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venerdì 24 dicembre 2010

Il Natale riporta la Luce

Non ci giro intorno, per me questo è il Natale più strano di sempre. Stavolta la vita mi ha portato un "regalo" così assurdo e insensato - è una cosa troppo personale per parlarne qui - che dovrei essere triste, amareggiato, persino incazzato. E invece mi sento talmente spiazzato che ogni mia possibile reazione svanisce nell'attimo in cui prende corpo, è tutto così surreale! Ieri ero interdetto, oggi mi viene quasi da ridere. Comunque è il primo anno che non mi affanno a far regali ed auguri urbi et orbi: ho ristretto il tutto al mio primo cerchio di relazioni e mi va bene così.

Ma è un caso che il mio Natale più strano di sempre sia proprio questo? Pare di no, anzi pare che io sia in perfetto sincrono con l'universo, e l'ho scoperto a posteriori, dunque lungi da ogni possibile suggestione. Come molti avranno letto, questo Natale è figlio di un solstizio invernale alquanto particolare: il 21 dicembre 2010 è stato il giorno più buio da quattro secoli a questa parte, infatti al minimo annuale di ore di luce solare diurna si è aggiunto un deficit di luce riflessa notturna, per effetto di una concomitante eclissi di Luna. 

Il bello è che proprio pochi giorni prima del solstizio, osservando i cristalli che pendono davanti alle mie finestre da quest'estate, e i loro riflessi iridescenti sulle pareti del soggiorno, e ricordando che ultimamente ogni volta che ne avevo ammirato lo spettacolo, esso mi era sembrato più bello, ho capito che dall'estate, mano a mano che l'eclittica percorsa dal sole si era abbassata sull'orizzonte ogni giorno di più, gli arcobaleni prodotti dai cristalli invece che perdersi sul pavimento (per effetto di raggi solari quasi perpendicolari) erano saliti ad affrescare le pareti (per effetto di raggi quasi orizzontali). In altre parole, è vero che d'estate ci sono più ore di luce e i raggi del sole, meno obliqui, sono più caldi e intensi, però paradossalmente d'inverno il sole s'affaccia alle nostre finestre in modo più diretto e deciso, bussa meno e meno forte, ma entra dentro casa di più!

E tanto bene, poco prima avevo ricevuto via email proprio il testo che segue. È un po' lungo, ma consiglio di leggerlo fino alla fine, perché spiega molto bene perché il giorno più corto dell'anno (e il Natale Cristiano ne conserva tutta la simbologia) sia l'occasione giusta per risorgere dal momento più buio, tanto più buio quest'anno per via dell'eclissi di Luna. E ognuno riconduca il filo della metafora a se stesso e alla propria anima. 

Buon Natale, con tutto il cuore.


IL CUORE LUMINOSO
Traduzione di Anna Paola Maestrini
Tratto da: La Danza del Vuoto di Adyashanti.
(l’uscita del libro è prevista nel mese di maggio 2011 per i tipi della casa editrice Tecniche Nuove)

