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giovedì 24 marzo 2011

Scienza descrittiva
versus scienza concettualizzatrice

Giuliano Preparata, in primo piano, con il suo amico e collega Emilio del Giudice.
Di consuetudine inserisco nel blog brani che ritengo utile segnalare a tutti. La prefazione che segue, scritta da Emilio del Giudice, apre l'ultimo libro di Giuliano Preparata (1942-2000), uscito postumo nel 2001 per i tipi di Bibliopolis: ARCHITETTURA DELL'UNIVERSO - lezioni popolari di fine secolo su ciò che la scienza è riuscita a capire sulla struttura dell'Universo. Libro che richiede un minimo di cultura scientifica di base e che dedico a chi sa che per scoprire qualcosa di nuovo è necessario mettere continuamente in discussione ciò che si sa già. Ma lo dedico ancora di più a chi finge di non saperlo.

  
PREFAZIONE

Questo libro è la raccolta di sei lezioni tenute dal fisico teorico italiano Giuliano Preparata nell'inverno 1999-2000, qualche mese prima della sua morte, ad un gruppo di ascoltatori, i cui interessi culturali erano di tipo generale, con una preferenza per l'indirizzo psicologico umanistico. Come Giuliano scrive nella premessa, queste lezioni esprimono una attitudine culturale simile a quella che animò i fondatori della scienza moderna nel Rinascimento, da Nicola di Cusa a Giordano Bruno a Johannes Kepler a Galileo Galilei: coinvolgere nel processo di conoscenza scientifica il pubblico delle persone colte, i cittadini della Repubblica delle lettere.

Questo tentativo di allargare il dibattito scientifico al pubblico colto ha caratterizzato i sostenitori di ogni nuova visione generale! Nell'epoca moderna Charles Darwin, Sigmund Freud e Karl Marx, anch'essi autori nei loro rispettivi campi — lo studio dell'evoluzione delle specie, la psicodinamica del profondo, l'economia politica — di tentativi di costruzione di nuove visioni scientifiche, non si rivolsero principalmente agli «esperti», per lo più scettici verso le nuove proposte, ma si rivolsero agli esterni, non vincolati dagli «idola tribus», fecero «l'appello al popolo».

Come già accadde a Giordano Bruno e a Galileo Galilei, proprio l'aver lanciato questo appello al popolo è diventato spesso per lo scienziato rivoluzionario un capo di imputazione aggiuntivo nel processo che la società degli esperti, la «comunità scientifica», si è affrettata a intentargli. Come si permette costui — tuonano gli «esperti» — di aggirare il filtro che noi frapponiamo tra la scienza e il popolo, a cui egli chiede di ragionare e argomentare e non di credere, stupito e attonito?

Il desiderio di conoscere la natura è una delle spinte spontanee fondamentali dell'animo umano; è altrettanto fondamentale che il desiderio di amare o il desiderio di commuoversi attraverso l'arte. È la continuazione in età adulta della curiosità instancabile del bambino, non ancora reso ottuso dalla soppressione o dalla corruzione dei suoi istinti fondamentali ad opera della società contemporanea. Scoprire il segreto della formazione di un cristallo, della condensazione di una goccia di liquido, dello sviluppo di una pianta dal suo seme produce nell'essere umano emotivamente non bloccato una gioia paragonabile ad un amore corrisposto. L'essere umano scopre allora che la sua mente, ben sorretta dalla sua psiche e dal suo corpo, si muove all'unisono con il movimento della natura, può addirittura precederla, come accade quando un fenomeno naturale viene previsto prima del suo accadimento concreto.

Questa esperienza gioiosa dell'incontro risonante con il movimento della natura è però oggi una esperienza molto rara. La scienza si trova oggi in condizione diversa dall'arte e dalla musica. È vero infatti che pochi esseri umani possono comporre come Mozart, ma è anche vero che molti possono intendere la sua musica e commuoversi. Anche la scienza del passato è stata talvolta capace di parlare alla persona colta media, almeno in certi periodi. Mentre l'astronomo tolemaico poteva spiegare la sua visione del cielo solo a pochi interlocutori, ben ferrati in matematica, Galileo poteva portare i concetti della nuova fisica alla comprensione delle persone colte del suo tempo e, un secolo dopo, l'abate di Fontenelle poteva scrivere «le newtonisme pour dames».

