Comunicazione Non Verbale, ho pensato, poi, guardando meglio ho letto: Comunicazione NonViolenta... bingo! Sembrava fatto apposta per me ed il blog.
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mercoledì 6 luglio 2011
Comunicare senza conflitti con la CNV
Comunicazione Non Verbale, ho pensato, poi, guardando meglio ho letto: Comunicazione NonViolenta... bingo! Sembrava fatto apposta per me ed il blog.
15 commenti:
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Bello! Cerco di procurarmi questo interessante "quaderno"...ti seguo
RispondiEliminaDaniele
RispondiEliminahai visto..non è servito neanche riportare qualche passo del libro.
questi argomenti calmano le acque. Se c è un discorso che sta diventando troppo agguerrito, con toni troppo accesi...et voilà ci butti giù un paio di post come questo e tutto si calma.
Sei un furbaccione!
mavaffanbicchiere
RispondiEliminagiu7
RispondiEliminascusa a chi ti rivolgi?
e cosa vuol dire?
@Pietro
RispondiElimina@robi
2 su... devo smettere di fare questi "test di sensibilità" sul blog: i risultati sono da sconforto al quadrato!
@Giu7
Disse Santoro a Masi:
M'hai proprio rotto i "vasi".
Rispose Masi a Santoro:
Scusa, obbedisco a "loro".
:-)
@robi
RispondiEliminaScusa la mia mania di fare battute.
Non mi rivolgo a nessuno in particolare.Ipoteticamente potrebbe essere rivolto a Daniele che ha colto l'ironia e il riferimento a Santoro e Masi.
@Daniele
RispondiElimina"2 su... devo smettere di fare questi "test di sensibilità" sul blog: i risultati sono da sconforto al quadrato!"
Ah ah ah... Sei simpatico Daniele... e mi sa che sei un furbacchione :-)
Ma tant'è, se hai voluto fare un test avrai avuto i tuoi motivi, anche se il risultato non è così inaspettato, vero? Sono certo che sai benissimo che le "cose accadono" e a volte siamo pronti a coglierle ed altre, molte altre volte, no. Passavi in libreria, hai visto questo libro e hai colto: era il momento "giusto". Chissà, forse c'entrano anche alcuni scambi su altri post, che hanno piantato un seme... Forse questo libro smuove in te una domanda che ti fai da tempo, sulla comunicazione efficace, sulla democrazia, sulla necessità di "fare qualcosa" per condividere altre modalità di scambio, oltre a quelle ben note del conflitto. Lo hai proposto qui e non molti hanno fatto altrettanto. Non sconfortarti, se puoi. La tua "parte" è quella di mostrare un'altra via, in cui credi. Quella degli altri è cogliere ciò che sentono essere loro utile. Ma so che questo già lo sai...
Ma tornando al libro... Ho cercato un po' in giro per farmi una idea di questa CNV. L'argomento mi sembra interessante, e in un certo senso "geniale" nella sua semplicità. Parlo di semplicità perché sento che si tratta di qualcosa che, fondamentalmente, è "istintivo" per chiunque cerchi con passione e umiltà la comunicazione profonda, empatica, essenziale, che abbia una visione chiara della dignità dei propri desideri e cerchi con interesse vero l'essenza dell'altro, senza pregiudizi. Rappresenta la base irrinunciabile di uno scambio tra pari.
Sono invece perplesso sulla possibilità che l'utilizzo di questa, in quanto "tecnica di comunicazione", possa portare a una vera crescita, finché resta una tecnica. Temo che sia necessaria una "preparazione" che derivi dalla vita e dall'esperienza. Come tanti "manuali" può magari fare luce sui perché di certe cose che già fai, e soddisfare una esigenza di "comprensione" intellettuale, ma difficilmente scatena veri cambiamenti profondi, proprio perché la comprensione vera quasi mai passa dal "sapere". Credo che la lettura di un libro come questo possa portare, al momento giusto, della sana "illuminazione" su se stessi, sulle proprie motivazioni profonde, sui propri meccanismi (e non è certo poco), ma rischia di essere deludente se chi lo legge lo intende come un mezzo per imparare la strada per "raggiungere" meglio gli altri, perché non tiene conto della "disponibilità" altrui. È sicuramente vero che essere "aperti e in ascolto" predispone l'interlocutore ad una migliore disposizione di animo, e facilita lo scambio. Forse però un libro come questo può solo insegnare a chi è già in ascolto un modo per metterlo in evidenza, come può insegnare a chi vuole fingere, nuove tecniche per meglio ingannare chi si sente trascurato.
In ogni caso penso che tu abbia fatto bene ad inserire il libro in questa vetrina, Daniele. Questo è quanto potevi fare. Per il resto, per la "tua" comunicazione, penso che tu abbia già tutti gli strumenti per fare molto bene :-)
Un abbraccio.
ma non è che la sensibilità sia sempre un pregio, anzi spesso crea più problemi che altro:))
RispondiEliminaant0p
RispondiEliminail cappellino ti dona.