L’inverno è un periodo interessante dell’anno. La maggior parte delle nostre ricorrenze religiose si svolgono d’inverno. È la stagione delle festività spirituali, come il Ramadan, l’Hanukkah e il Natale; anche la commemorazione dell’illuminazione del Buddha è spesso celebrata durante questo periodo dell’anno. L’inverno è un portale sacro, un’opportunità. Le foglie cadono dagli alberi, i frutti cadono in terra, i rami si spogliano e tutto torna alle radici, all’essenza della propria natura. Non soltanto nel mondo esterno, ma anche in quello interiore si realizza una naturale messa a nudo.
L’inverno è anche il tempo delle grandi piogge e della neve. Ogni anno, le montagne della Sierra Nevada si rimpiccioliscono un po’, rispetto all’anno precedente. Parte di loro viene dilavata nei torrenti, dall’acqua che cade e ritorna alla propria sorgente, scorrendo fino ai laghi e agli oceani.
Nonostante le sue tempeste, l’inverno è il periodo più tranquillo dell’anno. La quiete dopo una tempesta è ineguagliabile. Se hai avuto il privilegio di trovarti in montagna subito dopo una nevicata, senza vento – tutto è immobile, la neve attutisce ogni suono e senti ovunque un profondo silenzio –, allora sai bene quanto questo silenzio sia potente.
L’auto-indagine è un inverno spiritualmente indotto, in senso vero e proprio. Non si tratta tanto di cercare la risposta giusta, quanto di spogliarsi completamente e di riuscire a individuare il superfluo, tutto ciò di cui si può fare a meno: è scoprire chi sei senza foglie. Noi esseri umani non le chiamiamo foglie ma idee, concetti, attaccamenti e condizionamento. L’insieme di tutte queste cose forma la tua identità. Non sarebbe terribile se gli alberi s’identificassero con le proprie foglie? Sono troppo inconsistenti per essere l’oggetto di attaccamento.
L’auto-indagine è un modo di indurre un inverno spirituale nel senso più positivo del termine, spogliandoci di tutto fino alla radice, al nocciolo. Se consentiamo a noi stessi di esser denudati e di entrare nell’inverno interiore, se lasciamo che tutte le foglie, o i pensieri, cadano dalla nostra mente, allora possiamo cadere all’indietro, come si dice nello Zen, e riscoprire chi eravamo prima che i nostri genitori fossero nati. Questo equivale a ritornare alla radice fondamentale dell’essere.
Non c’è niente al mondo che affrontiamo con più riluttanza dell’inverno spirituale. Se noi esseri umani non opponessimo resistenza allo sradicamento delle nostre identità e se ci concedessimo di sperimentare l’inverno, saremmo tutti illuminati. Se lasciamo sorgere l’inverno dentro di noi, veniamo spogliati naturalmente; è come un declino naturale. Quando sei molto silenzioso e quieto, questo graduale distacco avviene spontaneamente. Se non cerchi di tener nulla sotto controllo, senti che si disfano schemi mentali ed energetici, come se cadessero foglie o se scendesse la neve. Cadono con delicatezza. È a questo che serve l’indagine spirituale. Domandarsi “Chi sono io?” equivale a mantenere la presenza nello spazio del non sapere e mettere in discussione tutte le proprie ipotesi e convinzioni. La realizzazione
Ovviamente, gli esseri umani hanno capacità che gli alberi non hanno. Se gli alberi fossero come noi, li vedremmo protendere i propri rami verso terra, rastrellare tutte le foglie e tenersele strette, per sentirsi più sicuri. Non ti farebbe star male vedere gli alberi aggrapparsi alle loro foglie, in preda a una crisi esistenziale? Eppure, noi abbiamo tutti l’abitudine di raccogliere i pezzi delle nostre teorie e convinzioni, e a tenerceli stretti, come se ne andasse di mezzo la nostra vita.