Oggi invece lo scienziato non può più dialogare con la società colta; può soltanto presentare in forma autoritaria le sue conclusioni senza l'argomentazione che le ha prodotte, prendere o lasciare. La realtà naturale è rappresentata come troppo difficile da comprendere da un laico in modo diretto; occorre la mediazione obbligatoria del chierico, dell'esperto che può solo dettare conclusioni, che possono essere al più illustrate con metafore, ma non spiegate con un ragionamento esplicito, sostenuto da sensate esperienze, che l'essere umano razionale possa valutare. Perciò la «comunità scientifica» assume l'aspetto fenomenico di una chiesa che si rivolge ai fedeli, ovvero di un produttore che si rivolge ai consumatori, ai quali deve fornire un «Know how», ma mai un «Know why».

In effetti, nel ventesimo secolo la scienza è diventata un elemento sempre più integrato nella società economica, ma questo non ha significato che la razionalità scientifica abbia preso la direzione dei processi economici. Al contrario; l'investimento massiccio di capitali in particolari settori segnalati dall'iniziativa scientifica (il nucleare, la farmacologia, le biotecnologie, l'informatica) ha creato una poderosa rete di interessi che vincola le ulteriori scelte scientifiche a procedere non verso la scoperta di ulteriore verità, ma verso la tutela del capitale già investito e la ricerca di un profitto sempre più grande. I computer sono certamente un grande ausilio per la ricerca, ma l'acquisto da parte degli istituti di ricerca di costose attrezzature di calcolo da luogo alla nascita di un ceto di tecnocrati, il cui «vested interest» spinge i ricercatori a modificare il proprio stile di lavoro e a vedere se stessi come gli infaticabili fornitori di cibo per gli insaziabili computer, che vanno sfruttati a tempo pieno se si vuole ammortizzare il costo di questa struttura. Perciò lo scienziato è spinto sempre più a «calcolare» e sempre meno a concettualizzare, cosa che implicherebbe un taglio drastico della richiesta di calcolo.

Giuliano vide acutamente questo aspetto della scienza moderna e pubblicò sul Nuovo Saggiatore (organo della Società Italiana di Fisica) un brillante articolo: «Se Simplicio avesse avuto un Cray» (II Nuovo Saggiatore, 10 (1994), n. 1, pag. 59) in cui immaginava come sarebbe cambiato il dialogo tra l'innovatore Salviati e il tolemaico tradizionale Simplicio nella famosa opera di Galileo se al soccombente Simplicio fosse stato dato un supercomputer. Giuliano allora prevedeva che tutti i complessi calcoli richiesti dalla teoria tole­maica degli epicicli per descrivere le orbite dei pianeti sarebbero stati compiuti in un tempo brevissimo e Simplicio avrebbe potuto contrapporre «in tempo reale» alle eleganti concettualizzazioni di Salviati-Galileo impressionanti tabelle di numeri e avrebbe potuto dire che non aveva bisogno di una nuova teoria, poiché padroneggiava i moti dei pianeti così bene da poter dare la loro posizione in ogni istante. Continuando nell'ipotesi di Giuliano noi potremmo suggerire allo stregone scherzoso che aveva regalato a Simplicio il supercomputer Cray di dare all'umanità di allora anche un missile e un satellite da lanciare nello spazio extraterrestre. Allora Simplicio non avrebbe potuto rispondere alla richiesta di prevedere l'orbita assunta dal satellite in conseguenza di una data velocità iniziale del missile. Il poveretto avrebbe soltanto potuto offrirsi di osservare l'orbita assunta dal satellite, una volta raggiunte condizioni stazionarie, e di estrapolarla all'infinito; avrebbe potuto solo inseguire il fenomeno, ma non progettarlo, come possono fare, grazie alla scienza galileiana fondata su una più elevata concettualizzazione, i moderni ingegneri spaziali.

