non mi ero spaventato più di tanto per la sua elezione, sia perché in fondo non vedevo malissimo uno shock virale che tirasse fuori gli anticorpi storicamente ben radicati (ma non sempre svegli e attivi!) nell'organismo United States of America, sia perché la Clinton mi sapeva tanto di "accanimento terapeutico".
Durante la settimana scorsa, la mia fiducia che il sistema di pesi e contrappesi USA possa ben arginare le follie di un Presidente à la "Doc Strangelove" di Kubrick, non è andata delusa:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/06/trump-grandi-della-new-economy-contro-il-muslim-ban-impedisce-di-reclutare-talenti-dannoso-per-il-nostro-business/3371399/
Sarebbe interessante seguire, come trend, a quanto gli allibratori fissino le quote per un suo probabile IMPEACHMENT.
P.S.
RispondiEliminahttps://www.google.it/amp/s/www.agimeg.it/scommesse-le-dimissioni-la-procedura-impeachment-trump-della-fine-del-mandato-pagate-dai-bookmakers-4-volte-la-posta-2/amp/
@ daniele
RispondiElimina>Draghi e tutti i draghetti Grisù "farò il pompiere" del mondo, senza alcun dubbio ! :)))
Certo che suona tanto come un'opzione "le pen" (il membro) vs "drag-queen" (il travestito)... qualcosa non quadra! :D :D :D
Mi ricorda tanto il dilemma che mi hai evocato in altro contesto..
:):) quindi Draghi.....ma perchè ti convince Draghi???
"...Inoltre la globalizzazione e l’ampliamento del mercato, tanto invocato dai sacerdoti della “crescita” come panacea di tutti i problemi, ha irresponsabilmente operato una redistribuzione a rovescio concentrando sempre più la ricchezza e diffondendo sempre più la povertà..."
RispondiEliminaHo qualche dubbio su questa affermazione, anche se condivido molte delle riflessioni del post.
Alcuni furbastri sanno approfittare bene di certe opportunità, magari a livello finanziario, come un ladro può entrarti in casa a rubare mentre sei in palestra, ma questo non toglie che l'attività fisica faccia bene.
Io credo che la globalizzazione, come l'immigrazione, debbano essere governati in maniera da non suscitare panico e reazioni che definiamo egoiste, ma che alla fine sono anche di sopravvivenza (e qui chi è senza peccato e pronto ad offrire casa propria, scagli la prima pietra ;-) ). E' chiaro che aprirsi a concorrenti affamati sposta in basso il nostro tenore di vita, almeno finchè la nostra curva di discesa non incrocerà la loro di salita, tuttavia pensare di non condividere per niente la ricchezza per non doverne cedere un po', alla lunga crea problemi anche peggiori, pur tralasciando le questioni etiche. Si ha un bel dire di aiutare gli altri a casa propria, quando poi magari si invocano dazi protezionistici. Le cose vanno gestite POLITICAMENTE e non lasciate all'impero della speculazione, ma comunque non si può chiudersi e ignorare le esigenze di tanti disgraziati, come abbiamo fatto con l'Africa, che ora infatti ci sta sommergendo.
In Cina, oltre un miliardo di individui stanno percorrendo una transizione accelerata, che ha aspetti da bolgia infernale, ma che sta consentendo loro di gettare le basi per un futuro con standard di vita simili a quelli a cui ci pesa tanto rinunciare, anche in minima parte. Quando si eliminano le barriere, la ricchezza disponibile e anche quella che è in via di produzione, tende a diffondersi per osmosi e laddove la concentrazione era maggiore, vi sono impuntature resistenze e richiami al protezionismo. Mi ripeto e concludo: non penso che non vi debba essere una conduzione graduale e intelligente, sia della globalizzazione, che dell'immigrazione, attualmente dirompenti e destabilizanti. Penso che, questi cori di protesta che in genere si ritrovano entrambi nella linea politica delle stesse persone (Trump, Le Pen, Salvini, forse anche Grillo?), debbano essere ascoltati e gestiti intelligentemente. Purtroppo si dice che la quantità di intelligenza presente sul pianeta sia fissa e che la popolazione sia in aumento.... ;-D
@ ale
RispondiElimina>Penso che, questi cori di protesta che in genere si ritrovano entrambi nella linea politica delle stesse persone (Trump, Le Pen, Salvini, forse anche Grillo?), debbano essere ascoltati e gestiti intelligentemente.
vanno ascoltati , perchè sono il segno del malessere....misurata la febbre??!! fa 40 e rotti!
bene , ma non offrono la giusta medicina per la guarigione!
