Il 22/s ripartì dalla fermata di Via degli Orti, la terza dopo l’avvio dal capolinea. Come sempre Gianmarco Crusca s’accomodò al suo posto sulla ruota posteriore destra, perfetto per chi ama spulciare il mondo alla luce radente dell’alba. La signora con le trecce, con cui aveva scambiato il saluto quotidiano sotto la pensilina, sedette naturalmente a metà del lato sinistro. Gianmarco conosceva a memoria le abitudini dei suoi compagni di viaggio e ogni particolare del panorama da lì alla città. Entro pochi chilometri avrebbe guardato le aree coltivate capitolare sotto gli squilli di cemento della periferia, i cartelloni pubblicitari serrare compatti le fila, le discariche a cielo aperto e i capannoni industriali fatiscenti piangere la strage del bello, le strade riempirsi di fiumane svelte di ciclisti, di qualche motociclista e rari privilegiati a quattro ruote.A dispetto del traffico frenetico e scampanellante, che già cominciava a rallentarlo, il bus riusciva quasi sempre a rispettare l’orario e anche oggi verso le otto l’impiegato di concetto nonché grammatico di secondo ordine, Giammarco Crusca, avrebbe varcato il solenne portone del Ministero della Cultura, puntato il terzo piano, Sezione Ricostruzione Lingua Nazionale, raggiunto la sua stanzetta all’Ufficio Parole Smarrite. Questo implacabile miracolo di puntualità si ripeteva da lunedì a venerdì.
Per sessant'anni si era paventata la terza guerra mondiale, terrorismo, apocalissi nucleari, guerre batteriologiche e pandemie, poi immancabilmente la realtà aveva superato ogni previsione. Quando a dicembre 2012 la gente aveva iniziato a dimenticare le parole non c’era stato tempo per alcuna contromisura: nel giro di poche settimane tutto il globo era stato colpito da quella forma inedita di amnesia selettiva. Allora Gianmarco aveva vent’anni, la metà di adesso. Ricordava bene il senso di confusione provato sfogliando il suo libro preferito senza più comprendere il significato delle parole stampate. Sapeva ancora leggere, intuiva la struttura della frase, distingueva verbi e soggetti, nomi e aggettivi, ma i significati erano divenuti vaghi e sfuggenti e le parole poco più che suoni. Le pochissime persone immuni, si diceva una su un milione, s’erano ritrovate in mano un potere indiscutibile e autonominate ai vertici della Federazione mondiale degli Stati-Nazione.
“Tu sei davvero molto brava”. Da tanti giorni voleva dirle così e quando i loro sguardi s’erano incrociati le parole erano uscite di bocca di getto come uccelli dalla gabbia.
“Mi chiamo Stella...” lei s’interruppe cercando le parole, “abito a Porta Sud da cinque mesi, dipingo insegne, e mi piace il mio lavoro”. Sorrise felice e sollevata di avergli saputo dire tante cose di sé. E aggiunse: “A me piaceva ascoltare i tuoi discorsi”.
La mattina dopo Gianmarco, come si sedette al suo posto, occupò il sedile vicino per Stella.
Anch'io volevo inserire delle storie scritte da me sul mio spazio, ma un'amica mi ha dissuaso: e se poi qualcuno le copia e se ne appropria? Ti volevo avvisare allora di considerare questo pericolo. Chiara
RispondiEliminaE quale è il problema? Che non si tratta di materiale edito protetto da un copyright??? A parte che questo è già pubblicato anche su un altro sito con le indicazioni di me come autore, sono innumerevoli i blog su cui i blogger pubblicano dei loro racconti... certo nulla impedisce che qualcuno se ne appropri... però cui prodest?
RispondiEliminaPensa che colpaccio sarebbe per me se davvero lo copiasse qualcuno che poi avesse successo e io potessi allora accusarlo di plagio, blog alla mano! :)))
Comunque c'è molto di meglio da copiare in giro di un raccontino come questo qui.