Scienza descrittiva versus scienza concettualizzatrice. Nei periodi di più profondo rivolgimento storico, l'umanità è più attratta dal progetto, dalla capacità di scoprire la legge di formazione dei fenomeni e perciò chiede agli scienziati di essere come Galileo o Kepler o Nicola di Cusa.

Nei periodi normali, invece, come osservava Thomas Kuhn, alla scienza si richiede di sviluppare quantitativamente la costruzione esistente, privilegiando l'abbondanza di molti particolari disgiunti sulla stringata unificazione del concetto.

Ma senza questa unificazione la persona colta non specialista affoga in un oceano di particolari senza potersi orientare. Nel trecento un rè di Castiglia, dopo aver ascoltato dal proprio astronomo di corte la descrizione del modello tolemaico, commentò: "Se fossi stato Dio, questo mondo lo avrei fatto più semplice".

Questo è anche il commento sconsolato di chi oggi voglia comprendere il mondo circostante. Si tratti di computer o di biotecnologie, non gli è permesso di guardare dentro il meccanismo, deve accontentarsi delle regole per l'uso.

Questa enorme parcellizzazione del sapere scientifico è la conseguenza di uno sviluppo scientifico meramente quantitativo, forzato dal vincolo imposto alla scienza di preservare il valore del capitale già investito, di non azzerarlo con l'apertura di nuovi orizzonti. La prospettiva è quella di uno sviluppo ininterrotto di risultati che lascino inalterata la base concettuale.

Questo vincolo si è sviluppato in una fase di transizione della dinamica interna della scienza, in particolare della scienza fisica. La prima fase della scienza è stata quella di una sistemazione concettuale del mondo macroscopico. Sono stati formulati i concetti di spazio, tempo, energia, entropia, campo di forze e sono stati riconosciuti alcuni principi fondamentali, come i principi della termodinamica. In analogia con il comportamento del bambino curioso a cui tanto assomiglia, lo scienziato ha giocato con la natura, che è il suo giocattolo, secondo le regole dettate dal giocattolo. Ma poi ha scelto di andare oltre; ha cominciato a rompere il giocattolo per vedere come è fatto dentro, ha cominciato a cercare i componenti elementari della natura.

Questa è stata la rivoluzione atomistica che ha caratterizzato l'ultimo secolo. Si è scoperto che la materia è fatta di molecole, le molecole di atomi, gli atomi di nuclei ed elettroni, i nuclei di protoni e neutroni, e questi sono fatti di quark, che, come gli elettroni, sono finalmente oggetti elementari. Questa corsa al microscopico è avvenuta nell'ambito di una ipotesi, denominata in fisica "libertà asintotica", per cui il singolo componente entra negli aggregati di cui è parte senza cambiare la propria natura; cioè, ad esempio, focalizzando lo strumento di osservazione su una singola molecola, non dovrebbe essere possibile stabilire se essa appartiene ad un gas, ad un liquido o a un solido. Sulla base di questa filosofia le proprietà di un sistema complesso devono poter essere scritte nel componente elementare, che è considerato l'unico «principio attivo» di tutto il sistema, la complessifìcazione essendo affidata ai soli meccanismi termodinamici. Ma questo quadro concettuale non è riuscito finora a ricostruire nessuna transizione di fase, non è riuscito a fornire una giustificazione dinamica del perché le molecole d'acqua che formano il vapore "scelgono" di diventare un liquido nel preciso momento in cui la temperatura e la densità raggiungono determinati valori critici. Nella concezione dominante i soli meccanismi di comunicazione tra le molecole sono gli incontri ravvicinati in cui possono operare le forze intermolecolari, il cui raggio d'azione non eccede un paio di diametri molecolari. Nel vapor d'acqua al punto di liquefazione la distanza media tra molecole è di qualche decina di diametri molecolari e le collisioni coinvolgono poche molecole per volta e non producono aggregati che restino stabili, in attesa che, con i tempi lunghi della dinamica fondata sulle collisioni, altri partners si aggiungano agli aggregati primitivi; in questa attesa infatti essi si sono già disgregati.