... amio parere:):) s'intende:)
@gio
RispondiElimina:):) quindi Draghi.....ma perchè ti convince Draghi???
Non ho detto che Draghi mi convince, ma non-mi-convince molto meno di quanto - tantissimo! - non-mi-convince la Le Pen: le soluzioni che propone sono fuori dal mondo e dal tempo.
Sei tu che mi hai dai un aut aut.
Io amo Marine Le Pen... Bisognerebbe fare anche in Italia un referendum per far uscire la Francia dall'Europa... Mi stan troppo sul c...o i Francesi...
RispondiEliminaAndrea Di Marco
@ Daniele
RispondiEliminaTi propongo l'aut aut perché ormai è nei fatti e le due opzioni a disposizione sono incarnate da Draghi e le pen.......
@gio
RispondiEliminaDevo dire che la motivazione del voto alla Le Pen riportata da Silvio è accattivante... ma non fa che dimostrare quanto gli Europei siano un concetto astratto più che un popolo.
@ gio
RispondiElimina".......misurata la febbre??!! ..."
Oh, ma sei un chiaroveggente :-), la febbre me la sono misurata davvero. Da una settimana ho una febbriciattola strisciante, il raffreddore e una tosse più che discreta.
Stasera comunque in palestra vado lo stesso, perché mi sono rotto le scatole di stare a casa per un 37uccio di temperatura.
Avanti arditi....! :-D
@ daniele
RispondiEliminama tant'è !!!....non c'è una terza via!!!
le soluzioni sono solo queste: o si prosegue il cammino insieme o si decide di far saltare tutto !!!
e Draghi e Le pen li sintetizzano perfettamente e sono gli unici a dire la verità!!
@ ale
palestra e doccia fredda :):)
@gio
RispondiElimina...le soluzioni sono solo queste: o si prosegue il cammino insieme o si decide di far saltare tutto !!!
Io sono per continuare insieme... o meglio per iniziare nuovamente insieme un cammino verso un'Europa degli europei piuttosto che verso un'Europa dei Mercati e della grande Finanza... se però non si concretizza nessuna via in tal senso, tra il pene e il drago, allora è un bel problema. Per tutti.
@ Alessandro
RispondiElimina“aprirsi a concorrenti affamati sposta in basso il nostro tenore di vita, almeno finchè la nostra curva di discesa non incrocerà la loro di salita”
Questa affermazione è centrale. Non mi sembra però che quando si aprì il M.E.C. (Mercato Comune Europeo) vi furono modifiche peggiorative del tenore di vita dei paesi precedentemente più benestanti; ma quella apertura, come altre, era un’opportunità per espandere la scelta per i consumatori e i mercati di sbocco per i produttori in un contesto in cui i meccanismi e le tutele sociali di questi paesi erano sostanzialmente equilibrati. La globalizzazione più recente (WTO, fine anni ’90) esplosa principalmente con la conclusione degli accordi tra USA e Cina (2001) ha di fatto sancito il principio che l’unico parametro per l’apertura dei mercati fosse l’accettazione del paese da parte dei membri che contano (USA, Unione Europea e Giappone) senza altre valutazioni di opportunità se non quelle di natura geopolitica. Sono pertanto stati esclusi paesi non graditi a queste potenze (Iran, Russia per 18 anni) mentre sono stati ammessi paesi in cui il costo del lavoro era infimo per via della mancanza di qualsiasi tutela o diritto da parte dei lavoratori (Cina, Taiwan "Asian tigers" ecc.). Il vantaggio concorrenziale di questi ultimi ha prodotto gravi squilibri nel rapporto di valore tra capitale e lavoro in tutto il mondo produttivo inducendo ovunque un’ulteriore spinta al ribasso del prezzo e delle tutele della manodopera. Personalmente considero quella dei paesi senza tutele sociali, una concorrenza sleale sulla pelle dei più poveri, ma tale distorsione della concorrenza è stata accettata molto volentieri trattandosi di un calmieramento generalizzato delle politiche redistributive. Non risulta infatti che, a fronte della disoccupazione e dell’impoverimento dei lavoratori occidentali, l’operaio inurbato cinese abbia migliorato di molto la sua situazione esistenziale.