A volte, viviamo il crollo delle nostre convinzioni come se fosse una tempesta che strappa con violenza le foglie dall’albero. Magari hai un’identità spirituale, e con un forte colpo di vento – di solito un altro essere umano – ecco che viene spazzata via. Magari stai pensando: “Sono così illuminato, non posso sopportarlo, è incredibile.” Poi arriva una folata di vento che ti strappa via il tuo pensiero: un amico, o un collega, viene da te e ti dice “A me questa cosa non sembra tanto illuminata” e ti accorgi che era soltanto un’altra inutile identità. Se non ti chini per raccoglierla di nuovo, diventa per te un’opportunità spirituale. Mentre quella data identità sta crollando, ti accorgi di non averne bisogno. È un’illusione, solo un’inutile zavorra da gettare fuori bordo.
Ritornando al nucleo, alla radice di te stesso, guardando al di là di tutto quello che credi di essere, consenti anche alle tue identità più sacre di spegnersi. C’è una tale bellezza nello scoprire che possiamo fare a meno anche di queste. Il dono più prezioso di questo inverno, in definitiva, è qualcosa di indicibile, qualcosa che possiamo solo vivere. L’inverno, in realtà, ti supplica di mollare, e poi di lasciar andare l’atto stesso di mollare. Lascia che questo ritorno, naturale e spontaneo, alla radice della tua esistenza, possa accadere. Ritorna all’indefinibile.
C’è una poesia meravigliosa, scritta da qualcuno per narrare il proprio risveglio, che parla di un albero solitario senza rami che si erge, d’inverno, sull’orlo di una scogliera. Si apre una crepa lungo tutto il tronco e la corteccia si stacca. Immagina di spaccare un albero o il tronco di un albero abbattuto per vederne il cuore. Per guardare cosa c’è dentro, devi spaccarlo fino al cuore. Cosa vi troveresti? Vuoto luminoso: la radiosa, piena vacuità dell’inverno. Immagina qualcosa di lucente che appare dal nulla, qualcosa che s’irradia provenendo da un luogo inesistente, da nessuna parte.
Quando raggiungi il cuore, dopo aver lasciato andare ogni cosa, ti ritrovi naturalmente, completamente aperto. Nel centro, c’è un cuore spirituale. Non sveli soltanto la vacuità della mente luminosa, ma anche la radiosità e il calore del cuore spirituale. Quando ti abbandoni davvero, puoi sentire la mente vuota e luminosa – non sotto forma di pensiero, ma il tuo stesso vuoto luminoso, il nulla che tu sei e che tutti sono. E fai anche esperienza della pienezza radiosa del cuore: comprendi che il vuoto non è banale, insignificante vacuità, ma è pienezza del cuore. Quando il vuoto si risveglia, sai che anche il cuore è compassionevole. Il calore del tuo stesso cuore spirituale si ridesta alla vita.
A volte l’inverno sembra freddo, triste e deserto. Mentre te ne stai immobile, calmo e in profonda pace, potrebbe sorgere in te una domanda: “Dov’è la linfa? Dov’è la vita?” Pur stando silenzioso e tranquillo, e perfino molto vuoto, in qualche modo, la tua corteccia è rimasta intatta, non si è per niente spaccata. In questo caso hai quello che si potrebbe definire il vuoto del vuoto. È il vuoto in forma totalmente corazzata.
Il vuoto vero è quando prendi coscienza del fatto che c’è dell’altro dietro l’involucro di protezione. Quando la corteccia si squarcia e cade, quando arrivi al cuore, si svela la falsità delle tue idee su te stesso e gli altri, emerge chiaramente che si tratta solo di espedienti. Le vedi come cose che ti sono state insegnate e di cui ti sei appropriato, che hai indossato come vestiti, dicendoti: “Questo è ciò che io sono.” Quando la mente è vuota in modo luminoso, si tratta di un vuoto molto vivo. E quando si sente che il cuore si spinge in profondità, oltre il livello emotivo, senza tuttavia essere insensibile, senza esser un cuore morto, allora il sole risplende nel bel mezzo dell’inverno. Hai mai fatto una passeggiata all’aperto durante una di quelle mattine gelide, quando fa veramente freddo malgrado ci sia il sole, e hai pensato: “Come può fare così freddo in un giorno tanto luminoso e soleggiato?” Quando ti muovi partendo dal sole che hai qui, dentro di te, c’è sempre calore. Il vuoto autentico è vivo e raggiante.
A volte mi chiedono: “Se prendo coscienza del fatto che in realtà io non esisto in quanto identità separata, come invece credevo, allora chi è che vive questa vita?” Non appena sfiori il cuore luminoso della vacuità, sai chi sta vivendo ora questa vita, l’ha sempre vissuta e la vivrà da questo momento in poi. Capisci che non sei tu che vivi questa vita; in realtà, è questo cuore luminoso che la sta vivendo – insieme a questa mente vuota e radiosa. Non appena rinunci a essere quel che credevi di essere e ti permetti di essere quel che sei davvero, allora questo cuore luminoso vive la tua vita. Il nulla diventa la tua realtà e la consapevolezza non duale è ciò che sei.
Esiste un bel modo di pensare e spiegare la vera natura di ogni persona (che è, effettivamente, ciò su cui il concetto d’illuminazione cerca, da sempre, di richiamare l’attenzione), ed è il seguente: nel momento in cui, nella piena consapevolezza, la vera natura viene data alla luce, la tua mente è aperta fin dove riesce ad arrivare. Questo non significa che i tuoi pensieri si espandono nel cosmo, ma che la tua mente è così aperta da non avere più confini. Hai notato che non appena afferri un pensiero e lo prendi per vero, la mente si richiude su di esso? La mente naturale è una mente aperta, e il cuore naturale è aperto, qualsiasi cosa accada. L’aspetto più sconcertante della nostra condizione naturale è proprio questo – mente e cuore sono naturalmente aperti e non sanno più come richiudersi, in nessuna circostanza e in nessun momento. Allo stesso tempo, sei al di là della mente e del cuore aperti. Tutto è contenuto all’interno di ciò che sei.
La mente condizionata vuol sempre fare il mestiere di Dio, chiedendosi cosa fa la gente e perché lo fa. Ma non sono affari tuoi, la cosa non ti riguarda. Puoi invece cominciare a muoverti nella vita aprendoti naturalmente a ciò che è, rimanendo sempre così, in ogni circostanza. Il vero Sé lo fa da sempre. La tua vera natura non si manifesta sotto forma di un’esperienza stupefacente, dopo la quale dici: “O.K., mondo, eccomi qui, sono pronto”. L’esperienza più profonda è comprendere che questa mente aperta, luminosa e vuota e questo cuore radioso sono sempre stati aperti. Non occorre che si aprano, non si apriranno in futuro: l’apertura c’è sempre stata. Il tuo non è più uno sguardo duplice, duale, ma vedi l’Uno in ogni cosa.
Le persone si sentono vulnerabili ed erigono mura difensive. Ma cercar di proteggersi è come camminare sotto il cielo stellato, di notte, e cercar di avvolgere l’infinita vastità dello spazio con un cappotto. L’immensità schizza fuori dalle maniche e dal cappuccio: ti ritrovi dentro uno stupido cappotto nella vastità dello spazio, cercando di proteggerti, e pensando che forse un giorno aprirai i bottoni e sarai spiritualmente liberato. Quasi certamente, non accadrà. È più probabile che, un giorno, tu smetta di identificarti con questo stupido cappotto. Liberati da tutte le identità limitanti e abbraccia l’infinito.
Per permettere a quest’apertura di attuarsi in profondità, occorre comprendere che noi siamo già l’apertura alla quale ci stiamo aprendo. Continuando a identificarci con il nostro aspetto umano, è come se pensassimo: “Mio Dio, mi sto aprendo a qualcosa di troppo grande per me.” Quando invece ci lasciamo andare e sprofondiamo in questo aperto silenzio, scopriamo che non ha fine. È qui dall’eternità, da prima dell’inizio dei tempi, e in esso la nostra umanità viene accolta e invitata ad aprirsi. Questo è possibile non perché ci apriamo a un mistero a noi alieno, estraneo o dissimile, ma a ciò che siamo sempre stati.
Sfiorando la sacralità dell’inverno dentro di te – quella qualità che possiede ogni cosa che ritorna alla propria forma essenziale – ti ritrovi a precipitare dall’orlo della tua mente nello spazio aperto. Cominci a farne esperienza abbandonando ogni resistenza all’inverno, avanzando al suo fianco man mano che ti apre. Il semplice fatto di tornare indietro, sempre più in profondità, può essere straordinariamente rivelatore e liberatorio. Ci vuole coraggio per farlo. Ti verrà da chiederti: “Che ne sarà di me? Andrà tutto bene?” Torna all’essenziale, semplicemente. Quando trovi il coraggio di tornare all’essenziale, di fatto ti addentri fino alla radice di te stesso. Questa è la pienezza che l’inverno è in grado di offrirti.
È come rifare il cammino a ritroso fino al seme, e solo quando ci arrivi capisci che il seme conteneva già tutta la verità. Quando giungi al centro del tuo stesso essere, allora ti accorgi che il seme, che sembrava vuoto quando lo hai aperto, è pieno di tutto ciò che è, in stato potenziale. Come il seme di un albero, contiene tutto ciò che quest’ultimo è destinato a diventare. Soltanto il ritorno alle proprie radici assicura il pieno rifiorire della primavera.
Non sto parlando di ideali, obiettivi o potenzialità. L’apertura à veramente il nucleo di ciò che siamo. Smettila di indugiare a lasciar andare ogni cosa, così che la tua vera natura possa realizzarsi. Una volta realizzata, vivila. Allora la vita accade in modo spontaneo. A questo punto, in modo definitivo, possiamo affermare con onestà e integrità che la vita è il mistero più straordinario. È insondabile. Non puoi conoscerlo. Puoi soltanto esserlo, in modo consapevole o inconsapevole. Esserlo in modo consapevole è molto più semplice che esserlo inconsapevolmente. Realizza te stesso e sii libero.