Qual è dunque il meccanismo che consente la trasformazione del vapore in liquido in tempi brevi nell'ambito di regioni spaziali estese? Più in generale qual è il meccanismo per cui l'uno macroscopico si costruisce a partire dal molteplice microscopico, per cui l'olismo dell'universo evoluto emerge dall'atomismo prodotto dalla disgregazione dell'olismo primitivo?

Questa è la tematica dell'architettura dell'universo, questo è il punto centrale della riflessione di Giuliano, esposto nelle pagine di questo libro. La riflessione dei pionieri del nuovo punto di vista che cerca di andare oltre l'atomismo, tra i quali Giuliano ha un posto preminente, ha riconosciuto che vi è un soggetto fisico negletto, che si aggiunge agli atomi nel ruolo di protagonista del divenire della materia: il "vuoto". Questo termine esoterico indica in fisica il contesto in cui gli atomi si apprestano ad operare, l'insieme delle fluttuazioni di tutti i campi di forze esistenti in natura che concorrono collettivamente a formare lo spazio reale in cui accadono i fenomeni.

Il "vuoto" quindi fornisce la rete di binari su cui gli attori atomici si muovono per produrre il livello complesso e così facendo trasformare anche la loro natura individuale. " Sulle tracce del vuoto " è il titolo di un bellissimo articolo di Giuliano [II Nuovo Saggiatore, SIF, Bologna, 13 (1997) n. 3, pag. 22] in cui è discussa questa tematica, che è anche il filo conduttore del libro.

Nei sei capitoli si susseguono la sintesi dei quark nelle particelle elementari osservate, la sintesi delle particelle elementari nei nuclei, la sintesi delle molecole nei liquidi e nei solidi, la sintesi della materia nell'universo attraverso il campo gravitazionale che finalmente, grazie ai concetti prodotti dalla rivoluzione quantistica, può finalmente connettersi con la dinamica microscopica.

Questa prospettiva di progresso impetuoso della scienza nasce però nell'epoca storica in cui le esigenze poste dalla struttura economica della società ad una scienza, i cui ricercatori si sono vincolati ad aderire alle richieste di profitto dei capitali già investiti che richiedono stabilità di prospettive, hanno ingessato la sua dinamica interna, vincolandola a restare abbracciata alla sua carne morta, al suo cadavere, a quello che ha prodotto in un momento storico dato e che deve restare in vita finché i capitali investiti non abbiano fruttato fino all'ultima goccia.

Non restare abbracciati al cadavere, alla carne morta: questa è l'esigenza più profonda della vita e, quindi, anche della scienza. Emilia Campochiaro, la moglie di Giuliano, ci ha fornito una preziosa testimonianza dello spirito di Giuliano ritrovando il seguente appunto scritto negli ultimi mesi di vita.


Do you wish to go ahead? Forget thè giants.

Tradition is important: it establishes the framework in which human knowledge grows and develops. Recali the aphorism of the dwarfs climbìng upon the shoulders of giants.

But progress is still made by the dwarfs of today who will be tomorrow's giants.

But there must be a limit.

If we are to go ahead, we must be lucid enough to understand the merits but also the faults of the groundbreakers before us, and consider the former as already acknowledged by our very commitment to follow suit and concentrate keenly on the latter(1).

Emilio Del Giudice


(1) Volete andare avanti? Dimenticate i giganti.

La tradizione è importante: essa stabilisce l'ambito nel quale la conoscenza umana cresce e si sviluppa. Ricordate l'aforisma dei nani che salgono sulle spalle dei giganti.

Ma il progresso è pure l'opera dei nani di oggi che saranno i giganti di domani. Ma vi deve essere un limite.

Se noi vogliamo andare avanti, dobbiamo essere abbastanza lucidi da comprendere i meriti ma anche le manchevolezze dei pionieri che ci hanno preceduto e considerare i primi come già riconosciuti dal nostro stesso impegno di proseguirne il cammino e concentrarsi con appassionato accanimento sulle seconde.