è la protesi al braccio sinistro che non so giudicare...
@ant0p
RispondiEliminada "scienziato" a scienziato.
In un laboratorio (come d'altronde nella vita), "troppa sensibilità" raramente è un problema: è possibile modularla, ed usarne la quantità necessaria. Certo questo richiede consapevolezza, responsabilità ed esperienza. Purtroppo, invece, la strada opposta è quasi sempre impercorribile. Tuttavia intuisco che a te la sensibilità non manchi affatto :-)
Un abbraccio.
ovvio che anch'io ho le mie sensibilità, ognuno ha le sue e non è il caso di vantarsene. che ne so..i nazi sono molto sensibili alla configurazione razziale delle persone e per questo hanno grossi problemi, io invece in quello sono insensibile e penso di essere fortunato..
RispondiEliminacosì come ci sono persone molto sensibili al modo di comunicare verbalmente..e anche quello è un problema..perchè sono i primi a dar fuori di matto e a alzare le mani quando si litiga:)) e allora magari hanno bisogno di questi libretti pratici per evitare di alzare i toni..mentre io non penso di averne bisogno visto che ho sempre saputo sempre gestire la violenza verbale e psicologica evitando che degenerasse in qualcosa di peggio. questo per quanto riguarda la comunicazione personale, se poi si tratta di tattiche di comunicazione di gruppo o collettiva è un'altra cosa, ma quelle sono cose che interessano solo a chi fa attività in contatto collettivo con le persone, a me no..per fortuna posso trattare con una persona alla volta:))
@ant0p
RispondiEliminaQuando uso il termine "sensibile" intendo "acutezza percettiva", ossia una capacità di accorgersi di ciò che accade, anche quando è sottile e poco apparente. Mi fermo a questo aspetto. Poi c'è la reazione che ognuno può mettere in atto di fronte a qualcosa che ha percepito. Per me sono due questioni disgiunte. È possibile essere molto sensibili e poco suscettibili, ad esempio.
Nel tuo ragionamento sembri mettere la sensibilità alla radice dei comportamenti aggressivi, forse perché, giustamente, associ la sensibilità con la possibilità di sentirsi feriti. Beh, certo che se sono sordo mi è difficile offendermi per un insulto, tuttavia l'insulto rimane. Sembra quasi che per te "sentire poco" sia un pregio, perché espone a minore possibilità di soffrire e di avere risposte aggressive, come avere una corazza.
Personalmente credo poco alle "corazze" e alla insensibilità. Credo che l'essere umano abbia, come tutti gli animali, una grande sensibilità innata. È possibile dissimularla, è possibile smettere di ascoltarla, è possibile arrivare a credere di non averla, che sia meglio così, che questo renda più forti.
Per me invece la vera forza dell'essere umano è la sua capacità empatica, che si fonda sulla sensibilità reciproca e sulla capacità di immedesimazione. Nel nostro cervello esistono neuroni specifici a questa funzione, che è una delle strategie della sopravvivenza di specie.
Se è così, soffrire sembra inevitabile. Sì, in parte lo è, per fortuna, perché ciò ci da anche la possibilità di gioire. La funzione è la stessa, è sempre questione di sensibilità. Essere forti però non ha a che vedere con il non soffrire. Essere forti è partecipare alle umane vicende, compresa la sofferenza, sapendo sempre con chiarezza di chi essa sia. Essere forti è sapere chi si è, per non confondersi con gli altri, con quello che vorrebbero fossimo o quello che vorremmo che gli altri credessero che siamo. Essere forti è essere se stessi, sempre e comunque, senza pretesa di essere migliori.
(**) ...
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure…
a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel tuo dolore,
tuo e mio, senza nulla fare per nasconderlo,
o allontanarlo o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia,
tua e mia, se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi
ti invada fino alla punta delle dita dei piedi o delle mani,
senza esortarci ad essere prudenti, realisti, o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro
per restare fedele a te stesso, e non tradire mai la tua anima
a costo che altri ti chiamino traditore.
...
Un abbraccio.
(**)Da una preghiera indiana:
http://unanessunacentomila.blog.tiscali.it/2009/05/16/ci___che_mi_interessa_di_te_e_di_me_1988101-shtml/
ant0p
RispondiEliminala mia non vuol essere una derisione.
al contrario mi ha colpito la tua foto perchè ha un che di strano
ciao
@robi
RispondiEliminaè una foto con la webcam messa lì così per divertirsi col vapore e le pentole:)) i cappelli sono gli effetti di default nel programmino della webcam..
Daniele
RispondiElimina46 anni oggi!! Te sì vecio...
eheheh
eh quando avevamo 20 anni quelli sopra i 40 erano "vecchi"
ma i 20enni non sanno che lo spirito non invecchia mai..
ciao