9 : commenti:

Fay ha detto...

Auguri. Essenziali.

the daffodils ha detto...

Strano o non strano Natale, Auguri comunque Daniele!
Un abbraccio

viola ha detto...

Pensavo di essere la sola a fotografare gli arcobaleni creati dai cristalli ! Buon Natale :)

Barbara ha detto...

Un post molto particolare, che ho letto con piacere, anche se mi è difficile commentarlo se non ammirando la mutevolezza dei cristalli che si riflettono in noi e intuendo un sommerso esremamente consapevole.

Carlotta ha detto...

Ciao Daniele, tantissimi auguri, un abbraccio

Kylie ha detto...

Devo tornare per leggere meglio quello che hai postato.

Un abbraccio e buona continuazione di queste feste.

MANUELA ha detto...

Grazie Daniele e Tanti Auguri, grazie per "Il cuore luminoso", bellissimo dono di Natale, la non dualità, la mia strada.
Ti abbraccio e conservo con gioia il tuo dono.

Daniele Passerini ha detto...

Grazie amiche.

P.S. Colgo al volo le parole di Manuela per precisare che dobbiamo tutti ringraziare Anna Paola "Panna" Maestrini, grande anima, traduttrice, disegnatrice, musicista, istruttrice di qi-qong, che ha voluto condividere coi suoi amici un brano del libro di cui sta completando la traduzione. Il dono è suo, io sono stato solo un tramite.

Daniele Passerini ha detto...

N.B. Se può interessare, in attesa della pubblicazione del libro di cui Panna sta completando la traduzione, in commercio in Italia ci sono già due titoli di Adyashanti .

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