15 commenti:

  1. grande 'post', come da un po' di qua, ma mi sa che ultimamente ti stai sorpassando?

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  2. @vanesio
    Grande è Emilio Del Giudice, grande è Giuliano Preparata che lo ha ben ispirato. Sono rimasto basito nel trovare in un piccolo pugno di pagine condensata così perfettamente la fase storica della scienza della seconda metà del XX secolo. A essere sincero per me sono cose quasi scontate, nel senso che mi rendo conto che è così da almeno 10 anni. Ho pubblicato questa prefazione soprattutto nella speranza (la speranza è l'ultima a morire) cheleggendolo a Tia (e chi come lui) possa aprirsi uno spiraglio... la sola cultura scientifica non basta, serve anche una base umanistica, così come la sola cultura umanistica non basta, serve anche una base scientifica. Soltanto chi nel corso della sua esistenza riesce ad attingere ad ambo questi aspetti dello scibile può veramente cominciare a fare collegamenti e stabilire connessioni e capire, come ben diceva Socrate, che l'unica cosa che possiamo sapere è di non sapere: a quel punto scatta la possibilità della conoscenza vera e non apparente, quella conoscenza che non dà potere sulla vita ma ci dà il senso della vita. Che sproloquio eh! :)

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  3. Offtopic, ma Rossi e` stato intervistato qualche ora fa da Sterling Allan sulla trasmissione radiofonica Coast to Coast AM (in americano). Questi sono i link ai segmenti rilevanti dalla trasmissione:

    Parte I - A partire dal minuto 6:25
    http://www.youtube.com/watch?v=xw_vzT6B1us

    Parte II
    http://www.youtube.com/watch?v=hjtQZKqEytM

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  4. stasera mi sento l'intervista e nel frattempo apro un altro offtopo:)) non saprei dove parlarne però è una curiosità correlata con i possibili sviluppi socio-politici di invenzioni che risolvono i problemi materiali: anni fa in tv (di notte, molto probabilmente su fuori orario) avevo visto un film fantascientifico/politico (quasi sicuramente degli anni 70) sulle scoperte di un ingegnere in italia che aveva risolto tutti i problemi di fabbisiogno energetico/alimentare ecc. con macchine che producevano tutto in abbondanza automaticamente, rendendo praticamente inutile il lavoro..un'industria dove prima lavoravano 800 persone poteva produrre tutto solo con 2 tecnici che controllavano il funzionamento delle nuove macchine automatizzate. E quindi in quella nuova situazione di abbondanza i lavoratori venivano messi in quartieri stile milano2, pagati e con tutti gli agi e senza dover più lavorare. sembrava tutto bello, ma il problema sorgeva dalla classe politica decocristiana/socialcomunista/fascista di centro/sinitra/destra che si consociava per prendere in mano la gestione delle scoperte dell'ingegnere, che nel frattempo veniva rapito e nascosto all'opinione pubblica. e dietro i grandi proclami retorici sulla risoluzione di tutti i problemi dell'umanità ormai raggiunta, la classe politica aveva in realtà il progetto di sterminare tutti gli ex-lavoratori divenuti ormai non più utili da sottomettere. il film finiva con l'ingegnere che cercava di avvertire tutti delle reali intenzioni dei politici, ma non ci riusciva e veniva dato a intendere che erano già pronte le camere a gas camuffate da stanze in cui si sarebbero ricevute le paghe mesili per vivere tranquilli e senza lavorare..insomma un film 'fantacomplottista' che si potrebbe adattare bene a una situazione in prospettiva nel caso le lenr si rivelassero risolutrici dei molti problemi materiali/energetici che ci sono adesso:))), il problema è che non mi ricordo il titolo del film e non riesco a rintracciarlo su internet..qualcuno per caso se lo ricorda? era sicuramente un film italiano degli anni 70.

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  5. @ant0p.

