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venerdì 9 novembre 2007

Riflettendo a partire dal ballo...

Non ho mai visto i miei genitori ballare. Credo che sia un imprinting importante per un bambino vederglielo fare. E vederli felici mentre lo fanno. Ma ad essere determinate non è il fatto che i tuoi genitori sappiano danzare o meno. I miei non hanno mai imparato a suonare uno strumento musicale ma ciò non mi ha impedito di divertirmi con la chitarra. Il problema è che mi hanno trasmesso - a parole e fatti - un messaggio tipo ballare non è una cosa seria, ballano i perditempo! Così quando da adolescente ho cominciato a muovere il corpo alle feste private o nei locali è stata una conquista difficile e graduale. Mi sono dovuto sposare con una donna che amava scatenarsi in discoteca per superare alla fine questo mio handicap. Non potevo fare a meno di seguirla in pista! E' questione di lasciarsi andare, sì. Ma ancor prima è questione di volontà. Significa riconoscere di avere un blocco e - accettandolo - scegliere di superarlo.

A quattro anni e mezzo, per una sospetta leucemia rivelatasi poi non tale, mi è stata praticata in ospedale una puntura lombare. È probabilmente il ricordo di quell'età più vivido e doloroso. C'erano tre infermieri a tenermi fermo, seduto sul lettino. Nel ricordo l'ago è praticamente un tubo! E quel che ho sentito quando si è infilato tra le vertebre fino al midollo è stato certamente il trauma fisico più acuto che ho provato, considerato che non mi sono mai rotto nessun osso e il dolore di qualche distorsione o strappo muscolare non è comparabile. Ringrazio Dio per avere una salute tutto sommato di ferro.
Non era leucemia dicevo, ma per un mese almeno sono stato ricoverato, con terapia di un paio di punture di cortisone al giorno, a natiche alterne! Dopodiché, per molti anni, ho avuto una vera e propria fobia degli aghi, mi bastava vederne uno (persino in TV!) per sentire dolore ed irrigidirmi. E quando dovevo fare un prelievo o un'iniezione sul serio, contratto com'ero, vedevo le stelle e i pianeti!
Be' tra i 33 e 35 anni la concomitanza di due situazioni mi ha fatto superare del tutto questa fobia: una crisi di ipertiroidismo (effetto di stress da superlavoro) e l'arrivo di mia figlia Arianna. Dal problema alla tiroide mi sono rimesso abbastanza velocemente (e grazie a terapie naturali, altro che Tapazol!) ma ho dovuto comunque fare frequenti analisi dei livelli di ormoni tiroidei nel sangue per qualche anno. Allo stesso tempo mia figlia cominciava a fare le prime vaccinazioni e prelievi e - come tutti i bambini - ne aveva una sana paura. Di necessità virtù. Da una parte dovendo io fare tutti quei prelievi via via mi son messo d'impegno a decontrarre i muscoli del braccio mentre l'ago penetrava in vena; così facendo sentivo sempre meno dolore. Dall'altra per tranquillizzare mia figlia quando un ago le si avvicinava dovevo io stesso vincerne la paura. E l'ho fatto. Ed è stato talmente semplice che ho capito quante energie avevo sprecato in tutti quegli anni a mantenerla viva.
Torniamo al ballo. Qui il problema era più profondo e subdolo. Non mi sono fatto male cadendo mentre ballavo da piccolo. Non ho da disfare un nodo annodato da me stesso. I miei genitori mi hanno dato come esempio/comando: non si balla. Il nodo me l'hanno stretto loro. Perciò, anche se alla fine in discoteca mi muovevo e divertivo pure, il ballo figurato di coppia dove l'uomo guida e la donna si lascia guidare è rimasto a lungo un concetto astratto! Poi casualmente in un laboratorio teatrale fatto all'inizio degli anni '90 sono stato "costretto" a imparare pochi passi di tango che, pur se caduti subito nel dimenticatoio, sono stati una sorta di seme che è germogliato dopo 15 anni! Infatti, anche se ho poco tempo per dedicarmici più seriamente, da un po' di mesi partecipo a un corso di tango... con alterni risultati. La mia testa dimentica facilmente quello che imparo (questo mi accade con tutto... speriamo bene per la vecchiaia!) e il corpo - che ha una propria intelligenza e memoria - non riesce ancora a lasciarsi andare al punto da sopperire con l'istinto alla mancanza di tecnica. Almeno nel ballo. Proprio perché in altre circostanze - ad esempio la sessualità o improvvisare sulla chitarra - sono istintivo e spontaneo, non sapere ballare rappresenta una grossa sfasatura. Il ballo stesso insomma mi evidenzia la convivenza interiore di tanti opposti e tante apparenti inconciliabilità. Un caos che - chi più chi meno - abbiamo tutti e che aiuta ad accettarci per quel che siamo, aiuta a farci godere la nostra umanità, ovvero la sfida, il gusto, la fantasia che nascono proprio dal riconoscersi imperfetti e contraddittori.
Invidio i bambini che hanno l'opportunità (come l'ha avuta mia figlia) di imparare a ballare facendolo come viene. Per un adulto il discorso cambia. Come per imparare a improvvisare musica serve una base di tecnica, così anche per ballare serve un minimo bagaglio di esperienza. Quello che devo fare è non assecondare l'input castrante che è arrivato dai miei genitori, non mollare, concedermi il tempo per fare entrare la danza dentro di me ed me dentro la danza, divertirmi a scoprire un modo di comunicare col corpo di una donna, complementare al sesso, imparare a farmi suonare dalla musica così come ho imparato ad ascoltarla e suonarla, sapermi muovere in sintonia con la partner di ballo quanto con la donna che fa l'amore con me, mutatis mutandis naturalmente... se no le balere si trasformerebbero in orgiastici Club Privé!