@ Daniele
In tutti i paesi ricchi il progressivo accoglimento di lavoratori provenienti da economie più deboli o a maggiore dinamica demografica, ha in effetti consentito la sostituzione di manodopera nei settori dell’artigianato o dei lavori più umili, ma questo è un meccanismo virtuoso che ha sempre creato opportunità di osmosi tra le varie aree del mondo. Ben diverso il caso di un impoverimento delle classi medio/basse per lo svilimento del valore del lavoro e le massive trasmigrazioni di popoli costretti alla fuga che stanno generando preoccupanti situazioni conflittuali.
@ Franco Sarbia
“ciascuno mena colpi mortali a ogni istituzione di cooperazione internazionale e si arrocca a difesa del proprio sgangherato fortino”
Purtroppo è così: lo sforzo profuso per gestire i guasti prodotti, come dici tu, dai “padroni del mondo” (e chi altri, visto che sono gli unici a disporre di quasi tutte le leve per deciderne le sorti) è niente in confronto allo sforzo profuso per mettere al riparo i propri interessi!
@ Claudio
RispondiElimina"... sono stati ammessi paesi in cui il costo del lavoro era infimo per via della mancanza di qualsiasi tutela o diritto da parte dei lavoratori (Cina, Taiwan "Asian tigers" ecc.). Il vantaggio concorrenziale di questi ultimi ha prodotto gravi squilibri nel rapporto di valore tra capitale e lavoro in tutto il mondo produttivo ..."
D'accordissimo. Tuttavia per evitare che questi disgraziati debbano ripercorrere in pochi decenni lo stesso iter che noi abbiamo passato in un secolo e più, dovrebbe cambiare radicalmente la visione dell'economia. Sarebbe sicuramente la cosa più bella e giusta, ma in questo quadro mondiale, in attesa che si realizzino scenari al momento utopistici, la sola possibilità che hanno di emergere e cominciare a sfamarsi è quella di lottare con tutta la rabbia e la determinazione che il lungo digiuno fornisce loro. Da parte nostra sarebbe saggio non accettare supinamente un'apertura globale, ma modularla in maniera tale da non far saltare intere filiere e pur consentendo anche a chi deve crescere di farlo, avere l'accortezza di ammortizzare meglio gli scossoni. Qui dovrebbe provvedere la Politica con la P maiuscola.
@ Daniele
A Prato la vastissima comunità cinese ha creato problemi enormi. Inizialmente hanno fatto magari comodo a qualcuno, perché li sfruttava come terzisti per farsi eseguire al basso costo di una produzione in sostanziale schiavitù, quelle lavorazioni che il piccolo artigiano pratese, pur lavorando con l'intera famiglia e cercando di evadere al massimo le tasse ;-), non riusciva assolutamente ad assicurare, neppure ad un prezzo simile a quello cinese. Poi i sinopratesi (ora lo propongo alla crusca, altro che 'petaloso') hanno cominciato a svolgere anche le funzioni di quelli che prima gli commissionavano il lavoro, che quindi non si fregavano più le mani contenti, ma dovevano usarle come faceva l'aretino Pietro, perché la situazione era diventata sciagurata anche per loro.
A Prato la leggenda narra di forti interessi da parte di alcuni politici, anche in virtù di accordi con taluni immobiliaristi, per favorire l'arrivo dei cinesi. Di certo, una vigilessa che conosco bene, tanti anni fa, mi confermava che vi erano indicazioni piuttosto esplicite per non disturbare i traffici della comunità cinese. E la vigilessa era della stessa parte politica di chi la lasciava sconcertata dirigendola in quel modo.