    "N.P. Il Segreto"?
    http://it.movies.yahoo.com/n/np-il-segreto/index-120883.html

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  6. @stè
    grazie, è lui:))
    teniamone conto nel caso le lenr riducano di molto la necessità di lavorare, sono più ottimista del film, per me meno necessità di lavorare c'è e meglio è..ma nelle condizioni in cui siamo ridotti oggi (con un'ideologia del lavoro a tutti i costi promossa da qualunque posizione politica, dai sindacalisti di estrema sinistra, ai 'moderati', ai fascistoni, passando pure per grillo e c.) non è un pericolo da scartare al 100%, ma tenendone conto si può evitare.

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  7. A costo di essere ripetitivo nel mio sfociare verso l'OT (:)) vorrei segnalare questa radiointervista questa volta italiana a Rossi:

    http://radio.rcdc.it/archives/energia-ad-ottobre-parte-la-prima-centrale-a-fusione-fredda-73932/

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  8. @Tiz
    Ero un po' perplesso perché sapevo che la cornice di c2c non era considerata particolarmente "autorevole" e invece dopo ho sentito commenti più che positivi - da Steven Krevit (New Energy Times), Mats Lewan (Ny Teknik), Mel Miles (un noto ricercatore della fusione fredda) - su come ne è uscito fuori Rossi. Negli States (come in Grecia e Svezia) Rossi ha molto più credito che in Italia... e questo la dice lunga: l'Italietta delle invidie e degli arroccati alle poltrone non si smentisce, che tristezza.

    Non preoccuparti degli OT, i tuoi link sono sempre benvenuti. E fortuna che c'è Radio Città del Capo! :)

    @ant0p
    È un topos classico della fantascienza-sociologica quello dell'umanità che liberata dal lavoro diventa abulica, svogliata e senza ideali. Francamente è una visione molto ristretta: come dire che a chi va in pensione resta solo l'ospizio... col cavolo! Se una persona ha coltivato interessi (e ha soldini da spendere), a voglia la vita che finalmente riesce a godersi quando non DEVE più lavorare ma SCEGLIE come occupare il proprio tempo, basta che c'è la salute! :)

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  9. @Sté
    A Sté, ma sei 'na fera! Come hai fatto a trovare quel film!? :)

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  10. sentite le interviste, per fortuna rossi continua a farsi sentire, niente di nuovo ma è giusto far sapere le cose anche su canali diversi, anche se noi che seguiamo 22passi le sappiamo già.

    riguardo al post non saprei come inquadrare la scienza..per me la scienza è sempre stata in gran parte sterile, ma basta una piccola minoranza che introduce delle novità che hanno ricontri pratici utili a migliorarmi la vita per rendere meglio la scienza della filosofia o della sociologia, per esempio:))
    anche se nei tempi moderni occuparsi di scienza è diventata una cosa sempre più diffusa, non vuol dire che il 99% della scienza è inutile o utile solo a fare pubblicazioni accademiche peer-reviewate per fare carriera e trovare finanziatori:)) e vale anche per la scienza non accademica, alla fine non si può mai sapere da dove arrivano le vere novità, possono anche arrivare da fonti mainstream, come da persone completamente slegate da qualsiasi ambiente scientifico istituzionale..va molto a caso, ci vuole qualcuno che oltre a avere le capacità e l'intuito per scoprire qualcosa di utile deve essere anche fortunato.
    è utile far notare tutti condizionamenti esterni politico/filosofici/economici subiti dalla scienza, ma purtroppo è così e non ci si può far niente, la maggioranza di chi si occupa di scienza rimarrà condizionata e avrà più difficoltà a uscire dalle vie già tracciate.

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  11. @Daniele
    E' bastato digitare alcune parole magiche su Google...

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  12. @ste
    anch'io provavo con paroline 'magiche' su google, ma non lo trovavo:))

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  13. @Stè
    Fatto sta che la "formula magica" che funzionava l'hai trovata tu! ;)

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  14. @Daniele
    Grande è Emilio Del Giudice, grande è Giuliano Preparata che lo ha ben ispirato.
    scusa il ritardo. Certo, ma grande è anche chi sa cogliere.
    Sai, nella storiella della luna, del dito e del presunto imbecille, anche il dito ha comunque la sua gran bella funzione...

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