Da bambino, forse stonato come una campana perché tali erano mio padre e mia madre, cantavo in continuazione improvvisando parole e musiche. Fingevo di essere un cantautore che si esibiva in pubblico... ed è una gioia oggi rivedermi in mia figlia, e sentirla diventare sempre più intonata! Mia madre non cantava per niente ma ascoltava molta musica, soprattutto lirica. Mio padre cantava, anche se con risultati atroci. In questo caso non ricevetti un "divieto" come nel caso del ballo. Ma mi fu ugualmente "sconsigliato" di seguire l'istinto.
Tra i sette e gli otto anni, ricordo perfettamente, corsi da mia madre a dirle: "Che ne dici se da grande faccio il cantante?". Lei rimase sconcertata: fino a quel momento avevo sempre sognato di diventare scienziato o astronauta. Mi rispose all'incirca: "Il cantante non è un mestiere... vedi, non si vive cantando. Tu devi studiare, impegnarti a scuola, laurearti. Poi troverai un lavoro che ti piace e ti farai una bella famiglia."
Ci rimasi malissimo. E smisi di cantare. Praticamente fino a quattordici anni. Ma almeno in casa c'erano parecchi vinili di musica classica e facevo scorrere spesso la puntina tra i loro solchi: questo mi aiutato ad avere orecchio. Quando poi ho scoperto anche la musica impegnata dei cantautori, il pop, il rock, lo swing, il blues, il jazz (proprio in quest'ordine), complice anche una cugina che strimpellava niente male, è nata la voglia di suonare la chitarra. Non sono diventato un musicista: fatte una decina di lezioni sono andato avanti da autodidatta, scambiando posizioni e tecniche con gli amici, e suono tendenzialmente a orecchio visto che il pentagramma lo leggo appena appena. Suonare è comunque una parte fondamentale della mia vita.
Accompagnandomi con la chitarra ricominciai a cantare, a sentire le note che intonavo correttamente e quelle che stonavo, sforzandomi di correggerle. A non vergognarmi di cantare di fronte ad altre persone. Finché quattro anni fa sono entrato nel Coro dell'Università di Perugia e ho fatto (e ancora ne ho da fare!) un bel salto di qualità. Ora cerco di cantare meno di gola e più di pancia, di sostenere le note senza farle calare, di arricchire la voce di diversi coloriture ecc. E aggiungo che quando ho fatto il provino d'ingresso erano incerti se mettermi tra tenori o baritoni. Ho scelto i primi proprio perché riconosco che la mia voce - pur essendo a metà tra le due estensioni - dà il meglio in basso che in alto. Tendo a fare sempre questo nella mia vita: piuttosto che imparare meglio quello che so fare in modo sufficiente mi stuzzica imparare quel che non so fare... e così via. Non sarò mai un buon tenore primo (quelli che salgono più in altro) e potrò essere un tenore secondo (baritonale) solo con la sufficienza. Non riesco a desiderare di essere un buon baritono: è più forte di me. Amo l'estensione piuttosto che la profondità in tutte le attività e conoscenze che vado ad approcciare. Quello che mi piace approfondire non sono le conoscenze ma le emozioni e i sentimenti. Non dico che sia la cosa migliore. Anzi. Però sento che il senso personale della mia vita passa proprio per questo vincolo.

Chi viene spesso su questo blog, sa che tendo a parlare poco di me. Non ho mai avuto un diario e nemmeno questo lo è. Se capita che scrivo dei fatti miei è solo perché credo - a torto o a ragione - che qualche mia esperienza possa essere generalizzata e qualcun altro possa trarre utilità a confrontarla con la propria. A me capita di farlo frequentemente con le esperienze altrui.

Tutto ciò è quello che mi è venuto da scrivere questa notte in cui - non so perché - mi sono svegliato prestissimo senza più sonno... Buongiorno!

1 commento:

  1. E' più forte di me! Devo commentare questo post!!!
    Scusa se faccio riferimento ad "altri discorsi" ma mi è inevitabile...
    E la prima cosa che mi esce dall'ugola (si fa per dire!), è: "E per fortuna che non sei un chiacchierone!!!!" :-DD

    E' un anno che i bloggers mi contestano la lunghezza dei miei post, e io mi sento "in difetto"!
    Questo post mi dà la dimensione della leggitimazione a prolungarsi, se ciò che si ha da dire deve raggiungere una sua completezza in varie direzioni!
    Bello, appassionato, ricco di particolari, piccole storie, ricordi, fili che si annodano...

    E in molte cose mi sono specchiata! (in alcune direttamente, in altre ci ho colto riflessi..)

    Anch'io volevo fare danza da piccola, ma mia madre mi disse che alle ballerine venivano le gambe grosse... Non voleva, e questa ovviamente fu una scusa! (Poi l'ho fatta da grande! E alle gambe, anzi, ha fatto bene!)

    Anch'io avevo paura dell'ago, e a causa dell'estrazione delle tonsille a 4 anni, mi fu fatto un ciclo di iniezioni per un mese...so che avevo la pelle del di dietro tutta graffiata perchè scappavo!
    e...poi...altre mille cose ho trovato, come il timore di non esser capace di seguire il passo a due nel ballo di coppia!

    Bello questo post, bello che tu abbia parlato tanto estesamente di te!
    un abbraccio!

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