@ Alessandro
RispondiEliminaquel che è successo a Prato è successo nel mondo. Tramontata l'utopia comunista dell'espropriazione dei mezzi di produzione, la ricerca della competitività, compromessa dalle lotte operaie degli anni 70, ha smesso di essere l'innovazione, per minimizzare l'incidenza del costo del lavoro, e si è orientata verso la competizione basata sulla negazione dei diritti dei lavoratori e degli ecosistemi (vedi Riva). Ero in fabbrica all'inizio degli anni 80 e ricordo bene la dinamica delle delocalizzazioni dei settori manifatturieri cosiddetti maturi, a cominciare dal tessile. A Biella, dove pure non si lavorano "i cenci" come a Prato ma il cashemere, in 10 anni è dimezzata l'occupazione, prevalentemente femminile. Dicevano allora: «usiamo le braccia degli indiani e dei cinesi che non costano nulla, ma il cervello ed il design rimangono made in Italy». Lo sforzo di internazionalizzazione della produzione industriale ha indotto la finanziarizzazione del business manifatturiero, che aveva acquisito in tal modo elevatissimi margini di speculazione. Ma presto la finanza internazionale ha trovato assai più conveniente portare il cervello dov'era la produzione a basso costo, per controllarlo meglio, e gli indiani ed i cinesi hanno iniziato a comprare i marchi italiani, riempiendo di soldi le famiglie industriali proprietarie del made in Italy ormai bollite, affinché smettessero di lavorare e portassero cuore, cervello e portafoglio in qualche paradiso fiscale. Ci rimangono la piccola e media impresa e l'artigianato di grande qualità, si salvano dalla delocalizzazione non solo per il loro "saper fare" ma paradossalmente perché il sistema bancario ha smesso d'investire in innovazione e ricerca. Ai tempi della "bolla speculativa" bastava avviare una software house farlocca e gli investitori facevano a gara per quotarla in borsa, si sono riempiti di crediti inesigibili. Così ora non finanziano più nessuna idea imprenditoriale innovativa, perché sono ormai privi di cultura industriale e non sanno discernere il grano dal loglio.
Allora non è detto che, per invertire la rotta, non si debbano introdurre nuove forme di protezionismo: dell'ambiente e del lavoro, basate sull'analisi del ciclo di vita delle merci importate. Dovrebbero essere gravate dei costi ambientali e dei diritti del lavoro non sostenuti all'origine, ed il prelievo dovrebbe essere destinato al risanamento ambientale, al reddito di cittadinanza per i disoccupati ed al welfare dei paesi importatori. Presto gli esportatori che usano la miseria ed il degrado ambientale per competere potrebbero trovare conveniente proteggere, con minori costi, il loro ecosistema ed i loro lavoratori per allargare il loro mercato interno e l'attrattività ambientale dei loro paesi.
@tutti
RispondiEliminaOT
Le speranze sull'E-Cat possono ancora volare alto ?
Oggi E-cat world ha scovato un documento interessante:
https://drive.google.com/open?id=0BzKtdce19-wyNExpQnhuMzVieFk
La Boeing - mica pinca pallino! - è stata chiamata a deporre nel processo che oppone Andrea Rossi a Industrial Heat... cosa potrebbe mai significare?
Rif. http://www.e-catworld.com/2017/02/08/rossi-vs-industrial-heat-how-is-boeing-involved/
@ Franco
RispondiElimina" gli esportatori che usano la miseria ed il degrado ambientale per competere potrebbero trovare conveniente proteggere, con minori costi, il loro ecosistema ed i loro lavoratori per allargare il loro mercato interno e l'attrattività ambientale dei loro paesi."
E' esattamente ciò che avrebbero fatto le economie emergenti se l'interesse del WTO - che ben avrebbe potuto porre vincoli in quel senso - fosse stato di equilibrare i traffici commerciali e di aprirli al mondo anzichè di deprimere in qualsiasi modo e ovunque il costo del lavoro.
@ Franco
RispondiElimina"...Allora non è detto che, per invertire la rotta, non si debbano introdurre nuove forme di protezionismo: dell'ambiente e del lavoro, basate sull'analisi del ciclo di vita delle merci importate. Dovrebbero essere gravate dei costi ambientali e dei diritti del lavoro non sostenuti all'origine..."
Decisamente qualcosa va/andrebbe fatto. Al solito, la calibrazione è il difficile.